Un giorno qualunque di un inverno qualunque.

Ho un appuntamento per una visita medica alle cinque e mezza del pomeriggio dall'altra parte della città. Mi serve una mezz'ora per arrivare, ma siccome sono una persona prudente esco con 10 minuti di anticipo.

Salgo in macchina, accendo la radio, e tranquilla mi metto per strada.

Entro in tangenziale e dopo poco mi trovo in fila.

Poco male penso. In fondo ho i miei 10 minuti di margine. Di solito sono più che sufficienti.

Oggi però è diverso. Il tempo passa e si procede a passo d'uomo. Ci sarà stato un incidente, o forse è colpa della fiera, o magari ci sono dei lavori in corso. Resta il fatto che la fila non si muove. Il tempo passa, e a questo punto è chiaro che arriverò in ritardo e non è detto che il dottore mi riceva lo stesso.

Tu come reagisci in queste situazioni?

Io, confesso, mi innervosisco molto.

In un attimo mi ritrovo con le mani strette al volante, il collo rigido e lo stomaco contratto. Mi agito, penso che dovrei telefonare, frugo nella borsa per cercare il cellulare cercando di non staccare gli occhi dalla strada. Non lo trovo e mi agito ancora di più pensando che magari l'ho lasciato a casa.

Nella corsia a fianco vedo una donna nella sua auto. Lei non sembra così nervosa. Si è sistemata il trucco con lo specchietto retrovisore e adesso è lì che tamburella con le dita sul volante canticchiando.

La odio. Penso che evidentemente non ha nulla di importante da fare. Che può permettersi di arrivare in ritardo.

Ma ne posso essere sicura? Magari invece deve andare a prendere i bambini a scuola, o ha un appuntamento di lavoro. Potrebbe essere una pendolare e chissà a che ora arriverà a casa con questa fila.

Forse è semplicemente più saggia di me. Sa che gli imprevisti fanno parte del gioco. Che la realtà non si piega alle nostre aspettative. Che non basta avere fatto tutto bene - essere usciti in orario in questo caso - perché le cose vadano lisce.

Resilienza: cosa significa

La differenza tra me e la signora dell'auto accanto molto probabilmente sta nel fatto che lei è più resiliente di me.

La resilienza è una qualità psicologica. Rappresenta la capacità di reagire in modo positivo alle avversità. Quelle piccole e quelle grandi.

Una persona molto resiliente è capace di fare fronte alle difficoltà e di superare gli ostacoli che inevitabilmente incontra nella vita. È capace di rimontare in sella dopo essere stata disarcionata. Anche dopo avere subito un trauma riesce a riorganizzare la propria vita e il proprio orizzonte di senso, pur restando nel dolore e nella fatica.

Alberi resilienti si adattano all'ambiente

La persona poco resiliente invece si blocca. Davanti agli ostacoli mette tutto in discussione e tende a tirarsi indietro. Fatica a riprendersi dai problemi e in generale gestisce male lo stress. Sotto sotto, anche se magari non è disposta ad ammetterlo, pensa che la vita sia equa solo quando si riesce a scansare qualsiasi forma di disagio e di sofferenza. Davanti alle cose storte non fa altro che pensare: perché proprio a me?, perché proprio oggi?, non è giusto, e resta lì impantanata in questi pensieri.

Qui sul blog il concetto di resilienza è già saltato fuori almeno due volte.

L'ho incontrato negli studi di Kristine Neff, che sostiene l'importanza di essere compassionevoli con se stessi (ma non indulgenti) per sviluppare una maggiore resilienza. Non sono le persone ipercritiche e perfezioniste a essere le più resilienti. Al contrario, chi riesce a essere il migliore amico di se stesso sviluppa maggiori abilità nel gestire lo stress e nell'imparare dagli errori.

Richard Davidson, il neuroscienziato pioniere della ricerca scientifica sulla meditazione considera la resilienza uno degli aspetti che caratterizzano lo stile emotivo di ciascuno di noi. E ha scoperto come funziona la reazione di risposta agli stress nel cervello delle persone più resilienti e in quelle che lo sono di meno.

In Italia a parlare molto di resilienza è Pietro Trabucchi, psicologo dello sport che ha scritto tre libri dedicati all'argomento.

Sono libri interessanti anche perché Trabucchi ha lavorato a stretto contatto con campioni sportivi delle discipline di resistenza come lo sci di fondo e la corsa sulle lunghe distanze.

Nei suoi libri racconta storie di persone fuori dal comune. Campioni sportivi lontani dai riflettori, che spesso devono conciliare l'allenamento sportivo con il lavoro. Persone con grandi capacità di sopportare la fatica e di affrontare le difficoltà e i fallimenti senza frignare.

Devo dire la verità: io a leggere questi racconti mi sono sentita un po' piccolina. Certo non siamo tutti nati per scalare montagne o per correre a piedi cento chilometri nel deserto. Però mentre leggevo non potevo fare a meno di pensare all'insofferenza che provo quando porto le buste della spesa su per le scale o quando si mette a piovere e sono senza ombrello.

In generale io non ho tanta simpatia per la retorica del macho, del sudore della fronte, del sacrificio, del dolore che ti fa crescere e cose simili. Però non posso fare a meno di ammettere che Trabucchi ha ragione quando scrive:

una delle aspettative più radicate nella nostra civiltà sembra essere diventata quella che punta a evitare qualsiasi forma di disagio o di sofferenza. Il risultato è che la gente non riesce più a concepire di potersi rimboccare le maniche per raggiungere un obiettivo: o perché pensa che tanto non ce la farà mai, oppure perché ritiene che la sofferenza necessaria sia inaccettabile

Strategie per diventare più resilienti

La resilienza è un tema molto trattato in psicologia. D'altra parte è un fattore molto importante per l'equilibrio di ciascuno di noi.

Sviluppare una buona resilienza comporta due vantaggi non da poco:

1 - essere più capace di reagire in modo positivo davanti a tutto quello che è stress, imprevisti, fallimenti personali, traumi, e tutti altri accidenti che la vita inevitabilmente comporta;

2 - essere più capace di raggiungere obiettivi importanti perché sei in grado di accettare la fatica, la frustrazione e l'impegno necessari.

La buona notizia è che a quanto pare - un po' come succede con la forza di volontà - anche la resilienza si può allenare.

Ho trovato sul sito dell'American Psychological Association (APA) un bell'articolo con molti suggerimenti pratici per aumentare la propria resilienza.

Tra tutti i suggerimenti proposti ne ho scelti alcuni perché li ho trovati in sintonia la mia esperienza diretta.

Avere buone relazioni

Non te l'aspettavi vero? Nemmeno io pensavo che il primo consiglio per diventare più resilienti avesse a che vedere con le relazioni. Eppure è così.

Avere attorno persone care, a cui importa di te, che ti sostengono e ti ascoltano è il tassello fondamentale per sviluppare una buona resistenza psicologica. Il che non significa avere attorno gente che deve stare lì per ore ad ascoltare i tuoi guai e le tue lamentele. Non è così che funziona. Quello che funziona sono i legami autentici, in famiglia e con gli amici. Stare bene assieme, con reciprocità. Funziona anche impegnarsi nel volontariato o nella vita della tua città o del tuo quartiere.

Questo è fondamentale da tenere a mente, soprattutto per chi nelle difficoltà tende a isolarsi e a chiudersi nella solitudine.

E da questo punto di vista non posso fare a meno di sentirmi un po' critica dei confronti della crescita personale che spesso tratta le relazioni interpersonali in modo utilitaristico. Come piacere agli altri, come farsi dire di sì, come essere persuasivi, come essere considerati persone di successo...
Molto più utili sarebbero gli insegnamenti sull'amore, sulla compassione, sulla reciprocità, sull'accettazione.

Non trattare le situazioni critiche come se fossero problemi insormontabili

Detto in modo molto semplice: non puoi evitare che accadano eventi stressanti, ma puoi cambiare il modo di interpretare questi eventi e il modo con cui reagisci.

La prossima volta che resti imbottigliato nel traffico invece di inveire contro il destino cinico e baro, approfitta dell'occasione per ascoltare un po' di buona musica, o per qualche esercizio informale di mindfulness.

Ok il traffico è una scemenza; davanti a problemi più importanti è difficile. Sono d'accordo: ma già imparare a reagire meglio ai piccoli contrattempi è un grosso passo avanti per sviluppare un orientamento più resiliente.

Prendere delle decisioni e agire

Davanti ai problemi è facile cedere alla tentazione di mettere la testa sotto la sabbia: rimuovere il problema e sperare che si risolva da solo.

Questo però non fa altro che generare ansia, perché alimenta la sensazione di essere impotenti e di non avere controllo sulle situazioni.

Allora dove è possibile è molto meglio affrontare il problema e fare qualcosa, correndo anche il rischio di sbagliare.

Mettere le cose nella giusta prospettiva

Se stai perdendo le staffe davanti a una certa situazione, se ti senti sopraffatto dallo stress, prova a proiettarti nel futuro e a vedere la situazione da lì. Fatti questa domanda: mi importerà ancora di tutto questo tra cinque anni?

Insomma: non ingigantire il problema.

Avere cura di sé

Principio universale questo. Eppure quante volte ce lo scordiamo? Imparare a fare attenzione ai tuoi bisogni e a quello che senti non è così scontato come sembra.

Anche quando ti sembra di essere sopraffatto da una situazione problematica o da una giornata troppo stressante è importante fare comunque qualcosa di piacevole e di rilassante.

La volta in cui ti senti troppo stanco o scoglionato per guardare un buon film, fare un po' di movimento o un bell'esercizio di rilassamento, è proprio la volta in cui hai più bisogno di farlo.


Gli psicologi dell'APA citano anche alcune strategie ben precise che possono aiutare sviluppare la resilienza.

E guarda caso se segui questo blog già le conosci :)

Gli esercizi di scrittura autobiografica come la scrittura espressiva che serve per elaborare eventi e situazioni particolarmente stressanti.

E la **meditazione mindfulness** che praticata in modo regolare può accrescere la nostra resistenza psicologica, perché ci abitua a stare con quel che c'è, cioè ad accettare il presente e tutte le emozioni, anche quelle più difficili.

Forti perché flessibili

La forza interiore che deriva dalla resilienza ha molto a che vedere con la flessibilità.

Non bisogna cadere nell'equivoco che essere resilienti significhi avere una disciplina di ferro e lottare con il coltello tra i denti dalla mattina alla sera.

La rigidità è nemica della resilienza. Quelli fissati con la dieta, con le routine quotidiane perfette e inderogabili, che hanno bisogno del manuale di istruzioni per fare qualsiasi cosa, di solito non sono resilienti.

Possono apparire determinati e anche molto fighi nelle loro certezze, ma la resilienza è una qualità diversa. Riguarda l'essere flessibili, adattarsi, sapere adeguare le aspettative alla realtà.

Abbiamo in mente il mondo come dovrebbe essere secondo noi. La resilienza si impara quando si accetta il mondo così come è davvero.

Cercherò di ricordarmelo la prossima volta che mi trovo imbottigliata nel traffico ;)

E tu come la pensi sulla resilienza. Che fai quanto le cose girano male? Le accetti e ti rimetti in moto o ti fai abbattere?


P.S. L'immagine in questo articolo è di Bruno H. Michele Se vuoi vederne altre, sul suo sito trovi una bella galleria.