Il rapporto tra scrittura e ispirazione è da sempre oggetto di molte discussioni. C'è chi pensa che si scriva soprattutto con le emozioni, e che sia quindi sempre una questione di ispirazione; e c'è chi afferma al contrario che il vero punto della questione stia nella metodicità del lavoro, e quindi nella costanza e nelle abitudini.
Stephen King, nell'ormai classico On Writing ha scritto che alla fine il punto è che la Musa, se decide di comparire, deve sapere dove trovarti: seduta, o seduto, alla tua scrivania ogni giorno dalle 9 alle 12 (o in qualsiasi altro orario ti sia possibile scrivere).
Chiunque abbia lavorato con la creatività sa che le idee, le ispirazioni, l'impeto, la magia che ti porta in un batter d'occhio nel flusso sono tutte cose altamente desiderabili ma aleatorie: non puoi costringere la Musa a manifestarsi.
Ray Bradbury (1920-2012), acclamato scrittore di fantascienza (un po' atipica), autore di libri come Cronache Marziane e Fahrenheit 451, ha dedicato a Come trovare e nutrire una Musa uno dei saggi raccolti nel volume Lo Zen nell'arte di scrivere.

Il libro è una raccolta di brevi articoli sulla scrittura, e, tanto per precisare, lo Zen c'entra poco e niente: compare solo in modo un po' marginale in uno dei saggi che poi ha dato il titolo alla raccolta (lo preciso perché se ti interessano testi con un approccio meditativo alla scrittura, questo non lo è).
Chiusa questa doverosa parentesi, Bradbury sembra credere che l'ispirazione, o la Musa come la chiama in questo breve saggio, la possediamo tutti, e che il punto non sia tanto trovarla - e men che meno aspettarla, magari a braccia conserte sul divano o sdraiati sul letto fissando il soffitto - bensì nutrirla. In altri termini il punto è: cosa diamo da mangiare alla nostra creatività?
La questione è abbastanza semplice. Nel corso della vita, ingerendo cibo e acqua, noi fabbrichiamo cellule, e cresciamo, e diventiamo più grandi e robusti. E ciò che non era, è. (...)
In modo del tutto simile, nell'arco di una vita, ci riempiamo di suoni, visioni, odori, sapori, caratteri di persone, animali, paesaggi - eventi grandi e piccoli. Ci riempiamo d'impressioni ed esperienze e delle nostre reazioni nei loro confronti. (...)
Queste sono le cose, i nutrimenti, grazie ai quali cresce la nostra Musa. Questo è il deposito, l'archivio, a cui dobbiamo tornare nelle ore di veglia per confrontare la realtà con la memoria, e nelle ore di sonno per confrontare memoria con memoria, ossia fantasma con fantasma, e, se necessario, esorcizzarli.
Insomma il segreto dell'ispirazione è nascosto lì, nella nostra vita, in quel grande magazzino di esperienze che è la memoria, conscia e inconscia. Ma Bradbury nella sua riflessione va oltre e si domanda: se vogliamo far seguire una dieta al nostro subconscio - ovvero alla nostra Musa - cosa dobbiamo mettere nel menù?
Si potrebbe dire che è stato un po' il precursore dell'idea della dieta mediatica: dai da mangiare alla tua mente roba buona, per nutrirla come si deve, esattamente come fai con il corpo.
Ecco quindi quali sono i consigli per scrittori che vogliono nutrire la propria creatività.
1) Leggere poesie
Leggi poesia ogni giorno della tua vita. La poesia ti costringe a esercitare muscoli troppo spesso inutilizzati e questa è una buona cosa. La poesia espande i sensi, li mantiene in condizioni ottimali. (...)
E soprattutto, la poesia è metafora o similitudine concentrata. Le metafore, come i fiori di carta giapponesi, possono espandersi verso l'esterno in forme gigantesche. Nei libri di poesia le idee giacciono ovunque, eppure sono pochi i maestri di scrittura che consigliano di sfogliarli.
Se voi siete come me, forse adesso state pensando che la poesia non la capite. Bradbury dice di leggerla lo stesso, perché, parole sue, i nostri gangli in qualche modo la capiscono, e anche il nostro spirito segreto lo fa.

2) Leggere saggi
Oltre alle poesie, per nutrire a dovere la nostra Musa, non dovremo farci mancare la lettura di saggi (o libri non fiction come si direbbe oggi). Il consiglio di Bradbury è di leggerne di argomenti vari, e di ascoltare se, mentre leggiamo di cose di cui non sappiamo assolutamente niente - come allevare api, incidere lapidi o giocare a scacchi - qualcosa fa eco dentro di noi. Leggere saggi significa giocare la parte dei dilettanti, e la mente del dilettante, o del principiante, è terreno fertile (Bardbury non lo scrive, ma questo un poco con lo Zen c'entra).
Tra i saggi Bradbury consiglia di inserirne alcuni che spieghino il funzionamento dei nostri sensi. E ne spiega il motivo.
Perché tutto questo insistere sui sensi? Perché devi convincere il lettore che lui è là; devi saper assaltare ciascuno dei suoi sensi, a rotazione, con colori, suoni, gusti e consistenze. Se il lettore sente il sole sulla pelle e il vento che gli agita le maniche, metà della tua battaglia è già vinta.
3) Leggere narrativa
Oltre alle poesie e ai saggi, ovvio, sarà il caso di leggere anche narrativa. Ma quale? Bradbury consiglia di spaziare tra i generi e di non peccare di snobismo nello scegliere le proprie letture.
Ovviamente dovrai leggere gli autori che scrivono nel modo in cui speri di scrivere, e che pensano nel modo in cui vorresti pensare. Ma dovrai leggere anche quelli che non pensano come tu pensi o che non scrivono come vorresti scrivere, e sarai stimolato a esplorare strade che potresti volere intraprendere solo dopo diversi anni.
A poi aggiunge che la nostra cultura è ricca di spazzatura ma anche di tesori, e che a volte risulta difficile stabilire cosa è spazzatura e cosa no. Ma questo non dovrebbe frenarci dall'esplorare nuove letture, nuovi generi, nuovi autori, e dal farci contaminare.
Se vogliamo darci consistenza, se vogliamo raccogliere verità su molti livelli e in tanti modi, e se vogliamo sottoporci alla prova della vita e delle verità degli altri, che ci vengono offerte attraverso fumetti, spettacoli televisivi, libri, riviste, giornali, opere teatrali e film - non dovremmo temere di farci vedere in cattive compagnie.
C'è una grande vitalità in questi consigli di scrittura di Ray Bradbury, sembra suggerire che per nutrire la creatività bisogna amare la vita (e la lettura) ed esplorarla senza paura. E poi, nel caso ce ne fosse bisogno, ci ricorda ancora che niente si crea senza la pratica e l'esercizio. La Musa, dice, va nutrita, nei modi detti prima, e poi bisogna farla prosperare, con l'esercizio.
La Musa deve avere una forma. Scriverai un migliaio di parole al giorno, per dieci o vent'anni, per provare a dargliene una (...).
Esercitandoti nella scrittura, con l'esercizio ripetitivo, l'imitazione, il buon esempio, crei un posto pulito e bene illuminato dove tenere la Musa.
L'idea di scrivere un migliaio di parole a giorno per anni prima di tirare fuori qualcosa di buono può anche sembrare a prima vista scoraggiante; ma vista da un altra angolazione, al contrario, sotto sotto è assolutamente liberatoria. Ci solleva dall'ansia dello scrivere per un risultato, e anche questo, in fondo, è molto Zen.
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