Introverse sono le persone che tendono a stare per conto loro. Quelli che in gruppo parlano poco e niente. Spesso li sorprendi in un angolo a osservare, e ti domandi cosa mai staranno pensando e perché non sono lì a partecipare della situazione come gli altri. Personalità enigmatiche, difficili da avvicinare. Capaci però di sorprenderti quando ti accorgi che sono molto più vivaci e ricchi di pensieri ed emozioni di quanto non lasciano trasparire a prima vista.

In verità tutti noi abbiamo esperienza dell'introversione e dell'estroversione. Essere estroversi significa vivere affacciati sul mondo esterno e sentire che i tuoi bisogni sono soddisfatti nel rapporto con questo. Essere introversi significa invece vivere dentro la propria testa. Quando vieni distratto dalla realtà esterna perché stai inseguendo i tuoi pensieri, le fantasie, le emozioni.
Introversi ed estroversi non sono quindi dei tipi "puri". Non esistono persone totalmente introverse o estroverse. Se esistessero, come ha scritto Jung, sarebbero al manicomio. Esiste invece una propensione, l'essere più portati verso l'introversione o verso l'estroversione. Sono due caratteristiche della personalità. Entrambe funzionanti.

Il punto però è che la maggioranza delle persone tendono verso l'estroversione. Gli introversi infatti, secondo Luigi Anepeta, sono all'incirca il 7% della popolazione. Una minoranza quindi.
Il mondo è in mano agli estroversi, è costruito su misura per loro, e questo rende la vita degli introversi a volte un po' difficile.

L'estroversione infatti è considerata una qualità. Quando diciamo che una persona è socievole, solare, aperta, di solito stiamo facendo una valutazione positiva. Al contrario quelli chiusi, ombrosi, riservati, suscitano sempre qualche perplessità.
Tutto questo a maggior ragione nella nostra cultura, dove tutto va veloce. Si valutano le persone da una stretta di mano o da dieci minuti di colloquio. Si valorizzano le persone di azione, quelle assertive, quelle comunicative.

Gli introversi invece, per dare il meglio di sé, hanno bisogno di tempo, di solitudine, di quiete.

La tesi del libro Timido, docile, ardente, condivisa tra l'altro anche da altri esperti, è che introversi si nasce. L'introversione sarebbe infatti una caratteristica genetica.

Luigi Anepeta quindi comincia il suo saggio descrivendo le caratteristiche di base dell'introverso. La vivacità emotiva, l'idealismo, un senso di giustizia molto radicato, l'essere inclini alla riflessione più che all'azione, la tendenza a stabilire pochi rapporti sociali, l'amore per le attività intellettuali e creative. Tutte caratteristiche queste che non hanno nulla di negativo o di malato. Sono solo modi di essere.

A partire da questi tratti comuni dell'introversione, il libro poi passa a analizzare le traiettorie di vita degli introversi. Come sono da bambini, da adolescenti e da adulti? Come se la cavano con le loro difficoltà di adattamento in un mondo costruito a misura per gli estroversi? Cosa succede a scuola, in famiglia, nel rapporto con i coetanei, e in quello con gli adulti? E sul lavoro?

Certo, le vite degli introversi non sono tutte uguali, ma questa parte del libro è per certi aspetti sorprendente, perché qui Anepeta riesce a tipizzare le carriere introverse in un modo molto efficace. Stando a diverse testimonianze che si trovano sul web molti introversi si sono riconosciuti in queste descrizioni.

Io di sicuro mi sono riconosciuta in pieno, al punto tale che è stato davvero strano leggere questo libro: avevo di continuo la sensazione che stesse parlando proprio di me.

C'è poi l'amaro calice dell'introversione. Luigi Anepeta, alla luce della sua esperienza di psicoterapeuta, dice che le persone introverse si trovano con una certa frequenza a sperimentare il disagio psicologico. Ansia, attacchi di panico, disturbi alimentari, fobie.
Questo non significa che tutti gli introversi hanno questi problemi. E nemmeno che nessun estroverso li ha. Significa solo che tra gli introversi sono più diffusi.

La tesi dell'autore è che molto di questo disagio potrebbe essere evitato. Non c'è infatti nulla nell'introversione che debba determinare un malessere psicologico. Il problema nasce solo perché gli introversi non sono riconosciuti, fin da bambini, in quanto tali, e quindi crescono con l'idea che ci sia in loro qualcosa che non va. Vivono in un mondo fortemente orientato all'estroversione, che fa fatica a riconoscere e a dare valore alle loro qualità. Ed è qui che l'introverso può cominciare a sentirsi sbagliato, inadeguato, e quindi a sperimentare ansia e sfiducia in se stesso. Ma anche una rabbia (che difficlmente può essere espressa) dovuta al fatto di non sentirsi capiti e accettati.

Per questo poi nell'ultima parte del libro Anepeta affronta la domanda cruciale: cosa si può fare?
Se i genitori e gli educatori nelle scuole fossero attenti a questo tema, potrebbero riconoscere i bambini introversi e aiutarli a crescere sereni nel rispetto della loro personalità. Per esempio dovrebbero evitare di forzare il bambino verso forme di socialità che non gradisce. E non farsi ingannare dall'apparenza docile e poco problematica dei bambini d'oro, che possono nascondere l'ansia di essere sempre all'altezza.

E per gli adulti? Anepeta offre all'introverso ormai cresciuto qualche spunto di riflessione. In sintesi: accettare se stessi, con consapevolezza (e amore, aggiungo io). Accettare che gli altri siano diversi, senza maturare rabbia e atteggiamenti ipercritici. Venire a patti con la solitudine, che in misura più o meno drammatica accompagna sempre la vita dell'introverso. Quella solitudine di cui l'introverso ha bisogno per ricaricarsi e per ritrovare se stesso e che però allo stesso tempo lo separa dagli altri.

Timido, docile, ardente. Manuale per capire ed accettare valori e limiti dell'introversione (propria o altrui) di Luigi Anepeta.

I limiti intrinseci dell'introversione riguardano soprattutto la sfera della socialità e quella pratica della vita. La spigliatezza, la disinvoltura, la spontaneità istintiva, per un verso, la furbizia, la competitività, l'egoismo per un altro, sono sempre, in misura più o meno rilevante, difettosi nell'introverso. Questi limiti, però, non sono un handicap, bensì l'espressione di un modo di essere riflessivo, tendenzialmente scrupoloso, rispettoso degli altri e non aggressivo. Anziché drammatizzare i limiti, contro i quali può fare ben poco, l'introverso ha bisogno di valutare adeguatamente il valore che si dà entro e in conseguenza di essi.


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Approfondimenti
Il sito di Luigi Anepeta

Nota
Io ho trovato questo libro bello e illuminante. Lo consiglio a chiunque si riconosca nelle caratteristiche introverse. E anche a tutti quelli, genitori, insegnanti, educatori, che possono avere un ruolo importante nell'educazione dei bambini introversi. Trovo giusto precisare però che pur avendo un taglio tutto sommato divulgativo, è abbastanza impegnativo da leggere. Non è un libro di self-help, ma un vero e proprio saggio, diciamo a metà strada tra il divulgativo e lo scientifico.