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Leo Babauta, autore del blog Zen Habits, è così minimalista che nella copertina del suo ultimo libro non c'è nemmeno il suo nome.
Tutto il suo lavoro è all'insegna della semplicità, e anche questo libro lo è: facile da leggere, veloce, onesto. Un libro che comincia spiegando strategie per acquisire buone abitudini e che finisce con il parlare anche di molto altro.

Il titolo (anzi il sottotitolo), tradotto alla lettera, suonerebbe così: Padroneggiare l'arte del cambiamento dove la parola, cambiamento fa riferimento alle abitudini e al miglioramento personale, ma anche ai cambiamenti che la vita stessa ci impone e che qualche volta provocano in noi resistenze e sofferenze.

È una buona lettura per il primo mese dell'anno, periodo in cui è facile che ci prenda il desiderio di migliorare qualche aspetto della nostra vita. I classici buoni propositi di inizio anno: quelli che ci piacerebbe tanto mantenere ma il più delle volte non ci riusciamo.

E perché?

Perché ci manca la consapevolezza di come funzionano le abitudini. Partiamo convinti che sia solo un fatto di forza di volontà. Siamo carichi, pieni di energia. Diamo il massimo, facciamo del nostro meglio, ma dopo un po' ci ritroviamo stanchi, di cattivo, umore, e pronti a mollare la spugna.

Non sarà che forse è meglio cambiare strategia?

Il proiettore nella testa e il bimbo che piange

Il motivo fondamentale per cui falliamo nel cercare di cambiare le nostre abitudini è che abbiamo aspettative poco realistiche.

Leo Babauta dice che nella nostra testa c'è un proiettore sempre acceso che manda un film - decisamente fantasy ;) - dal titolo: la realtà come dovrebbe essere.

In questo film è tutto molto tranquillo, confortevole, piacevole, sicuro. È come pensiamo che debbano andare la cose in base ai nostri desideri, alle aspettative, alle norme sociali. È il mondo della perfezione in cui l'autobus non arriva in ritardo proprio il giorno di un appuntamento importante e le cose veramente spiacevoli accadono solo agli altri.

Nella nostra testa c'è anche un bambino, che crede profondamente nella realtà di questo film, e che protesta in modo piuttosto energico ogni volta che la realtà non segue il copione.

Metti che finalmente hai deciso di andare a correre. Ci hai già provato altre volte e ti ricordi che ti piace, ti mette di buon umore, ti riempie di energia. Già pregusti il piacere di salire sulla bilancia e vedere quei chili di troppo sparire. La pancia piatta, i muscoli delle gambe ben disegnati.
Giusto per non farti mancare niente compri le scarpe nuove, pantaloni, magliette... e poi via, si parte.

Se hai mai provato a farlo sai perfettamente cosa succede. Le prime volte che esci basteranno pochi minuti di corsa per farti sentire sul punto di sputare un polmone. Verranno giornate troppo calde e giornate troppo fredde. Scoppierà un temporale mentre sei in aperta campagna. Avrai male ai piedi, alle gambe, alle articolazioni. Per qualche mese almeno non vedrai alcun risultato. Solo una gran fatica.

Il bambino, quello che se ne stava comodo a guardare il film mentale, a quel punto si sarà messo a strillare: oh ma sei matto? Dovevamo diventare perfetti runner in forma e pronti per la maratona - o quanto meno per la prova costume - ... cos'è questa roba? freddo, fatica, noia, disagio? No, no, via, non fa per noi.

E smetti.
Smetti perché non sei pronto, perché dai retta al film mentale e al ragazzino capriccioso.

Sfortunatamente creare una nuova abitudine, oppure abbandonarne una vecchia, non può essere fatto senza disagio. Quando cambiamo il nostro modo abituale di fare le cose, queste diventano scomode - qualche volta anche in modo piuttosto pesante. Il nostro film mentale ci dice che cambiare abitudini dovrebbe essere facile e divertente, ma la verità è che dobbiamo avventurarci al di fuori della nostra zona di comfort. Così la parte infantile della nostra mente si ribella. Comincia a fare i capricci.

La prima cosa da fare quindi è prendere atto che il film mentale - quello che ci dice quanto è divertente e figo andare a correre, metterci a dieta, meditare - racconta una storia non vera.

Il cambiamento comporta sempre una certa quantità di disagio. Spesso i nostri buoni propositi falliscono proprio perché ci siamo raccontati che sarebbe stato facile e quindi davanti alle difficoltà ci sentiamo presi alla sprovvista.

È come ci insegna anche la psicologa Gabriele Oettingen nel suo libro sul pensiero positivo: molto meglio prefigurarsi le difficoltà e avere un piano per superarle piuttosto che essere stupidamente ottimisti.

La prima strategia per imparare a prendere una buona abitudine è questa: accettare il disagio, non rifiutarlo, imparare a stare nel disagio.

Poco, anzi pochissimo, ancora meno

Leo Babauta ha cominciato a scrivere il suo blog nel 2007 per raccontare della sua rivoluzione personale.
C'erano diverse cose nella sua vita che desiderava cambiare e a poco a poco, senza fretta, ha fatto tutto: ha smesso di fumare, si è allenato fino a correre diverse maratone, è dimagrito, ha semplificato il suo stile di vita, si è liberato dai debiti e dalle rate, ha cambiato lavoro, medita, scrive e mangia vegano.

Questi risultati non li ha ottenuti da un momento all'altro. Ci ha lavorato per anni, collezionando successi, ma anche fallimenti.

Leo Babauta

Leo Babauta, l'autore del libro

In questo suo sperimentare ha elaborato un metodo per riuscire a instaurare delle buone abitudini che si fonda su poche regole ma chiare.

Una di queste è la gradualità.

Primo: cambia una sola abitudine alla volta. È già difficile così, pensare di cambiare due o tre cose tutte assieme non può funzionare.

Secondo: comincia con poco. Stabilisci qual è il minimo indispensabile dell'abitudine che vuoi instaurare. Correre per 5 minuti? Meditare per 2? Mangiare almeno una porzione di verdure al giorno?

Poco, pochissimo, il minimo indispensabile. Comincia con quello. Ci penserai dopo, settimana dopo settimana, ad aumentare gradualmente.

La cosa importante è scaldare i motori, prendere il ritmo.

Questo poco con cui hai deciso di cominciare va fatto sempre (o quasi). Meglio scegliere abitudini che puoi portare avanti su base quotidiana. Perché una abitudine si integri bene nella tua routine deve essere qualcosa che fai una volta al giorno.
Babauta consiglia 6 giorni su 7. Uno lo tieni libero: meglio coniugare la disciplina con un minimo di flessibilità.

Nel libro Babauta propone un metodo passo passo di sei settimane. Un approccio molto mindful, concreto, e pratico. Il trucco è mettere da parte il film mentale e osservare con benevola curiosità quello che succede davvero.

Quando cominciamo davvero ad allenarci tutti i giorni, o a metterci a dieta, o a meditare, o a tenere in ordine la casa, accadono cose un po' diverse da quelle che avevamo immaginato.

È tutto meno facile, meno perfetto, meno edulcorato del previsto. Ma il bello è proprio questo: osservare con curiosità questa novità. Prenderla per come è, accettare che porti scompiglio, disagio, fatica e cercare di capire se in tutto questo non c'è anche qualcosa di divertente. Lasciare andare il film mentale e accorgersi di come sono le cose per davvero, per noi in questo momento.

Acquisire una buona abitudine è come fare crescere una pianta: metti il seme nella terra, versi l'acqua tutti i giorni, te ne prendi cura nel migliore dei modi, ma non puoi mai sapere quando vedrai spuntare il primo germoglio.

Se sei troppo attaccato ai risultati è molto facile cadere nella delusione e nella frustrazione. Allora, dice Leo Babauta, impara a ritrovare la connessione con la tua motivazione più profonda, lascia andare i risultati e concentrati sul processo.

E quando si tratta di smettere?

Eliminare una cattiva abitudine è di solito più difficile che prenderne una nuova. Secondo Babauta il motivo è questo: prima di smettere di fare qualsiasi cosa - di fumare, di mangiare troppo e male, di fare shopping compulsivo, di perdere ore navigando su internet - devi prima capire perché lo fai.

Il metodo proposto nel libro è questo: tieni a portata di mano carta e penna e ogni volta che cedi alla tua cattiva abitudine prendi un appunto. Cosa stavi facendo? In che situazione eri? A cosa stavi pensando?

Fallo per tre giorni e poi rileggi con attenzione. Dovresti essere ora in grado di fare una lista delle cose che fanno scattare l'abitudine.

Forse fumi ogni volta che senti il bisogno di una pausa. Ti abbuffi quando sei annoiato. Spendi soldi quando sei frustrato. Butti il tuo tempo su facebook quando hai davanti un compito che ti spaventa. Qualunque cosa sia, devi scoprirlo.

Le cattive abitudini sono sì dannose, ma rispondono ad alcuni bisogni. Hanno le loro funzioni ben precise nell'economia della tua vita. Il grimandello per estirparle è prima di tutto riconoscere quale funzione svolgono.

È un esercizio di consapevolezza: cogliere l'attimo, l'impulso. Riuscire a dire: ecco fare questa telefonata mi rende insicuro, l'affronto meglio con la sigaretta - il prossimo esame è troppo difficile, non ce la farò mai, ora mi metto a giocare al computer così non ci penso - il capo in ufficio si è comportato male con me oggi, ho bisogno di qualcosa di dolce per sopportarlo.

Una volta fatto questo si può cercare una abitudine sostitutiva, un modo diverso per reagire alle situazioni e ai pensieri che ci mettono a disagio.

Sei stressato? Invece di fumare fai una passeggiata. Hai bisogno di calore? Invece di mangiare cioccolata fai un bagno caldo. Ti senti solo e poco accettato? Non spendere uno stipendio in vestiti, piuttosto iscriviti a un corso di yoga.

La sfida più difficile quando si tratta di eliminare una cattiva abitudine è imparare a resistere quando scatta l'urgenza. Chiunque abbia provato, per esempio, a smettere di fumare sa che ci sono momenti in cui il desiderio di una sigaretta si fa così impellente che sembra impossibile resistere.

Il modo migliore per affrontare questi momenti è ancora una volta la consapevolezza: osserva l'impulso, non provare a ignorarlo né a scacciarlo. Rimanda solamente: dì a te stesso che puoi aspettare altri cinque minuti prima di fumare, o prima mangiare una fetta di torta, o quel che è. Ti accorgerai che l'impulso cresce fino ad arrivare al suo massimo e subito dopo perde di intensità, per poi scomparire (o quasi).

Se ti manca la terra sotto i piedi

C'è un concetto che attraversa tutto il libro, un'idea che Leo Babauta ha ripreso dagli scritti di Pema Chodron, una monaca buddhista di tradizione tibetana. Il termine in lingua inglese è groundlessness: è quello che proviamo quando abbiamo la sensazione che ci manchi la terra sotto i piedi. Quando perdiamo la sicurezza e ci troviamo davanti l'ignoto.

Non c'è cambiamento senza insicurezza. Non possiamo cambiare le nostre abitudini, diventare persone migliori, ottenere risultati se prima non accettiamo di attraversare le sabbie mobili dell'insicurezza, della paura, del dubbio. Per spingerci verso territori inesplorati dobbiamo sapere perdere per un attimo l'equilibrio. Sì, è possibile che stiamo sbagliando, questa cosa non la sappiamo fare, in questi panni non ci ritroviamo, è possibile che stiamo cadendo.

Imparare a stare con queste sensazioni, secondo Leo Babauta, ci aiuta nel processo di cambiamento. Ricadere nelle vecchie abitudini ha anche questo significato: cerchiamo qualcosa di conosciuto, di sicuro, un sentiero già battuto.

In fondo non ci piace davvero continuare a fumare o a mangiare schifezze. Non ci piace crollare sul divano tutti i pomeriggi quando invece ci eravamo ripromessi di uscire a camminare. Non ci piace guardare la tv invece di lavorare quella mezz'ora in più per avvicinarci al nostro sogno.
Non ci piace, ma torniamo lì perché abbiamo bisogno di tornare verso qualcosa di conosciuto, di consueto, di familiare, che ci accolga nel suo bozzolo.
E questo ci fa fallire.

Aumentano le nostre possibilità di successo se invece accettiamo la sensazione di sbandare, di non avere più un terreno solido sotto i piedi.
Una nuova abitudine, una volta instaurata, tornerà a essere rassicurante e contribuirà a farci sentire solidi e radicati nella nostra vita. Ma non accade subito. Dobbiamo prima attraversare questa terra di mezzo del cambiamento in cui possiamo sentirci molto insicuri e malfermi sulle nostre gambe.

Invece di scacciare le nostre insicurezze, dice Leo Babauta, invitiamole a bere un tè. Passiamo con loro più tempo possibile, facciamoci amicizia. Alla fine solo così capisci che ce la puoi fare.

Leo Babauta Essential Zen Habits: Mastering the Art of Change, Briefly (English Edition)