Ama il tuo smartphone come te stesso è il titolo dell'ultimo libro di Paolo Subioli, fondatore del sito Zen in the city. Il tema è quello della digital mindfulness: come gestire con consapevolezza il nostro rapporto con smartphone, tablet e computer. Abbiamo un mondo intero a portata di mano nella tasca dei jeans. Prendiamocene cura e impariamo a utilizzarlo in modo consapevole.
Qualche anno fa ha cominciato a circolare sui social una fotografia scattata all'interno del Rijksmuseum di Amsterdam.
La foto ritrae un gruppo di giovanissimi seduti sui divanetti davanti a un famoso quadro di Rembrandt: "La ronda di notte". I ragazzi però ignorano l'enorme quadro alle loro spalle e sono tutti concentrati nell'osservare il loro smartphone.
Questa immagine è diventata virale, è stata condivisa e ricondivisa sui social network, suscitando una marea di commenti indignati. Insomma, queste nuove generazioni che vivono attaccate al telefonino ignorando la magnificenza delle opere d'arte, signora mia, dove andremo a finire?
Poi però è venuto fuori che forse questa immagine non è quello che sembra. I ragazzi della foto stanno utilizzando, dietro precisa indicazione della loro insegnante, un'App per smartphone messa a disposizione dallo stesso Rijksmuseum. Qualcosa che sostituisce la classica audio-guida alla quale siamo forse più abituati. Lo smartphone non era una distrazione, ma un supporto alla loro visita.
Questa vicenda ci insegna molte cose sulle nuove tecnologie, sul nostro modo di usarle e di pensarci in rapporto a loro.
Intanto ci insegna che tenere in mano uno smartphone, in sé per sé non significa niente. Dentro questi simpatici oggettini che ci portiamo continuamente dietro c'è, letteralmente, il mondo. Una persona china sul suo smartphone può stare facendo qualsiasi cosa, dal perdere tempo, al farsi una cultura, dall'insultare qualcuno al coltivare relazioni importanti, dal leggere un libro al ridacchiare per l'ultimo video scemo in circolazione.
Poi ancora ci insegna che questa tecnologia, ormai così diffusa, sta cambiando il nostro modo di fruire della realtà che ci circonda. Molte delle nostre esperienze - in questo caso una visita al museo - vengono mediate e modificate dall'utilizzo di uno smartphone.
E infine ci insegna anche quanto siamo vulnerabili e poco preparati. Ci passa davanti un'immagine, e subito siamo portati a saltare alle conclusioni. Purtroppo siamo molto più manipolabili di quel che ci piace credere. Una immagine e una frase a effetto ed ecco che abbiamo preso fischi per fiaschi.
Insomma questa tecnologia è potente, è pervasiva, è importante, sta cambiando il nostro modo di vivere, di ragionare, di rapportarci agli altri.
Ma abbiamo gli strumenti giusti per utilizzarla senza che sia lei a usare noi?
Digital mindfulness
Paolo Subioli, nel suo libro Ama il tuo smartphone come te stesso, ci propone un approccio mindful al mondo digitale.
Sappiamo che tutta questa tecnologia ci sta cambiando in molti modi.
Ci parliamo meno al telefono, mentre usiamo molto più i messaggi a-sincroni. Se non siamo sicuri della strada da prendere non cerchiamo più di orientarci, ma ricorriamo al Gps. In treno o in autobus non guardiamo più fuori dal finestrino ma lo schermo del telefono. Se non ricordiamo qualcosa, c'è Google pronto a rispondere alle nostre domande. Se vogliamo sapere se un vecchio amico sta bene lo cerchiamo su Facebook.
Qualcuno pensa che tutto questo sia un bene, qualcun altro che sia un male. C'è chi mette in evidenza i vantaggi, chi gli svantaggi. Ma se ci fermiamo qui, alla dialettica tra bene e male, rischiamo di restare impantanati in una discussione che non ci porta da nessuna parte. Molto meglio prendere atto di questa realtà, per come è, e cercare di farne un utilizzo consapevole.
Questa è in sintesi la digital mindfulness proposta da Paolo Subioli: cerchiamo di capire cosa ci succede quando usiamo tanto smartphone, tablet e computer, e vediamo come possiamo imparare a gestire il nostro rapporto con questi dispositivi, per farne un uso utile e fecondo.
Vediamo un paio di esempi tratti dal libro.
Tornare a casa (con il respiro)
Quando siamo persi a fare ricerche su internet, a scorrere la timeline di Facebook, a chattare su WhatsApp, inevitabilmente la nostra mente si allontana dalla realtà del momento. La nostra attenzione non è più qui e ora, ma vaga altrove.
Non sono solo i dispositivi digitali a fare questo. Anche leggere un libro o guardare un film producono lo stesso effetto: trasportano la nostra mente altrove. La differenza è che l'utilizzo dello smartphone finisce con il permeare ogni momento della nostra vita, non resta confinato a un utilizzo occasionale e limitato nel tempo come può essere la lettura o la visione di un film.
Così ci troviamo sempre più spesso a vivere con la mente sintonizzata in un altrove virtuale: ci lasciamo assorbire completamente da un videogioco al punto da perdere la cognizione del tempo che passa e il contatto con il nostro corpo; lasciamo languire una conversazione con la persona che ci sta davanti per rispondere ai messaggi di persone che non sono con noi in quel momento, guidiamo così concentrati sul navigatore che perdiamo il contatto con la strada che stiamo percorrendo e al termine del viaggio non la ricordiamo nemmeno più.
Anche nel comunicare con gli altri ci affidiamo sempre di più a una realtà disincarnata. Le relazioni con le altre persone attraverso i social network o le chat sono più facili, ci richiedono meno dal punto di vista emotivo, non necessitano del corpo, dello sguardo, della presenza totale ed esclusiva.
Possiamo cercare di rimediare a questa continua distrazione, a questo ritrovarci sempre altrove, semplicemente ricordandoci di riportare la nostra attenzione al momento presente.
Il modo più semplice per farlo è attraverso il respiro consapevole. Ricordiamoci di tanto in tanto, durante la nostra giornata, di interrompere quello che stiamo facendo e osservare per qualche momento il nostro respiro.
Quando ci fermiamo respirare, dice Paolo Subioli, per prima cosa torniamo in contatto con la morbidezza del nostro corpo, dopo una prolungata frequentazione con i freddi dispositivi elettronici. E poi, sempre con il respiro, possiamo tornare fisicamente ed emotivamente nel momento presente per ricordarci cosa stiamo facendo e perché. Così facendo possiamo anche verificare se stiamo rispettando le nostre priorità o se l'abitudine e la compulsione non ci stanno allontanando dagli obiettivi che ci eravamo dati.
Se le nostre giornate sono troppo caotiche, e se abbiamo la tendenza a riempire ogni istante di vuoto con il nostro telefono, allora potrebbe essere utile installare proprio un'App che ci ricordi di tanto in tanto che dobbiamo fermarci. Ce ne è un'ampia scelta qui: mindfulness software.
Attento a quello che mangi
L'idea di dieta mediatica non è nuova. Si dice cioè che sarebbe bene darsi un limite di tempo per stare sui social network e che di tanto in tanto faremo bene a scollegarci del tutto per qualche giorno, o anche di più.
Il paragone con l'alimentazione non è casuale. Per nutrire in modo adeguato il nostro corpo, affinché si mantenga il più a lungo possibile sano e robusto, dobbiamo prestare attenzione alla quantità e alla qualità di quello che mangiamo. Pasti ben equilibrati, varietà, molta frutta e verdura, stagionalità, poco sale, poco zucchero.
Lo stesso possiamo pensare della nostra mente: anche questa viene nutrita.
Mangiare cibo insalubre deteriora il nostro corpo e ci provoca malessere, mentre il cibo sano contribuisce in maniera determinante al suo benessere. Lo stesso avviene per la mente, che sin dal momento della nascita viene nutrita con tutti gli stimoli che provengono dall'ambiente. La formazione della personalità e delle facoltà intellettuali dipende dagli stimoli sensoriali a cui la mente è stata esposta nei primi anni di vita. Ma poi, proseguendo nello sviluppo e anche per tutta l'età adulta, ogni parola vista e ascoltata, ogni immagine o suono con cui entriamo in contatto alimentano la nostra mente, rendendola più saggia o più stolta, più calma o più agitata, più profonda o più superficiale, e così via.
Tutto quello con cui veniamo a contatto nel nostro ambiente nutre la mente, e i media digitali sono diventati una parte sempre più importante della nostra dieta per la mente.
Se passiamo due ore a scorrere Facebook, guardando video di gattini, leggendo commenti indignati sull'ultima polemica virale e pigiando distrattamente like e cuoricini a casaccio, non stiamo semplicemente perdendo tempo, stiamo anche dando in pasto alla nostra mente quella roba lì...
Perdere tempo, rilassarsi, creare dei momenti di vuoto nella nostra giornata è pienamente legittimo. Io personalmente non sono a favore di una produttività continua. Il punto però è che occupare le nostre pause consumando in modo indiscriminato tutto quello che passa sui social o sulla chat WhattsApp delle mamme significa nella maggior parte dei casi esporci a contenuti che non sono davvero salubri e nutrienti per la nostra mente. E infatti difficilmente una pausa di mezz'ora passata su Facebook ha davvero un potere rigenerante. Delle due è più probabile che ci lasci frastornati e preda di sentimenti contrastanti.
Quindi dieta mediatica assume qui un significato più completo: non solo attenzione a quanto consumiamo, ma anche attenzione alla qualità delle informazioni, delle notizie, delle immagini e delle parole a cui decidiamo di esporre la nostra mente.
Dobbiamo assolutamente occuparci di questo cibo mentale che ingeriamo di continuo, sia a livello individuale che collettivo, negli stessi termini che adoperiamo per il cibo materiale che mangiamo attraverso la bocca, ovvero chiedendoci cosa stiamo mangiando, ma anche quanto stiamo mangiando, perché sia la qualità che la quantità di cibo influiscono sul nostro benessere.
E come possiamo stare attenti alla qualità?
Per esempio selezionando le nostre fonti, evitando di leggere articoli spazzatura, seguendo su Facebook e gli altri social solo contatti che condividono contenuti di buona qualità, limitando il numero di chat e di gruppi a cui partecipare, senza farci dominare dalla paura di essere tagliati fuori (quella che in inglese chiamano Fomo: Fear of Missing Out).
E inoltre non dimentichiamo che non siamo solo fruitori passivi di notizie e contenuti, ma che possiamo dare anche noi il nostro contributo a mantenere alta la qualità di quello che circola tra le nostre cerchie.
Praticare la religione della gentilezza su Facebook è una delle azioni socialmente più incisive che possiamo fare in questo nostro tempo. Essere gentili significa anche ringraziare chi ha pubblicato qualcosa di bello o di utile per noi. Ogni commento che aggiungiamo a un contenuto positivo, ogni like, ogni condivisione, rendono quel contenuto più rilevante agli occhi meccanici del social network, i cui algoritmi di calcolo lo considereranno più degno di essere reso visibile a un pubblico ampio.
Questo andrebbe ribadito sempre, perché non tutti credo abbiano capito come funziona. Ogni volta che davanti a un contenuto che non ci piace lasciamo un commento di protesta, l'emoticon arrabbiata o addirittura lo condividiamo per rimarcare il nostro sdegno... in realtà non stiamo facendo altro che dare ancora più importanza e visibilità a quel contenuto. L'algoritmo non distingue tra reazioni positive e reazioni negative, ma si limita a considerare interessante i contenuti che ottengono maggiori interazioni.
Educazione digitale
Ama il tuo smartphone come te stesso, ce lo dice lo stesso autore qui, non è un titolo ironico. È proprio un invito a considerare questo piccolo device in tutta la sua importanza.
Non ha senso domandarci se sia un bene o un male, una evoluzione o una involuzione. Non ha senso criminalizzarlo nè osannarlo.
Questi dispositivi ormai fanno parte della nostra vita. Amandoli, prendendoci cura di loro, non facciamo altro che accettarli come parte della nostra realtà. Significa prendere sul serio l'impatto che hanno sulle nostre vite, e quindi prestare loro la giusta attenzione, educando noi stessi e le nuove generazioni a utilizzarli con consapevolezza.
Anche a me sembra la direzione giusta da prendere ;)