Chi alla Meraviglia chiude gli occhi, di Morte sente tredici rintocchi!
[Francesco Dimitri - "Pan"]

La realtà nella quale trascorriamo gran parte della nostra vita è quanto meno ristretta.

Magari pensiamo di essere persone dalle ampie vedute, e forse è davvero così. Però è indubbio che il nostro quotidiano è racchiuso per intero all'interno di un microcosmo paragonabile a un granello di sabbia.

La casa, la famiglia, il lavoro, gli amici, i vicini di casa.

In queste nostre piccole realtà costruiamo di continuo dei confini ben precisi. Ci sono io, e io, sono molto importante. C'è la mia famiglia, la mia casa, il mio ufficio. Il mio quartiere, la mia città, il mio paese.

Identità, spazi, affetti, da proteggere.

All'interno di questi confini affrontiamo di continuo piccoli e grandi problemi: gli obiettivi che voglio raggiungere, la promozione sul lavoro, il conto in banca, la scuola migliore per i figli, cosa mi metto al matrimonio della mia amica, come pago il mutuo della casa, ma perché sto così antipatica a quella collega...

Le nostre vite sono fatte così. Piccole cose, preoccupazioni quotidiane. Stanchi lunedì mattina e noiose domeniche pomeriggio.

Nulla di male ovviamente. Però in questo giardino recintato, per quanto fiorito e ben tenuto, corriamo il rischio di non capire bene dove ci troviamo e cosa stiamo facendo. Piccoli problemi ci mettono l'ansia. Perdiamo di vista l'importanza del noi. Ci avviliamo davanti a ogni fallimento, poi ci esaltiamo nei successi, e perdiamo di vista il quadro complessivo.

Rischiamo insomma di passare tutta la vita con lo sguardo basso a fissarci la punta dei piedi, senza mai alzare gli occhi verso la vastità del cielo sopra di noi.


La visione totale

È il 3 febbraio del 1972. L'astronauta Edgar Mitchell è a bordo dell'Apollo 14, di ritorno da una missione spaziale.

È appena stato il sesto uomo a camminare sulla luna, ma per lui il bello deve ancora venire.

Durante il viaggio di ritorno Mitchell guarda fuori mentre la capsula spaziale ruota lentamente. Vede prima la luna su cui era appena stato, poi le stelle dello spazio profondo, e poi il sole appeso a un cielo nero.

Poi vede la Terra galleggiare come un gioiello vivente in un universo pieno di stelle.

E questa visione cambia per sempre la sua vita.

Ci fu questa stupefacente consapevolezza del fatto che la natura dell'universo non era come pensavo. La mia concezione di separatezza e relativa indipendenza del movimento di questi corpi cosmici fu fatta a pezzi. Ho sperimentato qualcosa che può essere descritto come un'estasi dell'unità. Non ho solo visto le connessioni, le ho sentite. Sono rimasto sopraffatto dalla sensazione di essere fisicamente e mentalmente esteso là fuori nel cosmo. Mi sono accorto che si trattava della risposta biologica del mio cervello che cercava di riorganizzare e dare significato allo splendore e alla magnificenza che avevo appena avuto il privilegio di potere osservare.

Quella di Mitchell fu un'esperienza profonda e senza dubbio fuori dal comune, ma non è stato l'unico a sentirsi trasformato dopo avere visto la Terra dallo spazio.

Questa esperienza ha anche un nome: si chiama overview effect che potrebbe essere tradotto come effetto visione totale.

A chiamarlo così è stato lo scrittore Frank White che ha raccolto le testimonianze di molti astronauti in un libro che si intitola The Overview Effect: Space Exploration and Human Evolution - pubblicato per la prima volta nel 1987 e poi aggiornato in altre due edizioni successive (l'ultima dello scorso anno).

L'effetto visione totale ridimensiona le preoccupazioni e porta a guardare la vita con una nuova serenità.

Puoi vedere quanto siano minuscoli la tua vita e le tue preoccupazioni a confronto con le altre cose nell'universo. Il risultato è che apprezzi la vita che hai davanti a te. Ti consente di trovare una pace interiore.

[Edward Gibson, astronauta pilota della missione Skylab 4].

La terra che siamo abituati a calpestare ogni giorno appare sotto una prospettiva totalmente diversa: se ne comprende di colpo tutta la bellezza ma anche l'estrema fragilità. Lo capisci quando la vedi immersa in uno spazio eterno, buio e privo di vita, protetta solo dal sottile strato dell'atmosfera.

Quando noi guardiamo la terra dallo spazio vediamo questo pianeta meraviglioso, bello in modo indescrivibile. Sembra un unico organismo vivente che respira. Ma nello stesso tempo sembra estremamente fragile. Tutti quelli che sono stati nello spazio dicono la stessa cosa perché è veramente impressionante e ti fa riflettere vedere quello strato sottile come carta e realizzare che è l'unica cosa che protegge ogni essere vivente sulla terra sostanzialmente dalla morte, dall'asperità dello spazio.

[Ron Garan, astronauta sullo Shuttle]

La terra vista dalla stazione spaziale internazionale

I grandi laghi e l'America centrale visti dalla Stazione Spaziale Internazionale - Crediti immagine: NASA/Barry Wilmore

Poi c'è il profondo senso di connessione e di unione tra tutti gli esseri umani quando si capisce che la Terra è una e tutti siamo lì, letteralmente sulla stessa barca, anche se non facciamo altro che tracciare confini e alimentare divisioni.

Sviluppi una coscienza globale istantanea, un orientamento verso le persone, una profonda insoddisfazione nei confronti dello stato del mondo e una compulsione a fare qualcosa al riguardo. Da lassù sulla luna le politiche internazionali sembrano così meschine. Vuoi prendere un politico per il collo, trascinarlo lontano un quarto di milione di miglia e dirgli: ¨ehi guarda questo, razza di idiota¨.

[Edgar Mitchell, astronauta, Apollo 14]

Vedere la Terra dallo spazio è un'esperienza che induce una precisa sensazione, che in lingua inglese si chiama awe. Significa stupore, sorpresa, meraviglia. Ma anche timore reverenziale, soggezione.

Succede quando cambi il punto di vista e osservi la realtà con occhi nuovi. Prendi le distanze e guardi da un po' più lontano. Capisci che c'è qualcosa che va oltre le nostre umane preoccupazioni. Che siamo parte di qualcosa di immenso e tutt'ora in parte misterioso.


Meraviglie di questo mondo

Awe è il sentimento di stupore davanti a ciò che va oltre le nostre capacità di comprensione. È una combinazione di meraviglia e paura. Meraviglia davanti a qualcosa di splendido, immenso, grandioso. Paura davanti al mistero, all'ignoto, a qualcosa che è molto più potente di noi.

Non è solo il cosmo a provocare questa emozione. Anche la natura, l'arte, la scienza, e certe imprese umane ai limiti dell'incredibile come la costruzione delle piramidi nell'antico Egitto.

Michelangelo ha dipinto la Cappella Sistina più di 500 anni fa. Ogni anno oltre 7 milioni di persone visitano quegli affreschi considerati uno dei capolavori assoluti dell'arte. Un linguaggio universale capace di parlare a donne e uomini di ogni tempo e di ogni luogo.

Michelangelo Cappella Sistina La creazione di Adamo

La "Creazione di Adamo" uno dei particolari più famosi della Cappella Sistina

Vicino a Ginevra, al confine tra Francia e Svizzera c'è un tunnel ad anello di oltre 27 chilometri nel quale è collocato il macchinario più grande che sia mai stato costruito dall'uomo.

Si chiama LHC, cioè Large Hadron Collider. Al suo interno gli scienziati riescono a fare scontrare tra loro a velocità folli particelle infinitamente piccole.

Da ciò che accade durante queste collisioni gli scienziati potrebbero essere in grado di scoprire, tra l'altro, di cosa è fatta la materia oscura. Finora sappiamo solo che esiste, che occupa circa il 25% dell'universo, ma non siamo in grado di vederla in alcun modo.

È anche possibile che con questi esperimenti si possa scoprire che nell'universo esistono altre dimensioni - oltre alle 4 che siamo in grado in percepire - invisibili e arrotolate su se stesse.

Ci sono oltre 10mila scienziati che lavorano a questi esperimenti . Provengono da tutto il mondo, appartengono a diverse culture e religioni, eppure anche loro parlano un linguaggio universale che è quello della matematica e della scienza.

Large Hadron Collider

 Uno degli straordinari macchinari all'interno di LHC - Crediti immagine: CERN

In Venezuela nel bel mezzo della foresta amazzonica c'è la cascata più alta del mondo. Si chiama cascata dell'angelo, o salto dell'angelo, dal nome del suo scopritore, l'aviatore americano Jimmi Angel.

Scopritore poi per modo di dire, visto che gli abitanti del luogo conoscevano benissimo questo prodigio della natura e non a caso lo consideravano un luogo sacro. È il tuffo più vertiginoso della terra: 978 metri complessivi di altezza. Nascosto in un luogo tutt'oggi difficilmente raggiungibile.

Angel Fall - La cascata più alta del mondo

Angel Fall - La cascata più alta del mondo è in Venezuela

Passando per questa via, dalla visione totale del nostro pianeta - oasi fragile sospesa nel vuoto oscuro dello spazio - alle straordinarie imprese umane e naturali, non ti gira un po' la testa? E se torni alle tue normali occupazioni quotidiane è proprio tutto uguale a prima? O qualcosa è cambiato?


Più calmi, creativi, connessi

Ok, ora arrivano immancabili i soliti psicologi sperimentali che - manco a dirlo - questa roba qui (l'awe) l'hanno studiata per cercare di capire che effetto fa alle persone.

Sono studi piuttosto recenti, e quindi non ce ne sono molti e probabilmente i risultati sono da considerarsi parziali.

Però hanno messo in luce che questa emozione ha delle implicazioni importanti per il nostro benessere.

Per esempio può cambiare la nostra percezione del tempo. Più precisamente la espande. Non è molto chiaro il meccanismo, ma sembra che quando proviamo questa forte emozione di meraviglia ci sentiamo più radicati nel qui e ora.

Nel momento in cui sei rapito da un tramonto o dalla vastità dell'oceano la mente si svuota, vive totalmente l'esperienza del presente che si dilata. Ci si sente più ricchi di tempo.

La meraviglia inoltre può stimolare la creatività.

In uno studio del 2012 un gruppo di ricercatori di Tel Aviv ha cercato di capire gli effetti del pensiero espansivo nei bambini.

A un gruppo di bambini hanno fatto vedere delle fotografie in una sequenza: da oggetti ordinari e vicini (per esempio una penna) verso oggetti sempre più lontani e straordinari (fino alla fotografia della via lattea). A un altro gruppo di bambini hanno fatto vedere le stesse immagini, ma nell'ordine opposto.

Poi hanno sottoposto i bambini a un test per misurare la creatività e hanno visto che quelli del primo gruppo ottenevano punteggi superiori a quelli del secondo gruppo. Questa non è una novità se hai letto l'articolo sulla creatività: fare esperienze al di fuori delle nostre abitudini è considerata una delle strategie per essere più creativi.

Secondo Kirk Schneider - uno psicologo e psicoterapeuta che appartiene alla corrente della psicologia umanistica - quando siamo in grado di cogliere la nostra esistenza all'interno di un disegno più vasto diventiamo anche più capaci di apprezzare la vita e di avere speranza, soprattutto nei momenti difficili.

A me è successo, proprio in un momento difficile, di sentirmi un po' rasserenata osservando un albero secolare in un parco. Ho pensato che quell'albero era lì da prima che io nascessi, e probabilmente sarà ancora lì quando non ci sarò più. Ho pensato a tutte le persone di epoche diverse che prima di me avevano calpestato quel suolo e guardato quell'albero, e a tutte quelle che lo faranno in futuro. Questi pensieri hanno reso più sopportabile la morte di una persona cara.

Non necessariamente tutto questo deve essere connesso a una religione. Parlare di un disegno più vasto non vuol dire per forza fare riferimento a una entità superiore, a una volontà che crea.

Per qualcuno sarà così, per altri no, ma tutti possiamo riconoscere che la nostra vita fa parte di qualcosa che è immensamente più grande di noi nello spazio e nel tempo. Questo da un certo punto di vista ci fa sentire più piccoli. Ma ci consente anche di collocare le nostre piccole e grandi preoccupazioni all'interno di una cornice diversa.

Ci riconnette alla natura, ci fa sentire meno isolati, riduce l'ansia, ci rende più calmi e focalizzati.

Tra le varie testimonianze delle persone che sono state sullo spazio c'è anche quella di Charles Simonyi, un informatico di origini ungheresi che è stato a lungo uno dei programmatori di punta di Microsoft prima di fondare la sua impresa.

Simonyi è stato nello spazio per due volte, come turista. Vacanze spaziali che gli sono costate oltre oltre 60 milioni di dollari ;)

Durante una intervista gli hanno chiesto se il viaggio nello spazio fosse stato per lui un'esperienza spirituale. Ecco la sua risposta:

Direi proprio di no. Qualcosa è cambiato solo nel senso che sono diventato più ottimista. Vedere la Terra così vasta, maestosa e calma, mi ha reso più ottimista.

Certo, andare nello spazio per ritrovarci più sereni e ottimisti non è esattamente una cura a portata di tutti.

Ma la meraviglia è ovunque e non è neanche necessario viaggiare lontano per vederla. Basta uscire a fare una passeggiata nel verde e osservare con attenzione tutta la ricchezza, la vita e la perfezione racchiusa in una sola foglia o in un fiore.

L’emozione più bella che possiamo sperimentare è il mistero. È il potere della vera arte e della vera scienza. Chi non conosce questa emozione, chi non si può più fermare per meravigliarsi e sentirsi rapito, è come se fosse morto.
[Albert Einstein - ¨Il mondo come io lo vedo¨].

Tu ti sei mai sentito così? Meravigliato, sorpreso, incantato davanti a qualcosa di più grande di te? Se hai voglia raccontalo nei commenti.

La foto delle cascate è di ENT108 via Flickr.