La vita comincia dove finisce la tua zona di comfort.
Una classica citazione del mondo della crescita personale che forse avrai letto almeno una volta.
A dirlo è stato Neale Donald Walsch, una sorta di guru spirituale, autore di una fortunata serie di libri dal titolo Conversazioni con Dio. Non è esattamente uno di quei personaggi che io tendo a considerare attendibili, ma possiamo dire che questa frase l'ha azzeccata alla grande ;)
Un modo efficace per dire che se vogliamo apprendere, migliorare, e raggiungere degli obiettivi, dobbiamo necessariamente spingerci fuori dai nostri abituali confini e sopportare il disagio che ne consegue. Se invece stiamo sempre lì nel nostro, a fare le cose che ci riescono meglio, magari ci sentiamo sempre rilassati e a nostro agio, ma poi il rischio è di non fare passi avanti.
Uscire dalla zona di comfort significa proprio questo: mettersi alla prova in situazioni che non conosciamo alla perfezione, che rappresentano una sfida, che non ci fanno stare del tutto tranquilli. Solo così si impara e si migliora.
Comfort zone
L'origine dell'espressione comfort zone non è molto chiara. Si tratta di un modo di dire abbastanza comune nella lingua inglese. Potrebbe essere stato utilizzato la prima volta per indicare quell'intervallo di temperatura - che è compreso tra i 19 e i 26 gradi - in cui generalmente le persone stanno bene, senza sentire né freddo né caldo.
La definizione di comfort zone su Wikipedia è questa:
una condizione mentale nella quale una persona prova un senso di familiarità, si sente a suo agio e nel pieno controllo della situazione, senza sperimentare alcuna forma di stress e ansia.
Insomma, tipicamente quando siamo seduti sul divano di casa a guardare la nostra serie Tv preferita ;)
Ma anche se siamo in ufficio a svolgere del lavoro di routine. O se stiamo facendo la spesa al supermercato sotto casa.
Ora la domanda è: perché una persona dovrebbe desiderare di uscire dalla sua zona di comfort? Non stiamo forse bene facendo cose che ci mettono a nostro agio, senza stress, senza fretta, senza paura? Da un certo punto di vista senza dubbio si. Abbiamo bisogno di essere in quella zona per poterci rilassare e sentirci protetti e al sicuro.
Il problema però è che mantenersi sempre entro i confini della nostra zona di comfort non è molto salutare se cominciamo a ragionare in termini di prestazioni, produttività e obiettivi da raggiungere.
Comfort zone e stress
Il motivo per cui abbiamo bisogno di uscire dalla nostra zona di comfort è che finché restiamo lì le nostre prestazioni sono piatte. Non c'è curva di apprendimento, non c'è miglioramento.
Ricordi l'articolo sul talento e sulla pratica deliberata? Anders Ericsson studiando un gruppo di violinisti del Conservatorio di Berlino, aveva capito che ciò che distingueva un bravo violinista da uno eccellente era la quantità di pratica deliberata. Non una pratica qualunque, ma un esercizio intenso, svolto per lo più in solitudine e diretto in modo intenzionale a superare i propri limiti e punti deboli.
In altre parole, ad avere più successo erano i violinisti disposti a uscire dalla propria zona di comfort musicale, spingendosi ogni giorno un po' oltre.
Spingersi oltre l'ambito in cui ci sentiamo sicuri e a nostro agio comporta sempre affrontare un po' di fatica, insicurezza, stress.
Lo stress è la risposta del nostro organismo quando si sente messo sotto pressione da qualcosa. È una risposta a-specifica che si attiva ogni volta che per un motivo o per l'altro abbiamo la sensazione di dovere fare appello a tutte le nostre facoltà fisiche e mentali per cavarcela in una qualche situazione... che sia scappare da una tigre affamata o superare l'esame per la patente di guida.
Alasdair White, esperto di management e autore dell'articolo From Comfort Zone to Performance Management, sottolinea il legame tra lo stress e la qualità delle prestazioni.
Quando siamo nella zona di comfort, siamo molto tranquilli e rilassati ma ci manca quello stimolo necessario a dare il meglio di noi stessi.
Se qualcosa ci pungola - una scadenza sul lavoro, una motivazione molto forte, un esame da superare, una meta da raggiungere, una minaccia da cui difenderci - ci troviamo spinti fuori dalla zona di comfort. Sperimentiamo in una certa misura stress, ansia, incertezza. Siamo particolarmente vigili e attenti. Questa è la zona ottimale di apprendimento, quella in cui siamo capaci di imparare cose nuove, di migliorare, di superare i nostri limiti.
Lo stress in questo caso è funzionale a rendere ottimali le nostre prestazioni. È la situazione in cui si trova lo studente preparato prima di un esame, o l'atleta prima di una gara. Lucido, concentrato, teso verso l'obiettivo.
Però se lo stress e il disagio superano il livello ottimale allora la situazione si ribalta: troppa insicurezza, troppa ansia portano a una situazione di panico in cui non si può più funzionare bene. Se l'ansia e la paura prendono il sopravvento, le nostre prestazioni calano. Sperimentiamo confusione, difficoltà di concentrazione, andiamo nel pallone.
Allargare la comfort zone
Cosa succede quando ci spingiamo fuori dalla zona di comfort e raggiungiamo la zona ottimale di apprendimento?
Le nostre prestazioni migliorano, può esserci un picco nel quale apprendiamo una nuova abilità, superiamo uno scoglio.
Poi ci abituiamo nuovamente. Abbiamo superato un limite. Ci siamo portati al livello successivo che a quel punto diventa parte della nostra zona di comfort.
È un po' come guidare l'auto. Se sei con la tua macchina, quella che guidi da anni, ti senti sicuro e vai senza nemmeno pensarci. Se cambi auto - almeno a me succede così - c'è una fase in cui ti senti un po' a disagio. Non conosci bene le misure della macchina nuova, non sai come risponde ai comandi.
Dopo un po' che la guidi però ti diventa familiare e torni a sentirti comodo e rilassato. La tua zona di comfort si è allargata e adesso comprende la guida della tua nuova auto.
La cosa interessante è proprio questa: che la zona di comfort si può espandere. Quello che oggi ci mette a disagio, ci fa sentire insicuri e sotto stress, domani potrà farci sentire assolutamente tranquilli e padroni della situazione.
Per arrivarci però dobbiamo avere abbandonato la nostra comfort zone e accettare il disagio che questo comporta. Se non passiamo di qui, se cerchiamo di evitare sempre il disagio e l'insicurezza restiamo inchiodati dove siamo.
Un altro punto di vista
Brené Brown, la meravigliosa autrice del libro I doni dell'imperfezione, in una intervista al New York Times ha dato questa definizione di comfort zone:
Dove insicurezza, scarsità e vulnerabilità sono al minimo livello. Dove crediamo di potere avere accesso a una quantità sufficiente di amore, cibo, talento, tempo, ammirazione. Dove sentiamo di potere esercitare un certo controllo.
Brené Brown dice che nelle situazioni di instabilità sociale, politica ed economica, la nostra comfort zone si restringe.
In queste situazioni abbiamo paura, ci sentiamo vulnerabili e spesso per evitare queste emozioni sgradevoli ci chiudiamo ancora di più dentro i nostri confini.
Ma questo non fa altro che peggiorare la situazione. Restringiamo i nostri confini proprio nelle situazioni in cui al contrario ci sarebbe bisogno di espanderli.
Proprio in tempi di crisi e di trasformazioni sociali abbiamo bisogno di inventarci qualcosa: uscire dai percorsi standard, che non offrono più le sicurezze di una volta, e aprirci a nuove possibilità da sperimentare accettando la paura che questa instabilità ci procura.
È meglio il diavolo che conosci
Nella lingua inglese c'è un'espressione che mi piace molto: better the devil you know - è meglio il diavolo che conosci.
Significa che certe volte preferiamo restare in una situazione negativa che però conosciamo molto bene piuttosto che rischiare di affrontare l'incertezza del cambiamento.
Questa è la trappola della zona di comfort. Non è detto infatti che nella nostra zona di comfort ci stiamo davvero bene. Qualche volta ci stiamo male, ma siamo per così dire a nostro agio nel disagio semplicemente perché ormai ci siamo abituati, ci è familiare, non ci richiede sforzi aggiuntivi.
Un esempio che mi viene in mente al riguardo è ritrovarsi a fare un lavoro che non ci piace e non fare niente per cercare di cambiare. Per paura, per insicurezza, perché mancano il coraggio e le energie per affrontare il cambiamento. Lo stesso può succedere nei rapporti di coppia, o nelle amicizie, quando si preferisce essere scontenti piuttosto che soli.
Può succedere di abituarsi a sentirsi in ansia, preoccupati, depressi al punto che questo modo di sentire diventa la nostra comfort zone. Si può arrivare ad avere paura di provare gioia perché non ci siamo abituati, non ci troviamo a nostro agio con i sentimenti positivi, ci fanno sentire strani, ci disorientano.
Ci sono persone che sembrano più felici nell'infelicità, che hanno sempre bisogno di lamentarsi o di preoccuparsi di qualcosa: questa è la loro zona di comfort.
6 insegnamenti per concludere
Questo concetto di zona di comfort è interessante perché ha diversi livelli di interpretazione.
Volendo riassumere per punti gli insegnamenti che possiamo trarre da questo articolo, io direi questo.
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Per crescere, migliorare, imparare, raggiungere un obiettivo dobbiamo per forza uscire dalla nostra zona di comfort. La pretesa di muoverci sempre sopra un terreno stabile e ben battuto non ci porta lontano.
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Per uscire dalla zona di comfort è necessario accettare e fronteggiare il disagio. Dobbiamo stare scomodi, fare fatica, sperimentare un po' di insicurezza e di ansia per potere passare al livello successivo. Su questo punto direi che è utile un bel ripasso dell'articolo sull'arte del cambiamento secondo Leo Babauta.
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Se siamo disposti ad accettare il disagio e ci collochiamo all'interno della zona ottimale di apprendimento ci troveremo a migliorare le nostre capacità. Una volta ottenuto il miglioramento, l'ansia scomparirà, saremo nuovamente a nostro agio: abbiamo così allargato la nostra zona di comfort. Quello che ieri ci faceva sentire incerti e un po' spaventati, oggi diventa normale e familiare. Ogni tanto è bello guardarsi indietro a ricordare tutte le cose che siamo riusciti a imparare e gli ostacoli che abbiamo superato.
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A volte possiamo sentirci nella nostra comfort zone con situazioni (o sentimenti) che ci fanno soffrire. Possiamo restare bloccati in situazioni che non ci piacciono solo perché ci sono familiari. Possiamo essere così abituati a provare preoccupazione o tristezza da sentirci a disagio con le emozioni positive. In tutti questi casi la zona di comfort si trasforma in una vera e propria gabbia. Ci tiene inchiodati lì, perché non troviamo il coraggio di affrontare l'insicurezza e l'ignoto.
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Uscire dalla comfort zone è in gran parte dei casi positivo: possiamo apprendere nuove abilità, nuove abitudini, migliorare le nostre prestazioni, trovare il coraggio di cambiare una situazione che in realtà non vogliamo. Occhio però che non dobbiamo sempre per forza spingere per superare i nostri limiti. Abbiamo bisogno anche di stare nell'agio, di sentirci al sicuro e protetti. Quindi sì: usciamo dalla zona di comfort, ma ricordiamoci che non dobbiamo essere sempre produttivi o tesi a imparare nuove cose. Ogni tanto abbiamo bisogno di tornare a casa.
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Agire fuori dalla nostra zona di comfort significa affrontare una certa dose di stress e ansia. Se questa aumenta oltre un certo livello, ci troviamo spinti ancora più in là, oltre la zona di apprendimento ottimale, in quella che Alasdair White ha definito panic zone. L'eccesso di stress o di pressione ci manda nel pallone. Qui non c'è apprendimento o miglioramento, c'è solo ansia e agitazione. È chiaro che si tratta di limiti del tutto soggettivi, diversi per ognuno di noi. Quindi dobbiamo imparare a capire di volta in volta dove sta il limite oltre il quale andiamo inutilmente nel pallone. E fare un passo indietro se siamo andati troppo oltre.
Spero che questo viaggetto attorno al concetto di comfort zone sia stato interessante. Se ti va raccontami una tua esperienza: in quali situazioni sei uscito dalla tua comfort zone? E cosa hai imparato?