L'Organizzazione mondiale della sanità sostiene che i disturbi mentali sono in aumento in tutto il mondo. Secondo le loro stime, globalmente il 4,4% della popolazione soffre di depressione e il 3,6% di disturbi d'ansia.

Questi problemi tendono a colpire le donne più degli uomini e hanno un impatto diverso nei diversi paesi. In Italia sarebbe il 5% a soffrire di disturbi d'ansia e il 5,1% di depressione.

Facendo due conti molto a spanna, considerato che in Italia siamo quasi 70 milioni di abitanti, stiamo parlando di circa 7 milioni di persone con ansia e depressione.

Questi sono dati di prevalenza: si riferiscono al numero di persone sofferenti di questi disturbi in un dato momento. Se consideriamo anche coloro che si sono ammalati in passato e che adesso stanno bene, ovviamente stiamo parlando di molte più persone coinvolte.

Questi dati dicono che ansia e depressione non sono problemi rari: su dieci persone che incontri, tra i tuoi amici, i colleghi di lavoro, i conoscenti, i parenti, mediamente almeno una ne soffre.

Eppure non capita molto spesso che se ne parli. A me non è capitato quasi mai che qualcuno spontaneamente mi raccontasse di avere, o di avere avuto, problemi di ansia o di depressione.

In compenso però, quando sono la prima a tirare fuori l'argomento, accennando alla mia esperienza al riguardo, capita spesso - molto spesso - che le persone mi dicano: ah, ma sai che anche io... Oppure, anche mio marito, mia moglie, mio cognato, il mio collega, la mia migliore amica... Improvvisamente si alza un velo e scopri che di persone con disturbi d'ansia e/o depressione ce ne sono tante, che molte le hai vicine. Proprio come dicono i dati, si tratta di problemi comuni e molto diffusi.

Allora perché tanta reticenza a parlarne?

Perché consideriamo normale e socialmente accettabile occuparci della nostra salute fisica andando dal dottore, facendo prevenzione, curando l'alimentazione, mentre occuparci della nostra salute mentale sembra una cosa strana, di cui vergognarsi?

Perché io stessa mi sento perfettamente a mio agio nel dire che ho preso appuntamento per la mia mammografia annuale, mentre mi risulta molto più difficile dire: ho appuntamento con la mia psicoterapeuta?

Il motivo è che nei confronti della sofferenza emotiva c'è uno stigma.

Stigma deriva dal greco: significa marchio. Lo stigma comporta pregiudizio, connotazione sociale negativa, discriminazione e isolamento. I disturbi mentali, emotivi, psicologici (chiamali come vuoi) un po' fanno paura, suscitano vergogna in chi ne soffre, si tende a nasconderli.

È per questo che spesso chi è alle prese con un problema di ansia, di depressione (e anche di altre malattia della sfera mentale) si trova a dovere combattere due battaglie nello stesso momento: hai la tua malattia di cui occuparti, e nello stesso tempo devi affrontare un ambiente sociale che spesso non ti capisce, che talvolta minimizza, altre volte ti guarda con diffidenza, altre volte ancora ti appiccica addosso un'etichetta di non conformità e smette di considerarti come una persona normale.

E questo ovviamente fa male, perché già essere alle prese con la propria sofferenza è impegnativo, se poi ci aggiungi anche il peso dello stigma sociale, il carico di fatica e di dolore finisce con il raddoppiare.

Questo è uno dei motivi per cui un anno e mezzo fa circa ho deciso di scrivere un libro per parlare della mia esperienza con i disturbi d'ansia. Per dare il mio contributo, per affermare che di questi problemi si può parlare, che non c'è bisogno di nascondersi, che possiamo anche metterci qui serenamente a condividere le nostre esperienze e magari questo un po' ci aiuta.

La mia storia

Io ho cominciato a soffrire di attacchi di panico quando avevo 25 anni. Sono stata male, mi sono curata, sono stata meglio, poi sono stata nuovamente male. La cosa è andata avanti diversi anni, con lunghi periodi in cui stavo bene, alternati a ricadute.

Poi ne sono uscita, completamente. Niente più attacchi di panico, niente più strani malesseri, niente di niente. Per un po' di anni sono stata sul chi va là, aspettandomi che l'ansia si ripresentasse, ma continuavo a stare bene e dopo un po' ho archiviato il problema. Basta, era qualcosa che riguardava il mio passato.

Per oltre dieci anni sono stata completamente libera, ma poi qualche anno fa, in un momento in cui si sono concentrate diverse difficoltà, l'ansia è tornata.

Per un po' ho cercato di tamponare la situazione come potevo. Ho cominciato a fare una psicoterapia e nell'attesa di ottenere qualche risultato ho provato a stringere i denti e a sopportare i sintomi, il disagio, la paura.

Però non ha funzionato, e piano piano, cercando solo di sopportare stavo facendo la fine della rana bollita.

Quindi sono stata in qualche modo costretta a prendere in mano la situazione e a mettere in discussione alcuni aspetti della mia vita. In una parola a cambiare. E questa volta ha funzionato.

Libro. La rana bollita, una storia d'ansia, attacchi di panico e cambiamento

Io non ho soluzioni in mano. So per certo che quando si soffre di ansia ci sono alcune cose che aiutano: non drammatizzare, accettare il panico quando si presenta, non chiudersi in casa, fare un po' di movimento, utilizzare tecniche di rilassamento e consapevolezza. Aiuta guardarsi dentro - magari con l'aiuto di uno psicoterapeuta - per cercare di capire da dove vengono tutti quei segnali di sofferenza. Aiuta aprirsi all'esterno: stringersi ai propri cari, vedere gli amici, non isolarsi.

Ma questi sono consigli generici, che restano in superficie. Sono importati certo, ma, per come la vedo io, queste forme così decise di sofferenza psicologica sollecitano sempre un cambiamento interiore, e questo può essere solo personale, individuale, soggettivo.

La rana bollita

Dopo avere attraversato il mio piccolo inferno - fatto di tachicardia, attacchi di panico notturni, nausea continua, difficoltà ad alzarmi al mattino, paure incontrollate, tremori e quant'altro - quando le cose piano piano sono tornate alla normalità, ho deciso di mettere nero su bianco quello che mi era successo.

Non volevo scrivere un manualetto sull'ansia con i trucchi, le strategie, i consigli per risolvere il problema. Di libri così ce ne sono diversi, molti scritti da autorevoli esperti della psiche umana.

Io invece volevo raccontare una storia, un percorso, un pezzo di vita. Dare importanza al punto di vista di un paziente, di chi il problema lo deve affrontare giorno per giorno.

Nello stesso tempo volevo raccontare qualcosa sull'ansia anche dal punto di vista scientifico, perché anche questo mi è stato di grande aiuto. Mi aiuta sapere cosa sta accadendo davvero al mio corpo durante un attacco di panico, o il motivo per cui l'ansia procura problemi di digestione, di equilibrio, di tensione muscolare.

Quando soffri di ansia il tuo corpo diventa la sede di fenomeni piuttosto inquietanti che producono grande malessere ma anche molta paura perché non ne capisci il motivo. Conoscere alcune nozioni di base su come funziona l'ansia dal punto di vista fisiologico ci può aiutare ad arginare la paura: certi sintomi producono un grande malessere, su questo non c'è dubbio, ma quanto meno possiamo evitare di farci spaventare.

La rana bollita è nata così, a metà strada tra una storia personale e un saggio sull'ansia.

Ti confesso che scrivere un libro e poi presentarlo agli altri è una cosa difficile da fare. Servirebbe uno sguardo esterno, distaccato. Io questo sguardo non posso averlo, perché ho lavorato a questo libro per un anno e mezzo; l'ho pensato, scritto, riscritto, corretto un sacco di volte. Ho cestinato interi capitoli e mi sono bloccata decine di volte. A volte ho lavorato con l'entusiasmo e la motivazione di chi è felice di quello che sta facendo, altre volte l'ho fatto lottando contro una vocina interiore che mi suggeriva di lasciar stare che tanto stavo facendo un lavoro inutile.

Insomma è stato un vero e proprio viaggio. È stato un passaggio importante di quello stesso percorso che il libro racconta.

Quando ho cominciato non ero affatto sicura che sarei riuscita ad arrivare in fondo. E poi invece eccomi. Libro finito, impaginato, stampato, pronto a essere letto.

Io so per certo che non avrei potuto fare meglio di così: ho dato tutto quello che potevo dare, non mi sono risparmiata. Da adesso in poi in un certo senso non è più affar mio: una volta pubblicato il libro non è più di chi lo ha scritto, appartiene a chi lo legge. E questo, da un certo punto di vista, è un sollievo :)

Da oggi puoi comprare la Rana bollita su Amazon da qui: La rana bollita.

Al momento è disponibile la versione cartacea. La versione eBook per Kindle sarà pronta nel giro di una settimana (dieci giorni al massimo).

Se vuoi, puoi leggere un estratto del libro (sono le prime 30 pagine) direttamente da qui: La rana bollita - estratto. (Chi è iscritto al blog ha già ricevuto l'estratto come anticipazione nei giorni scorsi).

Io come al solito sono sempre qui, in attesa di domande, valutazioni, opinioni, per e-mail o nello spazio dei commenti qui sul blog.

Uscire allo scoperto con il mio libro sicuramente mi procurerà una bella dose aggiuntiva di ansia e qualche notte di sonno agitato... ma non importa perché credo che ne valga la pena ;)

A presto!

Marina