Qualche tempo fa - ve lo ricordate? - è scoppiato il caso petaloso.
Te lo riassumo se per caso te lo sei perso.

Una maestra di scuola elementare ha trovato un errore nel componimento di un suo allievo. Il piccolo Matteo aveva usato la parola «petaloso» per descrivere un fiore, intendendo che fosse particolarmente ricco di petali.
L'insegnante ha segnato l'errore, spiegando a Matteo che la parola «petaloso» in italiano non esiste. Però, siccome le è sembrato un errore bello ha pensato bene di scriverne all'Accademia della Crusca.

I signori della Crusca hanno risposto con una lettera gentile nella quale spiegano che «petaloso» è una parola ben formata, costruita come «coraggioso» (pieno di coraggio) o «peloso» (pieno di peli, con tanti peli).
Però, perché una nuova parola sia inserita nel dizionario non basta che sia bella e chiara, ma deve anche essere usata. Se in tanti cominceranno a usare la parola «petaloso», ed entrerà nel linguaggio comune, allora potrà diventare una parola ufficiale dell'italiano. Altrimenti resterà comunque una parola sbagliata.

La maestra di Matteo ha raccontato questa vicenda su facebook, e tre, due, uno... sui social si è scatenato l'inferno ;)

Migliaia di condivisioni, tutti che volevano aiutare Matteo a diffondere la parola «petaloso». Qualche furbetto si è subito affrettato a registrare il dominio petaloso.com sperando di fare qualche affare. Poi è partita la corrente critica: tutti a dire che «petaloso» era solo uno stupido errore, una brutta parola che faceva il verso che certe invenzioni della pubblicità: da «morbidoso» al più recente «inzupposo» di Antonio Banderas.

Certe volte davvero non si capisce la necessità di portare avanti certe polemiche. Però questa vicenda petalosa è un'ottima occasione per rispolverare un grande classico: la Grammatica della fantasia. Introduzione all'arte di inventare storie di Gianni Rodari.

Per me dire Gianni Rodari significa dire infanzia: sono cresciuta con le Favole al telefono, le Novelle fatte a macchina e con quella canzone che tutti conosciamo: Per fare un tavolo (cantava Sergio Endrigo, con le parole di Gianni Rodari). Fanno parte dei ricordi migliori della mia infanzia.

Ora, cosa c'entra Gianni Rodari con la storia di petaloso? Be' c'entra perché lui è stato un grandissimo estimatore degli errori. Credeva nel potere degli errori come catalizzatori di fantasia e grandi scoperte.

Da un lapsus può nascere una storia, non è una novità. Se, battendo a macchina un articolo, mi capita di scrivere «Lamponia» per «Lapponia», ecco scoperto un nuovo paese profumato e boschereccio: sarebbe un peccato espellerlo dalle mappe del possibile con l'apposita gomma; meglio esplorarlo, da turisti della fantasia.
Se un bambino scrive nel suo quaderno «l'ago di Garda», ho la scelta tra correggere l'errore con un segnaccio rosso o blu, o seguirne l'ardito suggerimento e scrivere la storia e la geografia di questo «ago» importantissimo, segnato anche nella carta d'Italia. La luna si specchierà sulla punta o nella cruna? Si pungerà il naso?

Un esempio perfetto di errore creativo pare si trovi in una delle favole più famose di sempre: Cenerentola.

Charles Perrault - scrittore francese del seicento - scrisse la sua versione di Cenerentola in un libro destinato a diventare assai famoso con il titolo I Racconti di mamma oca. Nella sua favola la scarpina di Cenerentola avrebbe dovuto essere fatta di «vaire», una specie di pelliccia. Ma per errore «vaire» divenne «verre», cioè vetro. Vuoi mettere quanto è più magica e fiabesca una scarpetta di vetro? E infatti a nessuno è mai venuto in mente di correggere l'errore e Cenerentola è stata consacrata alla storia con la sua scarpetta di scintillante cristallo.

Gianni Rodari ci insegna che in ogni errore giace la possibilità di una storia e non sarebbe male se ci ricordassimo di insegnarlo ai bambini.

Una volta, a un bambino che aveva scritto - errore insolito - «cassa» per «casa», suggerii di inventare la storia di un uomo che abitava in una cassa. Altri bambini si buttarono sul tema. Ne uscirono molte storie: c'era un uomo che abitava in una cassa da morto, un altro era così piccolo che gli bastava una cassetta per la verdura per dormirci, finiva al mercato tra broccoli e carote, qualcuno pretendeva di comprarlo un tanto al chilo.
Un «libbro» con due b sarà soltanto un libro più pesante degli altri, o un libro sbagliato, o un libro specialissimo?
Una «rivoltela» con una sola l sparerà pallottole, piumini o violette?

Gli errori poi possono anche rivelare verità nascoste. Come la parola «Itaglia».

C'è davvero gente che sgrida, anzi scandisce, «I-ta-glia», «I-ta-glia», con una brutta g in più, cioè con un eccesso nazionalistico e un tantino fascistico dentro. L'Italia non ha bisogno di una g in più, ma di gente onesta e pulita. E semmai di intelligenti rivoluzionari.

A Gianni Rodari sarebbe piaciuto l'errore «petaloso»? Chi lo sa. Alcuni giornalisti hanno scritto che sì, gli sarebbe piaciuta tanto questa storia. La verità però è che si dovrebbe chiederlo direttamente a lui, cosa che purtroppo non possiamo più fare.

Però io dico grazie a «petaloso» che mi ha dato la scusa per ricordare Gianni Rodari e scrivere di lui in questo articolo.

E poi mi piace pensare che possiamo riconsiderare così anche tutti i nostri errori: non come sgorbi da cancellare dalla storia della vita, ma come buffi inciampi ricchi di significato e fecondi di nuove storie.

Sono convinta che liberarsi dalla paura di sbagliare sia un grande passo di crescita personale, qualcosa che può sprigionare energie e talenti nascosti.

Sbagliando s'impara è un vecchio proverbio. Il nuovo potrebbe dire: sbagliando s'inventa.

Una storia, una svolta, una soluzione...