Ti sarà capitato di sentire parlare di mindfulness e di meditazione.
È facile imbattersi in siti web che ne parlano come se fossero tecniche di potenziamento delle nostre facoltà mentali. Magie per diventare rilassati, produttivi, felici... Un modo un po' superficiale e non tanto corretto di avvicinarsi all'argomento.

Come già sai, se segui questo blog, io non mi propongo come esperta. Sono solo una persona normale che sta facendo un percorso. E siccome quando mi interesso a qualcosa mi piace studiare, leggere e scrivere, ho pensato che aprire un blog fosse una buona idea.

Tutto questo per dire cosa?

Ah sì, che non sono qui a dare lezioni di meditazione, quando a malapena riesco a stare seduta 10 minuti cercando di non litigare con i miei pensieri! Quello che ho fatto - come faccio spesso qui nel blog - è selezionare con attenzione qualche fonte attendibile, leggere, studiare, sperimentare un po'.

Quindi, se ti interessa capire meglio cosa significa mindfulness, e perché questo tipo di meditazione può aiutarci a essere più lucidi, presenti, e anche felici nella nostra vita, allora vai avanti a leggere.
Se invece preferisci andarti a scaricare il primo audio di meditazione che ti promette accesso immediato alle potenzialità strabilianti della tua mente... be' fai pure... ma poi non venirti a lamentare se non funziona.

Un tranquillo lunedì mattina

Lunedì mi stavo preparando per uscire ed ero un po’ in ritardo. Ho preso il mio pranzo dal frigorifero, ho aggiunto un frutto e una fetta di pane e ho messo il tutto nella borsa termica. Poi sono andata a prendere l’orologio, il cellulare, le chiavi di casa e quelle della macchina. Ho messo una giacca, ho dato un’occhiata allo specchio, ho salutato mio marito e sono uscita.

Abito al quarto piano, senza ascensore. Scendendo ho incontrato un vicino di casa che accompagnava la figlia a scuola. Li ho salutati di corsa, poi sono arrivata fino al portone. Esco, attraverso la strada, vado verso la macchina. E poi resto inchiodata trattenendo a stento un paio di improperi.

Non avevo con me la borsa del pranzo. Era rimasta a casa, sul tavolo della cucina.

A chi non è mai successo?

In questi casi usiamo la parola “dimenticare”. Ho dimenticato la borsa del pranzo sul tavolo. Ma dimenticare forse non è il termine giusto. Come è possibile dimenticarsi qualcosa nel giro di un paio di minuti?

La verità è che questo succede quando la nostra testa è piena di pensieri che non c’entrano niente con la situazione presente. Soprattutto nelle attività di routine una parte di noi agisce in automatico. Il nostro corpo compie una serie di gesti: prendo il cellulare, lo metto nella borsa, cerco le chiavi della macchina, metto la giacca, esco. E mentre facciamo questo la nostra mente è semplicemente altrove. Perché se fosse stata lì, presente nella situazione, certamente non avrei potuto dimenticare di prendere con me il pranzo che avevo preparato giusto un attimo prima.

Nel caso in questione so perfettamente dove era la mia testa. Stavo pensando a un articolo per il blog. Caso buffo, pensavo proprio a questo articolo. Ero così impegnata a rimuginare su quello che avrei voluto scrivere da essere totalmente assente a me stessa. Scollegata da quello che stavo facendo. L’esatto contrario di essere mindful.

Trascorriamo davvero troppo tempo in questo stato di inutile affollamento mentale. Ci capita continuamente di innescare il pilota automatico e agire senza prestare totale attenzione. Mentre parliamo con qualcuno, per esempio, spesso ascoltiamo con un orecchio solo mentre pensiamo ad altro. Oppure siamo a lavorare e desideriamo intensamente essere in vacanza e poi siamo in vacanza e non possiamo fare a meno di pensare alla pila di scartoffie che ci aspettano in ufficio. Siamo al ristorante e invece di gustare appieno il cibo ci viene da pensare a quell'altro posto in cui siamo stati l'altra volta che forse era un po' meglio, o un po' peggio.

Progetti per il futuro, rimpianti per il passato, preoccupazioni, aspettative, ansie, desideri, paure, occupano i nostri pensieri e ci portano continuamente altrove, lontano dal nostro qui e ora.

La capacità della nostra mente di ragionare, pianificare, organizzare, evitare i pericoli, è grandiosa. L’umanità non si sarebbe mai evoluta se non avesse avuto a disposizione queste incredibili facoltà. Il problema nasce perché continuiamo a farlo anche quando non ne abbiamo bisogno. Siamo dei pensatori compulsivi, e questo spesso ci procura sofferenza.

Facciamo fatica a vedere la realtà per quella che è perché siamo come annebbiati da questo incessante lavorio dei pensieri. La nostra mente interpreta di continuo la realtà e spesso così facendo se ne allontana.
Così perdiamo la capacità di cogliere molte delle opportunità e della bellezza che giorno dopo giorno ci vengono incontro.
Insomma ci muoviamo un po' come sonnambuli. Diventare maggiormente mindful significa risvegliarsi.

Cosa vuol dire mindfulness

Il significato di mindfulness viene da un passato molto lontano. Affonda le sue radici nella tradizione buddista. Per qualche migliaio di anni la cultura e la religione buddista hanno esplorato le potenzialità della meditazione, coltivando l’attitudine alla consapevolezza e alla piena accettazione della realtà per quella che è. Con l’idea che solo una conoscenza lucida e chiara della realtà presente possa essere la base su cui costruire un cambiamento, un miglioramento.

Essere mindful è il contrario dell'essere distratti, assenti, del vagare con la mente (puoi approfondire questo aspetto scaricando l'eBook riservato agli iscritti al blog: Mindfulness per tutti).

A partire dagli anni ’70 un po’ di studiosi, medici, psicologi e psichiatri, hanno cominciato a interessarsi a queste idee intuendo che potessero essere di enorme aiuto all’uomo occidentale di oggi, stressato e costantemente impegnato a rincorrere il futuro.
Uno di questi pionieri è John Kabat-Zinn - di cui abbiamo già parlato qui sul blog - che ha dato questa definizione:

Mindfulness significa prestare attenzione intenzionalmente e in maniera non giudicante allo scorrere dell’esperienza nel presente momento per momento

La parolina magica qui è non giudicante. Alla nostra mente non piace. Siamo troppo abituati a dare giudizi. Questa cosa che sta accadendo è buona o cattiva per me? È bella o brutta? Mi farà stare bene o male?
Questo siamo abituati a fare davanti alle esperienze: le interpretiamo, spesso in base al nostro passato, e le giudichiamo.
Esercitare la mindfulness significa smettere di farlo, o quanto meno provarci. Maturare un atteggiamento di totale apertura, curiosità e gentilezza verso ciò che accade. Essere presenti, attenti, concentrati. Accettare tutto ciò che viene, senza fare nulla per trattenerlo o per allontanarlo, lasciando che sia e che scorra come tutto scorre.
Non è un risultato che si ottiene una volta per tutte. Intanto perché è molto lontano, come abbiamo visto, dalla nostra modalità consueta di essere. E poi perché si tratta di una attitudine che va coltivata ed esercitata, attraverso una pratica continua di meditazione.

La domanda spontanea a questo punto è: ok, ma a cosa serve questa mindfulness? è un concetto del tutto astratto e filosofico? esclusivamente spirituale? o ha anche qualche risvolto pratico?

Il monaco e lo scienziato

All’università del Wisconsin, negli USA, c’è un laboratorio di neuroscienze, diretto da Richard Davidson, dove si fanno ricerche per cercare di capire cosa succede nel cervello delle persone particolarmente stressate, ansiose, depresse.

Usando la risonanza magnetica gli scienziati hanno scoperto che c’è una zona del nostro cervello – la corteccia prefrontale destra – che diventa molto attiva quando proviamo emozioni negative. Al contrario, la corteccia prefrontale sinistra, è associata alle emozioni positive e ai meccanismi di ricompensa.
Il prof. Davidson ha raccolto informazioni sul cervello di centinaia di persone, tra cui un certo numero di monaci buddisti. E si è accorto che proprio questi monaci, che avevano anni di meditazione alle spalle, mostravano i livelli più intensi di attivazione della corteccia prefrontale sinistra.
In due parole: erano più felici delle altre persone. A volte così tanto da produrre dei risultati totalmente fuori scala.

Questi esperimenti sono stati condotti su monaci esperti, con un'esperienza di oltre 20.000 ore di meditazione.
Dobbiamo quindi diventare tutti dei monaci buddisti e ritirarci in meditazione per anni per averne dei benefici?
A quanto pare no.
Altri studi condotti successivamente ancora da Richard Davidson assieme a John Kabat-Zinn hanno dimostrato che già otto settimane di allenamento costante alla meditazione apportavano dei benefici. Non solo le persone dichiaravano di sentirsi di umore migliore, ma questo risultato era anche confermato dalla risonanza magnetica.

Ma non è tutto qui.
Gli studi che ho citato sono tra i più conosciuti, ma negli anni se ne sono aggiunti molti altri. E tutti più o meno giungono alla stessa conclusione: meditare fa bene. Rafforza il sistema immunitario, previene le malattie, combatte la depressione, rallenta l’invecchiamento (per approfondire puoi leggere questo articolo divulgativo scritto da una brava giornalista scientifica).

La meditazione, secondo queste ricerche, agisce sulla plasticità del cervello. È una ginnastica mentale. E fa bene tanto quanto l'esercizio fisico.
Insomma ci sono molte conferme: archiviare le meditazione come fuffa new age sarebbe davvero un grave errore.

Tre modi per esercitarsi

Ricapitolando: abbiamo capito che la mindfulness implica allenarsi a una certa modalità di essere, cioè stare calati nel presente in modo intenzionale, attento, con curiosità e apertura, e quindi senza giudicare.
Ma come si può fare per sperimentare sempre più spesso questa tranquillità interiore?

C’è un libro bellissimo di Roland D. Siegel , altro grande studioso di mindfulness, che lo spiega molto bene. Il libro in italiano si chiama "Qui e ora. Strategie quotidiane di mindfulness".
Siegel dice che abbiamo a disposizione tre modi diversi per allenare la nostra mente a essere sempre presente:

  • La pratica formale: cioè praticare la meditazione una o più volte al giorno. È un allenamento, possibilmente quotidiano. Di solito si comincia scegliendo un oggetto su cui concentrare l'attenzione (per esempio il respiro) e si prova a stare focalizzati su quello per un certo periodo di tempo (20 minuti per esempio). Quando ci si accorge che la mente cerca di divagare, non si fa altro che ricondurla all’oggetto della meditazione. (Puoi vedere il post Cinque minuti al giorno per cominciare a meditare).
  • La pratica informale. Non ti metti in posizione con l’intenzione di meditare, ma sfrutti alcuni momenti della tua giornata per ricordare a te stesso di essere presente. Puoi farlo quando mangi, o cammini per strada, o lavi i piatti. Cerchi di concentrarti totalmente in quello che stai facendo, osservando ciò che ti sta attorno, con attenzione curiosa, cercando di cogliere tutti i dettagli e le sfumature di quello che stai sperimentando. Trovi qualche esempio qui: 4 esercizi di meditazione per persone indaffarate.
  • I ritiri di meditazione. Si tratta di un allenamento intensivo, partecipando a dei veri e propri ritiri dove, assieme ad altre persone, si trascorre buona parte della giornata in meditazione. Ovviamente questa non è la scelta più immediata per chi comincia, ma ci si può arrivare, volendo, dopo avere sperimentato le modalità dei due punti precedenti.

Un'ultima nota, per concludere.
La meditazione mindfulness non è una tecnica di rilassamento. E non è nemmeno una strategia per liberarsi dai cattivi pensieri o dalle emozioni negative. Se la intendi in questo modo rischi di prendere la strada sbagliata. Minduflness significa imparare a stare con quello che c'è. Ecco una citazione, per me illuminante, dal libro di Siegel (passatemi la traduzione imprecisa, ho la versione inglese, e non quella italiana):

Con la meditazione mindfulness noi alleniamo la capacità di stare con qualsiasi cosa stia avvenendo nel momento presente, senza cercare di cambiarla o di scappare. Prestiamo attenzione a come stanno attualmente le cose e non a come noi vorremo che fossero. Questa modalità è molto differente da quella che utilizziamo di solito nelle situazioni che ci procurano disagio. Con la mindfulness invece di cercare di eliminare il disagio, cerchiamo di allenare la nostra capacità di affrontarlo.

Fammi sapere se questo articolo ti è piaciuto, se l'hai trovato chiaro, e se hai qualcosa da aggiungere sull'argomento. Mi farà davvero piacere!