Negli ultimi tempi mi è capitato spesso di sentire parlare di scrittura terapeutica, o di scrittura come terapia.

Di solito si fa riferimento a una pratica di scrittura intima e privata utilizzata con l'obiettivo di ottenere un maggior benessere attraverso il contatto con se stessi e le proprie emozioni. Scrivere può essere di supporto in molti casi: nella elaborazione di un trauma per esempio, ma anche più semplicemente quando passiamo un momento difficile. Scrivere può aiutarci anche - indipendentemente da traumi e difficoltà - a capire meglio quali sono le nostre emozioni del momento, a visualizzare con maggiore consapevolezza i nostri obiettivi, a restare centrati giorno dopo giorno.

Io personalmente non amo molto utilizzare in questo caso il termine terapeutica, perché questo rimanda a un insieme di significati che hanno a che vedere con la cura delle malattie, e quindi mi sembra eccessivo parlare di scrittura terapeutica.

Vero è anche che secondo il vocabolario Treccani online l'aggettivo terapeutico oggi si utilizza nel linguaggio comune anche per indicare genericamente qualcosa che fa bene. Per esempio se diciamo: questa vacanza è stata proprio terapeutica, nessuno pensa che eravamo ammalati e la vacanza ci ha guarito. Però in linea di massima questo utilizzo esteso della parola terapia a me convince il giusto. Per questa via ogni cosa piacevole e benevola diventa terapeutica.

Comunque, al di là delle definizioni, che sono importanti perché altrimenti non capiamo di cosa stiamo parlando, io sono d'accordissimo con il fatto che la pratica della scrittura possa avere un impatto positivo sul nostro benessere. È una cosa che ho sperimentato su di me così tante volte da essere ormai una delle poche certezze che mi sono rimaste nella vita ;)

Certo il fatto che qualcosa faccia bene a me, non significa che faccia bene a tutti, ma questo potere benefico della scrittura ha anche una base scientifica. James Pennebaker, professore di psicologia all'Università del Texas, ha dedicato molti anni di ricerca proprio a indagare gli effetti della scrittura di sè sul benessere, e ha messo a punto una pratica di scrittura espressiva che è risultata particolarmente efficace per le persone che avevano bisogno di elaborare un trauma o comunque un vissuto doloroso.

I benefici della scrittura

Trovo carino che il prof. Pennebaker abbia deciso di orientare in quella direzione la sua attività di ricerca perché lui per primo aveva sperimentato i benefici della scrittura in una situazione di difficoltà personale (stava quasi per separarsi dalla moglie e scrivere l'ha aiutato a capire cosa voleva veramente).

Quando decidiamo di mettere le nostre storie per iscritto stiamo di fatto traducendo i nostri pensieri in parole e buona parte degli effetti benefici di questa pratica dipende proprio da questo: dal pensiero che attraverso il linguaggio viene organizzato e meglio compreso.

Secondo gli studi di Pennebaker, il primo beneficio della scrittura lo vediamo nella elaborazione dei traumi.

Non c'è bisogno di parlare con altri per raccontare le nostre storie non dette. Ciò nondimeno, i nostri pensieri e sentimenti non detti dovrebbero in qualche modo essere verbalizzati. Che si parli davanti a un registratore o si scriva su un taccuino, tradurre i nostri pensieri in linguaggio è psicologicamente e fisicamente benefico. Quando una persona scrive sulle sue esperienze sconvolgenti comincia a organizzarle e comprenderle. Scrivere i pensieri e i sentimenti connessi ai traumi, quindi, costringe a integrare le varie sfaccettature di circostanze straordinariamente complicate. Quando riusciamo a distillare le esperienze complesse in blocchi più comprensibili, cominciamo a superare il trauma.
La scrittura quindi organizza i traumi. E che dire delle altre esperienze complesse non traumatiche?

Pennebaker individua quindi altri benefici della scrittura sempre collegati alla funzione di organizzazione dei nostri pensieri. Vediamo quali sono:

Scrivere libera la mente. Se dobbiamo affrontare un compito complesso, può essere utile provare, prima di cominciare, a mettere per iscritto i nostri pensieri e stati d'animo. Scaricare sulla carta quello che abbiamo in testa è un modo per liberare spazio mentale, come ha ben spiegato anche Annie Murphy Paul nel suo libro dedicato alla mente estesa. Poi, volendo, possiamo anche strappare il foglio e buttarlo via, come espediente simbolico per rafforzare l'idea che vogliamo fare spazio.

Scrivere aiuta ad acquisire e ricordare nuove informazioni. Quando ascoltiamo una lezione cosa facciamo? Spesso prendiamo appunti. Il valore di quegli appunti non sta tanto nel fatto che poi li andremo a rileggere, ma è il fatto stesso di prendere appunti che ci aiuta a fissare i concetti nuovi. Nel momento in cui scriviamo già stiamo elaborando e organizzando la nuova conoscenza.

Scrivere favorisce la soluzione di problemi. Scrivere liberamente tutto quello che ci viene in mente riguardo un problema che ci riguarda può aiutarci a trovare delle soluzioni. Perché intanto scrivendo ci concentriamo sul problema in questione molto di più che pensandoci e basta. Poi perché la scrittura procede più lentamente del pensiero e quindi ci costringe a rallentare e a ponderare meglio ogni idea. E infine perché la scrittura è più lineare del pensiero, ci induce a scrivere ogni pensiero per intero prima di passare ad altro, e questo accresce le nostre capacità analitiche.

Scrivere liberamente ci aiuta se dobbiamo scrivere per forza. Ogni tanto può capitare a tutti di dovere scrivere. In gran parte dei lavori odierni si scrive (relazioni, report, corrispondenza), e anche fuori dal lavoro ci possiamo ritrovare a dovere scrivere una e-mail per chiedere informazioni, o una raccomandata per disdire un contratto o cose del genere. La scrittura formale può essere una vera seccatura, un modo per affrontarla è buttarsi a scrivere liberamente prima di affrontare il compito. Per esempio: prova a scrivere come diresti a voce, e poi solo dopo avere buttato giù questo canovaccio correggi e rendi quello che hai scritto formalmente corretto e appropriato, ti verrà molto più facile.

Già con questo primo elenco siamo andati ben lontani dall'idea di scrittura come terapia. Gli ambiti in cui scrivere si rivela utile, benefico e, oserei dire, necessario, sono molti.

C'è anche il rovescio della medaglia però. Pennebaker nel suo testo dice di fare attenzione ad alcuni campanelli di allarme che potrebbero segnalare che la nostra pratica di scrittura ci sta portando fuori strada. Li approfondirò in un articolo successivo, perché per adesso mi preme fare un altro pezzetto di ragionamento.

Scrittura privata, terapeutica, creativa, professionale, narrativa...

Normalmente le forme di scrittura privata, personali, intime, dai diari, agli esercizi di scrittura espressiva, dalle lettere alle memorie, vengono considerate come un mondo a parte rispetto a quella che viene chiamata scrittura creativa, in particolare rispetto alla narrativa.

Anzi, a volere essere ancora più precisi, si possono individuare tre mondi della scrittura.

  1. La scrittura tecnica e professionale: tutta la scrittura tecnica, i manuali, le lettere commerciali, la scrittura istituzione, quella aziendale, le tesi di laurea
  2. La scrittura creativa: la narrativa, ma anche la poesia, tutte quelle forme di scrittura in cui l'immaginazione e la creatività giocano un ruolo fondamentale (il che può comprendere anche autobiografie o altre forme non-fiction: usare l'immaginazione non significa strettamente inventare storie di fantasia)
  3. La scrittura privata: tutte quelle forme di scrittura che non sono dirette a un pubblico (e la scrittura terapeutica cadrebbe appunto in questo gruppo).

Ma a ben pensarci esistono davvero dei confini così netti tra questi tre mondi? Certo tra l'incipit di un bel romanzo, una pagina di diario e un manuale di diritto esistono delle differenze abissali. Ma queste forme di scrittura si contaminano comunque a vicenda in molti modi. Negli ultimi anni, per esempio, le aziende e le istituzioni hanno capito che per comunicare in modo coinvolgente devono raccontare storie, e pescano a piene mani dalla scrittura creativa. Una mail di lavoro, un atto amministrativo, un saggio accademico, contengono sempre, in misura variabile, almeno un pizzico di narrativa. E ancora nelle nostre scritture private, anche se stiamo scrivendo solo per i nostri occhi, in qualche modo, in modo forse inconsapevole, stiamo comunque compiendo un atto comunicativo, c'è sempre l'idea di rivolgersi a qualcuno che forse un giorno leggerà, anche se fosse solo il nostro io futuro. E infine, e questo è il punto a cui volevo arrivare, la scrittura creativa può essere tanto terapeutica quanto quella praticata con espliciti obiettivi di benessere.

Ci sono molti modi diversi con cui ci possiamo approcciare allo scrivere, e vanno più o meno tutti bene. Gli unici che bandirei sono quelli superficiali e sciatti di chi scrive la prima cosa che gli salta in mente pensando di avere prodotto un capolavoro letterario. Ma ecco, mettendo da parte casi come questo, quando provi a scrivere con serietà secondo me ti accorgi che anche quando stai inventando, anche quando la storia non è la tua e i personaggi che si muovono sulla scena li hai costruiti a tavolino, in fondo, sotto sotto, stai sempre un po' parlando di te.

Parli delle tue ossessioni, di quello che ti spaventa e di quello che desideri, di quello che osservi attorno a te; parli di quello che hai studiato e che ti ha colpito, di quello che credi giusto o sbagliato, di come vorresti che andassero le cose o di come vorresti essere in un'altra vita. Anche se scrivi un romanzo di fantascienza ambientato in un altro pianeta tra tremila anni per farlo stai comunque attingendo al tuo immaginario, che si è formato a partire dalla tua esperienza, dalla tua vita.

E anzi ho il sospetto che qualche volta, proprio perché credi di essere molto lontano dalla trama autobiografica, è proprio nella fiction che possono saltare fuori certe parti di te un po' sepolte, che forse non hanno avuto occasione di manifestarsi e che magari possono trovare la loro strada per esprimersi in una storia altra, diversa, lontana. E arrivare perfino a sorprenderti.

È per questo che io credo che la scrittura sia quasi sempre almeno un po' terapeutica; non solo quando scriviamo di noi stessi e cerchiamo in modo più o meno diretto di elaborare le nostre emozioni e le nostre esperienze, ma anche quando lasciamo perdere l'ancoraggio con la realtà e ci avventuriamo in territori sconosciuti.

Scrittura, terapia e attacchi di panico

Quando ho avuto i miei primi attacchi di panico era l'estate del 1991, una vita fa. Dopo i primi mesi di totale disorientamento, quando tornai a riprendere la mia vita normale - che normale ormai non era più perché era di continuo accompagnata da malessere e paura - cominciai a scrivere tutti i giorni. Non scrivevo diari, nè parlavo di quello che mi era successo. Probabilmente in quel momento non avevo ancora le parole per raccontarlo. Scrivevo raccontini brevi, a volte con un sottofondo di sarcasmo, a volte più seri; erano piccoli episodi di vita in città. A volte mi riguardavano direttamente, a volte raccontavo di persone che avevo incontrato e inventavo storie sul loro conto. Scrivere mi aiutò a guarire, anche se, appunto, non si trattava di una scrittura di tipo introspettivo. Non so di preciso perché. Posso provare a fare delle ipotesi. Intanto avevo qualcosa a cui pensare, e questo mi distraeva dalle sensazioni di paura e di incertezza.  Poi era un'attività gratificante, era bello vedere che riuscivo a creare dal nulla quelle piccole storie. Avevo qualcosa da dare in pasto ai miei lati più ossessivi: correggere venti volte lo stesso racconto era più produttivo e meno dannoso per la mia salute mentale rispetto al rimuginare gli stessi pensieri tutto il giorno.

La conclusione di questa lunga (e forse inutile) riflessione sulla scrittura qual è? Che scrivere, secondo me, fa (quasi) sempre bene, e che chiunque senta l'attrazione per la scrittura farebbe bene a praticarla in una qualche forma. Che sia un diario, degli appunti di viaggio, brevi storielle di vita personale, una biografia, un racconto di fantasia, delle memorie, una favola per bambini, un romanzo... certo sono tutte cose diverse e alcune più difficili di altre, ma sotto sotto scrivere funziona sempre nello stesso modo, mettendo una parola dopo l'altra.

Scrivere è un processo e in questo processo accadono magie. Poi è vero che quello che si scrive per scopi strettamente personali nella stragrande maggioranza dei casi ha bisogno di essere rielaborato prima di diventare un prodotto capace di comunicare in modo efficace con un lettore. E che per questo serve molto lavoro, tecnica, comprensione delle strutture narrative (e forse anche un pochino di talento per farlo funzionare). Ma questi ragionamenti vengono dopo e una cosa non esclude l'altra.

Quindi, alla fine, se ti piace farlo: scrivi. Facilmente ne caverai fuori qualcosa di buono per te stessa (o per te stesso), e forse anche per altri

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