Io ho scritto sempre tanto: lettere, diari, articoli, report, racconti, fino agli esercizi di scrittura autobiografica.

Mi sono convinta che scrivere faccia bene perché l'ho sperimentato direttamente in diverse occasioni.

Fino a un paio di settimane fa però non sapevo che questa idea di scrittura terapeutica è molto studiata in psicologia (e non solo).

Sembra proprio che scrivere di sé - in un certo modo e di certi argomenti - faccia bene all’umore e alla salute.

Le ricerche più conosciute su questo argomento sono di James Pennebaker, uno psicologo sociale dell'Università del Texas.

Pennebaker ha cominciato negli anni '80 a studiare gli effetti della scrittura espressiva e ha ideato un esercizio che chiunque può fare. Alle sue ricerche ha dedicato diversi libri, tra cui Expressive Writing: Words That Heal (La scrittura espressiva: parole che curano).

Sono esercizi utili per affrontare eventi traumatici o situazioni stressanti. Uno strumento in più nella nostra cassetta degli attrezzi per superare le difficoltà della vita.

Parlami di te

Da giovane ricercatore in psicologia, James Pennebaker studiava la reazione delle persone ai traumi e agli eventi altamente stressanti: chi era rimasto vedovo, chi era sopravvissuto a disastri naturali, chi aveva subito abusi e violenze.

Gli studiosi sanno già da tempo che esiste una relazione tra questo tipo di eventi e la salute: chi si è trovato a dovere affrontare stress di questa portata ha maggiori possibilità di ammalarsi. Non solo per esempio di depressione - come è normale aspettarsi - ma anche i problemi di peso, di cuore, e persino i tumori tendenzialmente sono più diffusi tra chi ha vissuto esperienze estremamente stressanti.

Tra le persone che hanno vissuto eventi traumatici, quelle che hanno tenuto per sé quanto accaduto, tendono a stare peggio rispetto a chi invece ne ha parlato con altri. Non parlare mai dei problemi più importanti della propria vita può rendere le persone più fragili e più esposte alle malattie.

In un certo senso la psicoterapia si basa - anche - su questo: cioè che parlare con qualcuno in modo sincero e aperto dei propri problemi sia, di per sé, benefico e salutare.

Tutto ciò era ben noto a James Pennebaker, il quale però a un certo punto si è fatto delle domande. Sappiamo che parlare con gli altri dei nostri traumi può farci bene. E scriverne? In fondo quando parliamo stiamo trasformando pensieri ed emozioni in parole. Funziona ugualmente se si tratta di parole scritte?

C'era un motivo importante se Pennebaker si fece questa domanda, e lo racconta lui stesso in uno dei suoi libri.

Il prof. James Pennebaker

Pennebaker si era sposato presto, subito dopo il college. Tre anni dopo però il suo matrimonio era entrato in crisi e lui si era trovato a una passo dalla depressione: cominciò a non mangiare, a bere, a fumare. Malgrado la sua laurea in psicologia non aveva alcuna intenzione di parlare della sua situazione né con gli amici né con un terapeuta. Interpretava la sua sofferenza come segno di debolezza ed era fermamente intenzionato a tenerla per sé.

Dopo circa un mese in quelle condizioni a Pennebaker venne in mente di scrivere. Ogni pomeriggio, per una settimana, passò dai 10 minuti fino a un'ora a pigiare sui tasti della sua macchina da scrivere. Scrisse di sé, del matrimonio, di ciò che lo turbava, del suo lavoro, dell'amore, del significato della vita e della morte.

Dopo una settimana era successo qualcosa: si sentiva meglio, la nebbia della depressione si era diradata. Scrivendo aveva fatto chiarezza: amava sua moglie e aveva bisogno di lei. E quindi aveva trovato una direzione.

Questa vicenda personale, assieme ai risultati dei suoi studi, lo portarono otto anni dopo a porsi questa domanda: è possibile che mettere per iscritto le cose che ci sconvolgono abbia un effetto positivo? Che aiuti in qualche modo a superare le difficoltà?

Nel 1983, una giovane laureata di nome Sandra Beall si presentò nell'ufficio di Pennebaker con un'idea per la tesi di Master. Voleva capire se esprimere le emozioni avesse o meno degli effetti positivi sul benessere delle persone.

Insomma Sandra Beall voleva studiare gli effetti dell'espressione delle emozioni, il prof. Pennebaker voleva capirne di più sul rapporto tra scrittura e salute.

Dall'interesse di entrambi nacque la prima ricerca sulla scrittura espressiva.

Scrivi che ti passa

Lo studio fu organizzato coinvolgendo un gruppo di studenti universitari di psicologia al primo anno. Agli studenti fu detto che dovevano presentarsi in laboratorio per 4 giorni di seguito e che avrebbero dovuto scrivere per 20 minuti seguendo le istruzioni.

Ad alcuni fu chiesto di scrivere di argomenti non rilevanti: per esempio di descrivere gli oggetti presenti in una stanza. Ad altri invece venne assegnato un compito diverso: scrivere riguardo l'esperienza più traumatica della loro vita. Non nello stesso modo però: qualcuno doveva parlare solo dell'evento stressante. Altri dovevano cercare di esprimere le loro emozioni più profonde, passate e presenti, riguardo l'evento. A tutti fu garantito il completo anonimato.

Ecco in sintesi i risultati dello studio.

  • Scrivere per 4 giorni di seguito riguardo un evento traumatico era stato per molti studenti difficile. Qualcuno aveva pianto e nei giorni successivi all'esperimento molti si erano sentiti tristi e di umore decisamente nero. Insomma gli effetti, lì per lì, erano decisamente negativi.
  • Dopo 4 mesi i volontari furono chiamati per rispondere a un questionario. Chi aveva avuto come compito quello di mettere per iscritto i pensieri e le emozioni riguardo il proprio trauma mostrava un miglioramento dell’umore, un atteggiamento più positivo e riferiva di sentirsi meglio anche fisicamente.
  • 6 mesi dopo le informazioni sulla salute raccolte con il questionario furono confermate dai dati provenienti dall'ambulatorio medico: gli studenti che avevano scritto delle loro emozioni riguardo a un trauma, avevano avuto - rispetto agli altri - un calo impressionante nel numero di visite per cure mediche. Insomma stavano meglio ed erano andati dal dottore meno spesso.

Questi dati incoraggiarono James Pennebaker a continuare a studiare la faccenda.

Dalla metà degli anni '80 a oggi sono oltre 300 le ricerche condotte da Pennebaker e da altri studiosi di discipline diverse. I risultati sono piuttosto impressionanti.

La scrittura espressiva sembra avere effetti benefici da molti e diversi punti di vista.

Abbassa il livello di stress e ha un effetto positivo sul sistema immunitario. Migliora il livello di salute generale delle persone con malattie croniche come l'asma e l'artrite reumatoide. Anche i malati di cancro sembrano trarne beneficio.

Migliora l'umore, riduce l'ansia e riduce la tendenza a rimuginare.

Migliora le prestazioni cognitive nello studio e nel lavoro: quando riversiamo sulla carta le nostre preoccupazioni liberiamo parte della nostra memoria di lavoro e quindi recuperiamo capacità di affrontare compiti complessi.

L'esercizio di scrittura espressiva

Tutti questi studi ti hanno convinto e vuoi provare anche tu la scrittura espressiva?

Ecco le istruzioni messe a punto dal prof. Pennebaker in persona.

1. Decidi di quale argomento vuoi scrivere

Scegli un argomento che ti provoca un qualche tipo di stress o di turbamento.
C'è qualche pensiero che non ti lascia dormire la notte? Ecco, quello va bene :)

Non deve essere per forza un evento drammatico o un forte trauma.

Non tutte le persone hanno vissuto dei traumi, ma tutti abbiamo a che fare con piccoli e grandi eventi stressanti. Un litigio, un piccolo incidente, una incomprensione. Qualsiasi evento del tuo passato di cui oggi ti preoccupi può diventare oggetto del tuo esercizio.

Se invece nella tua vita è successo qualcosa che ti ha scosso davvero nel profondo, non necessariamente devi mettere questo al centro del tuo esercizio. Potrebbe essere una buona idea provare l'esercizio con qualche situazione meno seria e vedere come ti trovi, prima di passare ad affrontare il demone più grande.

In ogni caso la regola che raccomanda più volte Pennebaker è questa:

Se mentre fai l'esercizio ti accorgi che scrivere dell'argomento che hai scelto è troppo difficile e non ti senti pronto allora non lo fare.

Smetti di fare l'esercizio, oppure cambia argomento.

Inoltre non è necessario restare per forza sullo stesso tema. Puoi fare un elenco di tre o quattro argomenti per te importanti, e poi vedere cosa succede mentre scrivi. Va bene cambiare tema, va bene passare da uno all'altro.

L'importante è restare su temi personali e importanti per te. Se ti ritrovi a fare la lista della spesa, allora qualcosa non sta funzionando nel modo giusto ;)

2. Quanto e quando scrivere

Scrivi per almeno 20 minuti al giorno, per 4 giorni consecutivi.

Puoi allungare il tempo: se dopo 20 minuti hai ancora voglia di scrivere, nulla ti vieta di andare avanti. Ma farlo per meno di 20 minuti non è consigliato.

Se è difficile per te trovare questi 20 minuti di tempo per 4 giorni di seguito allora puoi diluire il tuo appuntamento e scrivere una volta alla settimana (per esempio il sabato o la domenica quando potresti avere più tempo e calma).

Pennebaker consiglia di creare un rituale attorno al tuo esercizio di scrittura espressiva.
Se puoi scegli sempre lo stesso momento della giornata per scrivere (per esempio il mattino, o la sera prima di andare a dormire). Ti serve un momento di calma e assoluta solitudine, e potere avere qualche attimo per riflettere dopo avere finito di scrivere. Puoi aggiungere altri elementi al tuo rituale: per esempio 10 minuti di meditazione prima o dopo la scrittura, o un bagno caldo. Indossa la tua tuta preferita, o prepara una buona tisana da bere quando hai finito (non durante l'esercizio perché, ne parliamo tra poco, quando scrivi è bene farlo senza alcuna interruzione).

Il capo sei tu. Crea quindi l'ambiente e il rituale che più ti fa sentire a tuo agio.

3. Come scrivere

La regola è una sola: scrivi di continuo, senza fermarti mai e non pensare assolutamente agli errori, allo stile, alla punteggiatura. Se resti a corto di idee e il flusso della scrittura si sta per fermare ripeti qualcosa che hai già scritto. L'importante è che non ti fermi a riflettere troppo su cosa è giusto scrivere. È per questo che non puoi sorseggiare la tua tisana preferita mentre fai l'esercizio ;)

4. Per chi scrivere

Anche qui una sola regola, ma chiara e tassativa: stai scrivendo per te stesso. Non è una lettera, non è un racconto, non è materiale per l'autobiografia che speri di pubblicare un giorno. Quello che scrivi è solo per i tuoi occhi. L'esercizio prevede il massimo dell'onestà e della sincerità nonché la capacità di andare a fondo nei tuoi pensieri e nelle tue emozioni. Un interlocutore, reale o immaginario, sicuramente interferisce con il processo.

Cosa aspettarsi

Un esercizio di scrittura su un tema importante dal punto di vista emotivo può non essere facile. Può succedere dopo averlo fatto di sentirsi un po' tristi.

L'importante è ricordare la regola base: se ti accorgi di non essere pronto a scrivere di un certo argomento semplicemente smetti e cambia argomento. Sei tu a governare, nessuno ti impone niente.

Secondo Pennebaker nei giorni e nelle settimane successive alla fine dell'esercizio dovresti sentirti meglio: meno stress, più emozioni positive, migliore qualità del sonno, meno irritabilità.

L'esercizio può funzionare più o meno bene. In qualche caso può non funzionare affatto. Non è una pillolina magica.

Nel libro Expressive Writing: Words That Heal, Pennebaker fornisce indicazioni su come analizzare quello che si è scritto alla fine dell’esercizio su come orientare l'esercizio successivo perché sia più efficace.

Devo per forza tralasciare queste indicazioni, perché questo articolo è già diventato fin troppo lungo l’argomento non è nemmeno troppo leggerino ;)

Una cosa però mi pare importante da precisare, soprattutto per chi trovandosi a suo agio con la scrittura espressiva può avere la tentazione di farla diventare una abitudine quotidiana, un vero e proprio diario.

Non è sbagliato di per sé. Anzi tenere un diario può essere utile da molti punti di vista. Attenzione però a questo: se ti capita di scrivere sempre le stesse cose, le stesse emozioni negative, le stesse interpretazioni degli eventi... allora fermati a riflettere perché forse stai facendo qualcosa di poco utile.

Attenzione cioè a non trovarsi impantanati a rimuginare per iscritto.

Se scriviamo sempre delle stesse emozioni negative, dando a queste sempre più valore e importanza, senza che cambi nulla nella percezione del problema, allora il lavoro che stiamo facendo probabilmente è poco utile.

Uno degli obiettivi della scrittura autobiografica è quello di dare forma a certi pensieri ed emozioni che, finché restano solo nella nostra testa, tendono a essere indefinite e vaghe.

Scrivendo si crea una forma, si racconta una storia e raccontandola si ristruttura, la si vede da un altro punto di vista. In altre parole si cambia la prospettiva.

Se scrivendo succede qualcosa di simile, allora siamo sulla buona strada.

Crediti immagini

Dotmatchbox, via Flickr
James Pennebaker 2011" by Larry D. Moore. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons.


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