Hai mai fatto caso a come sono i pensieri prima di addormentarti?
Vagano qui e lì senza molta coerenza. Inseguono catene di associazioni apparentemente prive di logica. A un certo punto non sono più proprio pensieri, ma immagini... e di lì a poco stai dormendo.

Oh e il mare il mare qualche volta cremisi come il fuoco e gli splendidi tramonti e i fichi nei giardini dell'Alameda sì e tutte quelle stradine curiose e le case rosa e azzurre e gialle e i roseti e i gelsomini e i gerani e i cactus e Gibilterra da ragazza dov'ero un Fior di montagna sì quando mi misi la rosa nei capelli come facevano le ragazze andaluse o ne porterò una rossa sì e come mi baciò sotto il muro moresco e io pensavo be' lui ne vale un altro e poi gli chiesi con gli occhi di chiedere ancora sì allora mi chiese se io volevo sì dire di sì mio fior di montagna e per prima cosa gli misi le braccia intorno sì e me lo tirai addosso in modo che mi potesse sentire il petto tutto profumato sì e il suo cuore batteva come impazzito e sì dissi sì voglio sì.

Questo brano è un breve stralcio del monologo di Molly Bloom che occupa tutto l'ultimo capitolo del romanzo Ulisse di James Joyce.

Molly è la moglie del protagonista. È a letto e prima di addormentarsi si lascia andare al flusso dei ricordi. Joyce rappresenta i pensieri di Molly così: senza punti, senza virgole, saltando di palo in frasca. Nello stesso modo cioè in cui i pensieri si presentano nella nostra mente.

Questa tecnica letteraria si chiama flusso di coscienza e credo che tutti ricordiamo di averla studiata alle superiori.

Certo non è facile da leggere. Si perde il filo e si resta come in apnea nella frenetica ricerca di un segno di punteggiatura per riprendere il fiato. Però quando ti abitui scopri che c'è un ritmo - e che ritmo - anche in quel flusso continuo e solo in apparenza scombinato di parole.

D'altra parte se Ulisse è considerato un capolavoro della letteratura, un motivo ci sarà ;)

James Joyce

Lo scrittore James Joyce (1882-1941)

Però non è di letteratura che voglio parlare in questo articolo.

Quello che James Joyce sapeva fare con tanta maestria è raccontare come si presentano i pensieri quando la mente comincia a vagare per conto suo.

Succede prima di prendere sonno, ma anche in molti altri momenti.

Quando siamo impegnati in compiti che non richiedono il massimo della nostra attenzione, è facile che la testa se ne vada un po' per conto suo a inseguire strane catene di pensieri, fantasie, progetti, preoccupazioni, ripensamenti, valutazioni...

Ad alcune persone succede più di frequente. Sono quelle con la testa tra le nuvole e spesso si tratta di persone con un carattere introverso. Ad altri succede forse un po' meno. Ma tutti sperimentiamo questo fenomeno che gli psicologi chiamano mind-wandering: la mente vagante o vagabonda - che alcuni traducono anche con pensiero errante.

Mind-wandering è quando sogni a occhi aperti o quando sei sovrappensiero, in un certo senso disconnesso dal piano di realtà, preso a inseguire gli stimoli dei meandri più nascosti della tua mente.

La mente che vaga è una mente infelice?

Nel 2010 due ricercatori di Harvard - Matt Killingsworth e Dan Gilbert - hanno condotto uno studio piuttosto originale sul mind wandering coinvolgendo più di 15.000 persone.
Per fare questa ricerca hanno utilizzato un'App per Iphone che si chiama Track Your Happines.

In vari momenti della giornata l'App inviava una notifica le persone dovevano rispondere ad alcune domande: cosa stavano facendo, a cosa stavano pensando, chi c'era con loro, e come era il loro umore.

L'obiettivo della ricerca era cercare di capire qualcosa sulla felicità, studiando l'umore delle persone immerse nelle loro vite normali, momento per momento.

Analizzando i dati, i ricercatori si sono accorti di una cosa: i momenti in cui le persone si trovavano a pensare a cose che non avevano niente a che vedere con quello che stavano facendo, erano anche momenti in cui il loro umore era peggiore. Al contrario, quando erano ben focalizzati sul presente, erano anche più contenti.

Tra l'altro sembra che questo effetto negativo sull'umore del pensiero errante si verifichi indipendentemente dal contenuto dei pensieri.

Da questo studio sembrerebbe che anche sognare a occhi aperti la cosa più meravigliosa che ci possa accadere sia comunque peggio che essere presenti e connessi qui e ora a uno qualsiasi dei nostri normalissimi momenti del quotidiano.


Il pensiero che divaga come onde concentriche


Tutto questo conferma quando sia importante essere mindful, riuscire ad abbracciare pienamente il presente.

Questo studio ribadisce l'antico insegnamento: se vuoi essere felice concentrati sul qui e ora. Apprezza e godi di ogni momento, senza dare retta alla scimmia impazzita che hai nella testa ;)

La tendenza della nostra mente a vagare, inoltre, ha altre conseguenze negative. Per esempio disturba la concentrazione. Cerchi di leggere o di studiare e qualche pensiero estraneo si intrufola nella mente, e dopo poco hai perso il filo e stai pensando a tutt'altro.

Quando si attiva questa modalità di pensiero errante diventiamo anche meno sensibili agli stimoli dell'ambiente. Ti è mai successo per esempio di uscire senza ombrello anche se fuori si era messo a piovere? A me sì, e mi rendo conto che accade perché ho la testa tra le nuvole e non mi accorgo di quello che succede attorno a me.

Secondo le ricerche condotte su questo argomento, passiamo tra il 25 e il 50 per cento del tempo da svegli in questa condizione di mente vagante. Un sacco di tempo.

Riassumendo, sembra che vagare con la mente:

  • ci rende infelici
  • disturba la concentrazione
  • interferisce con le capacità cognitive
  • riduce le nostre capacità di reazione a quello che succede attorno a noi.

Eppure lo facciamo di continuo.

Perché?

Vagabondare con la mente è utile

All'argomento mind wandering sono state dedicate molte ricerche negli ultimi anni, soprattutto per indagarne le conseguenze negative.

Però qualcuno si è domandato: ma possibile che questo pensiero errante sia solo un fastidio? La nostra mente lo fa di continuo e in modo del tutto naturale... ed è solo dannoso?

Sarebbe un po' strano se fosse così.

Jonathan Schooler è uno psicologo dell'Università di Santa Barbara, in California, dove dirige un laboratorio che si chiama Meta Lab - Memoria, Emozioni, Pensiero, Consapevolezza. Lui e i suoi colleghi hanno studiato a lungo questo mind wandering.

Combinando i loro risultati con quelli di altre ricerche sono giunti alla conclusione che il pensiero errante ha almeno 4 funzioni positive.

Ecco quali sono.

1. Serve per programmare il futuro

Se fossimo continuamente mindful, cioè perfettamente calati nel presente e assorbiti dal qui e ora, come mai potremmo pensare al futuro, programmare le attività da svolgere, immaginare diverse possibilità e fare delle scelte?

Una delle funzioni del vagare con la mente è proprio questa: ci consente di fissare degli obiettivi, di programmare le azioni necessarie, e di anticipare il futuro con l'immaginazione.

2. Combatte la noia

A volte dobbiamo portare a termine compiti noiosi. Vagare con la mente ci aiuta a sopportare la noia, e quindi ci aiuta a portare comunque a termine un compito che altrimenti saremmo tentati di abbandonare.

Io personalmente preferisco approfittare dei compiti noiosi per cercare di svolgerli in modo mindful, come fossero piccole pratiche di meditazione quotidiana. Però la cosa funziona finché si tratta di compiti veloci... se dovessi pelar patate per un giorno intero penso che approfitterei volentieri della mia capacità di fuggire altrove con la mente ;)

3. Sul lungo periodo ci aiuta nell'apprendimento

Sembra un paradosso, ma i ricercatori hanno ipotizzato che possa funzionare in questo modo. Quando teniamo la mente impegnata a lungo in un compito che richiede elevata concentrazione dopo un po' succede che ci abituiamo agli stimoli e abbassiamo la soglia di attenzione. È una forma di assuefazione: all'inizio stiamo attenti, ma quando gli stimoli si ripetono diventiamo meno sensibili.

Ecco quindi che mentre siamo impegnati in compiti che riguardano l'apprendimento, i momenti in cui la testa se ne va per conto suo possono diventare molto utili. È vero infatti che ci distraggono, ma con questa distrazione la nostra mente fa un piccolo reset. In questo modo combatte quella forma di assuefazione e quanto torna al suo compito è nuovamente fresca e pronta ad assorbire nuovi stimoli.

4. Favorisce la creatività

Le idee migliori ti vengono mentre sei sotto la doccia o la sera prima di addormentarti?
È perfettamente normale.

La creatività ha sempre bisogno di una fase di incubazione durante la quale pensiamo ad altro. Chiunque sia impegnato in lavori creativi lo sa: quando ti blocchi spesso la cosa migliore da fare è staccare la spina. Fare una passeggiata, guardare un film, riposarsi. Bisogna lasciare che i pensieri consapevoli si dirigano altrove in modo da lasciare il nostro inconscio libero di fare il suo lavoro ;)

Quando concediamo a noi stessi di non pensare a niente, di lasciare vagare i pensieri per conto loro, spesso favoriamo la fase di incubazione del processo creativo. Ed è così - tra ricordi, libere associazioni, fantasie, e schegge impazzite varie - che a un certo punto il puzzle si ricompone e ci viene l'idea giusta.

Il ritmo della mente

Tanti articoli sulla meditazione, sull'importanza di essere mindful, e ora viene fuori che anche fare tutto l'opposto, cioè lasciare la mente libera di vagare qua e là come un scimmia impazzita, ha la sua utilità?

Sembra proprio così. Il punto è che questa alternanza tra mindfulness e mind wandering è caratteristica della vita mentale.

È il ritmo della mente. Quello che noi facciamo di continuo è estrarre informazioni dal mondo esterno, portarle dentro di noi ed elaborarle, e poi tornare a rivolgere l'attenzione all'esterno. È un continuo muoversi tra interno ed esterno. Somiglia al respiro.

Gli esperti ci dicono che meditare fa bene. Imparare a stare focalizzati qui e ora ci rende più stabili, più felici, concentrati. Addirittura rallenta l'invecchiamento e rafforza il sistema immunitario.

Però dicono anche che la mente è fatta per vagare, per immaginare, fantasticare, e che tutto questo ci serve per programmare il futuro, per creare cose nuove, per riflettere sulla nostra vita e capire meglio chi siamo e dove vogliamo andare.

La chiave sta nel prendere consapevolezza di questi meccanismi e metterci personalmente alla ricerca del mix ottimale per ognuno di noi.

Possiamo cercare di sintonizzare la nostra mente con la modalità migliore momento per momento. Se per esempio mi sto preparando per uscire, e sento che la mia mente tende a distrarsi, faccio uno sforzo per tornare qui e ora... altrimenti rischio di scordarmi l'ombrello quando piove :)

Poi salgo sull'autobus, mi siedo e qui posso scegliere: cerco di restare calata nel presente, e di osservare con attenzione gentile tutto quello che mi circonda? O guardo fuori dal finestrino e lascio andare i pensieri dove vogliono?

Posso scegliere in base a dove vanno i miei pensieri: se tendo a rimuginare su qualcosa di spiacevole, allora cerco di tornare a uno stato di presenza. Se invece programmo la mia prossima vacanza o mi ricordo qualcosa di buffo di quando ero bambina, mi consento con piacere di divagare un po'...

Ecco come si conclude il lungo articolo di Jonathan Schooler e colleghi.

Anche se abbiamo ancora molto da imparare sul mind-wandering, lo stato attuale della ricerca è sufficiente per offrire qualche consiglio pratico. Ognuno di noi dovrebbe prestare attenzione al fatto che il vagare della mente può interferire con la nostra capacità di offrire una prestazione al massimo delle nostre abilità. Sviluppare l'abitudine alla mindfulness, prendendo nota regolarmente dei nostri pensieri e possibilmente cominciando una pratica di meditazione, potrebbe essere molto utile per molti di noi. Anche se sviluppare la mindfulness è probabilmente utile non dobbiamo però cercare di eliminare del tutto il mind-wandering dalle nostre vite, perché ci offre grandi benefici se portato avanti nel momenti giusti. In sintesi ognuno di noi deve determinare per se stesso il bilanciamento ottimale tra mind-wandering e mindfulness.

A me questa conclusione piace molto. Ogni volta che leggevo libri e articoli sulla mindfulness era come se ci fosse qualcosa che non mi tornava, un pezzo del puzzle mancante.

Ora l'ho trovato, e ne sono contenta.

E tu cosa ne pensi? Hai mai provato a trovare il tuo equilibrio perfetto tra l'essere presente e il lasciare liberi i pensieri?