Se anche tu hai cominciato da poco a praticare la meditazione mindfulness ti sarà capitato di farti delle domande.
Per esempio: cosa mi devo aspettare? sto facendo bene o sto sbagliando? perché la mia mente continua a vagare invece di concentrarsi? tra quanto tempo otterrò dei risultati? perché non riesco a rilassarmi?

Per rispondere a queste - e altre - domande sulla meditazione forse ci sarebbe bisogno di un vero maestro. Io per esempio sto valutando se iscrivermi a un corso di meditazione che dovrebbe cominciare in dicembre.
Nel frattempo però ho trovato le prime risposte alle mie domande nei 7 pilastri della meditazione di cui parla Jon Kabat Zinn, nel libro "Full Catastrophe Living".

L'atteggiamento con cui ci avviciniamo alla meditazione, ci insegna Kabat Zinn, determina in buona misura i benefici che possiamo avere.
I sette pilastri della meditazione sono proprio questo: descrivono un atteggiamento mentale, un insieme di attitudini alla consapevolezza.
Sono atteggiamenti che vanno coltivati deliberatamente, con intenzione, anche perché, come vedremo, sono molto lontani dal modo con cui di solito ci approcciamo alle esperienze. Anzi a volte sono proprio l'esatto contrario di quello che siamo abituati a pensare.


1. Non giudizio

Confesso: io quando sento dire di "non giudicare" un po' mi ribello. Che cavolo: ho le mie idee, i miei valori, so cosa è giusto e cosa non è giusto per me. Perché mai non dovrei giudicare? Insomma mi sembra un moralismo ipocrita.
Per questo ci ho messo un po' a capire questa faccenda del non giudizio.

Il punto è che la nostra mente valuta di continuo quello che succede dentro e fuori di noi.
Fai una prova: dedicati alle tue attività solite e prova a osservare quante volte in soli 10 minuti fai pensieri del tipo "mi piace" o "non mi piace".
Non mi piace che il mio piano cottura sia sporco. Mi piace che oggi c'è il sole. Non mi piace che il telefono squilli mentre sto guardando un film. Mi piace essermi svegliata presto stamattina.
Lo facciamo di continuo, tutto quello che ci succede viene etichettato in questo modo.

E che problema c'è quindi? È l'attività normale dei pensieri.
Il problema in verità c'è, ed è determinato da due fattori:
a) questi giudizi vengono espressi in modo immediato e ne siamo in large parte inconsapevoli;
b) questi giudizi, immediati e inconsapevoli, innescano in noi delle reazioni del tutto automatiche.

Ecco quindi che può capitare che ti sei svegliato un mattino di buon umore. E poi hai visto qualcosa, o hai provato qualcosa, che la tua mente ha immediatamente etichettato come negativo, o fastidioso, o pericoloso, e di lì a un attimo hai sentito un piccolo nodo allo stomaco, segno che il tuo organismo stava reagendo a qualche tipo di stress... e di tutto questo non sai il perché, non ti sei accorto del processo perché è successo troppo in fretta e in modo automatico.

Durante la meditazione è importante imparare a riconoscere questa attività giudicante della mente. Per esempio può capitare che la tua mente dica: "non mi piace meditare", oppure "sto divagando troppo, non va bene così".
Ecco questi sono giudizi. La cosa importante è imparare a riconoscerli. Dire: ok, la mia mente ha espresso un giudizio. Osservarlo e basta. Diventarne consapevoli.
Ovviamente senza fare l'errore di giudicare il giudizio... non è che sia sbagliato che durante la meditazione emergano dei giudizi. Non è né giusto, né sbagliato. L'obiettivo è esserne consapevoli e capire che la nostra mente funziona in questo modo.

2. Pazienza

La pazienza, dice Kabat Zinn, è una forma di saggezza. Nasce dal comprendere e accettare che le cose hanno un loro naturale tempo di maturazione.

Io non ho fatto attività fisica per molti anni. E il mio corpo ovviamente ne ha risentito; così mi sono iscritta a un corso di yoga.
Come credete che mi senta durante la lezione?
Un pezzo di legno. Guardo l'insegnante fare le posizioni in modo così naturale da farle sembrare semplici. Poi provo a farle io e non mi ci avvicino nemmeno lontanamente. È frustrante.
Ed è qui che entra in scena la pazienza.
Quello che devo fare è avere pazienza con il mio corpo. Accettare il mio punto di partenza. Sono qui, con un corpo non più giovane e irrigidito da una vita troppo sedentaria.
E dirò di più: avere pazienza mi piace. Non provo alcun desiderio di bruciare le tappe. Mi piace osservare i miei muscoli addormentati che piano piano si risvegliano.

Durante la meditazione possiamo coltivare la pazienza. Sì, la nostra mente si comporta come una scimmia e col cavolo che resta concentrata sul respiro. Sì, esprimiamo un sacco di giudizi mentre meditiamo. Sì, stare lì seduti fermi, soprattutto le prime volte, è faticoso e scalpitiamo per smettere.
E per questo meditando impariamo a essere pazienti con noi stessi.

3. La mente dei principiante

La mente del principiante è limpida e senza pregiudizi.
L'esperto sa, e quindi immediatamente classifica la realtà in base alle sue conoscenze. Il principiante non sa niente, guarda le cose per la prima volta, non ha esperienze precedenti e non ha aspettative.

L'atteggiamento del principiante, dice Jon Kabat Zinn, è particolarmente importante nel praticare le tecniche di meditazione. Non solo all'inizio, ma sempre.

Nessun momento è uguale a un altro: ciascun momento è unico e contiene possibilità uniche. La mente del principiante ci ricorda questa semplice verità.

Volendo puoi coltivare la mente del principiante nella vita di tutti i giorni, osservando cose o persone che conosci bene, fingendo di vederle per la prima volta.
Quante volte hai visto un cielo nuvoloso?
Eppure il cielo di questo momento non è identico a quello che hai visto in passato. Puoi guardarlo come se fosse la prima volta? Con gli occhi di un bambino? Riesci a vederlo con la mente limpida e sgombra? Oppure lo vedi attraverso il velo dei tuoi pensieri, delle tue aspettative, delle tue esperienze passate?

4. Fiducia

Io adoro questa parola: fiducia. Mi fa pensare a un pavimento solido sotto i piedi.

Con la meditazione si può provare a entrare in sintonia con se stessi attraverso la fiducia. Fiducia nelle tue sensazioni, nelle tue intuizioni, e nel tuo corpo.

Si possono leggere libri sulla meditazione. Si può chiedere consiglio a chi la pratica da più tempo. Si può frequentare un corso, seguire un maestro con disciplina e devozione. Ma la strada è la tua e non esistono due strade uguali tra loro.

Praticare la meditazione mindfulness significa anche assumersi una precisa responsabilità: imparare a essere se stessi e a fidarsi.

5. Non cercare risultati

Difficile eh?
I risultati, da un certo punto di vista, sono tutto.
Ognuno di noi può avvicinarsi alla meditazione per diversi motivi. C'è chi vuole essere più concentrato, o rilassato, o avere l'illuminazione, o farsi passare il torcicollo. C'è persino chi ha sentito dire da suo cuggino che la meditazione spacca e ci vuole provare.
Tutti motivi legittimi (più o meno).
Però Kabat Zinn ci mette tutti sull'avviso: se pratichi la meditazione inseguendo un particolare risultato, potresti ottenere l'effetto contrario.
Il punto vero della meditazione è sempre lo stesso: concentrare l'attenzione sul vedere e accettare le cose così come sono, momento per momento.
I risultati, i benefici, arriveranno da sé, con la pazienza e la pratica regolare.

Se mediti con un obiettivo ben preciso in mente finisci con il fare confusione. Per esempio se è il rilassamento che cerchi, ti accorgerai che non sempre meditare ti fa rilassare. E allora ti troverai a pensare: ma perché non mi rilasso? sto sbagliando? non funziona? sono sbagliato io?
E questo atteggiamento è un ostacolo allo sviluppo della consapevolezza.
Se c'è tensione, o dolore, o fastidio, allora l'obiettivo della meditazione è osservare e imparare a stare con quel che c'è, che sia tensione, dolore, fastidio, oppure pace, rilassamento, gioia.

6. Accettazione

Viene come conseguenza: se quando mediti non cerchi risultati e non chiedi niente a te stesso (se non di meditare) vuol dire che stai praticando l'accettazione.
Accettare non ha niente a che vedere con la rassegnazione. Vuol dire invece vedere chiaramente le cose così come sono. E questa è la base di ogni miglioramento.

Jon Kabat-Zinn fa un esempio molto chiaro. Ti senti grasso, non accetti il tuo corpo, e sarai disposto ad amarlo solo quando sarà magro. Questo atteggiamento genera un circolo vizioso. Se non ami il tuo corpo sei anche meno disposto ad ascoltarlo e ad assecondare le sue reali esigenze, tipo nutrirlo nel modo giusto, o fargli fare un po' di sano movimento. Se odi il tuo corpo, perché dovresti sentirti spinto a prendertene cura?
Se invece riesci ad amarlo così come è ora, ti sarà più facile e naturale continuare ad amarlo mangiando le cose giuste nelle quantità giuste per te e facendo una bella corsetta al parco quando ci vuole.

Ogni cambiamento passa in primo luogo dall'accettazione di te stesso così come sei ora. Non puoi accettarti domani, quando sari diventato quello che vuoi essere. Domani non esiste. L'unico momento in cui ti puoi amare è ora. E se non riesci a farlo, tutti i tuoi tentativi di miglioramento saranno mille volte più faticosi.

7. Lasciare andare

Quando cominci a meditare ti accorgerai che ci sono pensieri che la tua mente cerca di trattenere, e altri che al contrario cerca di respingere.

Per esempio stai per andare in vacanza, e sei carico di aspettative positive al riguardo. E il tuo pensiero torna spesso lì, per assaggiare in anticipo tutte le cose belle che potrai fare in vacanza.
Oppure domani hai un esame all'università, e la cosa ti spaventa, ti fa sentire ansioso, e vorresti scacciare tutti questi sentimenti sgradevoli dalla tua testa.

Ecco, con la meditazione ci alleniamo a mettere da parte la tendenza della nostra mente ad attaccarsi a certe esperienze e a respingerne altre. L'idea è di lasciare andare... di essere semplici spettatori di tutto quello che accade nel teatro dei nostri pensieri.

Così facendo, dice Kabat Zinn, possiamo imparare molte cose sui nostri attaccamenti e sul loro effetto nella nostra vita.

Fare pratica

Direi che questi sette pilastri rispondono abbastanza chiaramente alle domande iniziali.
A questo però bisogna aggiungere una raccomandazione: non è leggendo libri e articoli che si coltiva la mindfulness. Dice Kabat-Zinn:

La consapevolezza non cresce semplicemente perché hai deciso che è una buona idea essere più consapevole.

Sarà banale, ma va ricordato che nella meditazione serve autodisciplina. Va bene leggere, capire, scrivere, ma poi il tutto assume un senso solo con la pratica quotidiana. È come un allenamento atletico. Non ti alleni solo il giorno in cui ne hai voglia, o quando c'è il sole, o quando i tuoi impegni te lo permettono. Ti alleni sempre. Altrimenti non ha senso.
Con la meditazione è la stessa cosa.

Io il mio impegno quotidiano l'ho preso. Anzi l'ho ripreso, visto che è da marzo che tra alti e bassi cerco di fare diventare la meditazione una abitudine.
È come un viaggio appena iniziato, che non so dove mi porterà. Un viaggio di curiosità e di scoperta, senza bagagli pesanti al seguito.
Mi piace.


Se ti interessa l'argomento puoi leggere anche l'eBook riservato agli iscritti: **[Mindfulness per tutti](http://www.mywayblog.it/mindfulness-per-tutti.html)**.

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(L'immagine è di Mitchell Joyce via Flickr)