Avere pensieri negativi e provare emozioni spiacevoli fa parte dell'esperienza umana.
La reazione più comune davanti a pensieri ed emozioni negative è il rifiuto.
Vogliamo stare bene e per questo fuggiamo da tutto ciò che ci procura malessere.
Diciamo quindi che dobbiamo imparare controllare le nostre emozioni, e che dobbiamo scacciare i pensieri negativi per sostituirli con quelli positivi. Sempre alla ricerca della ricetta magica capace di regalarci uno stato di perenne benessere e serenità.
Ma siamo sicuri che sia la strada giusta?
Non è che scappare dall'infelicità non fa altro che renderci ancora più infelici?
E se cominciassimo a fare tutto l'opposto? Se provassimo a fare spazio dentro di noi anche ai pensieri e alle emozioni negative? Ad accettarle per quello che sono, senza giudizio e senza paura?
Vediamo come e perché.
###La trappola della felicità
Russ Harris è uno psicoterapeuta australiano, autore del libro La trappola della felicità, dove spiega come siamo tutti condizionati da alcune convinzioni sbagliate su cosa sia la felicità. Consideriamo la felicità come assenza di pensieri negativi. Cerchiamo di evitare tutto quello che ci fa sentire a disagio. Ma sono proprio le strategie che mettiamo in atto per evitare la sofferenza, a farci soffrire ancora di più.
Secondo Harris siamo vittime di miti. Crediamo che la sofferenza psicologica sia "anormale" e che la maggioranza delle persone non la provi. E quindi se non siamo felici pensiamo di essere malati o difettosi.
Crediamo che per avere una vita migliore dobbiamo sbarazzarci di tutti i sentimenti negativi. E non riusciamo a renderci conto che le cose più importanti della vita generano una vasta gamma di emozioni e pensieri che sono sia positivi che negativi.
La strada che indica Harris per uscire da questa trappola si basa su un concetto chiave: accettazione.
Accetta i pensieri e le emozioni negative. Sono parte della vita. Non fare niente per cacciarle e per fuggire da esse. Spegni l'interruttore della lotta.
Una strategia in 5 passi
Ho letto questo libro in un momento in cui stavo cercando una strada per tenere a bada i miei demoni. Ci ho riflettuto e mi sono accorta che la tattica che utilizzo più spesso è l'evitamento. Allontanare i pensieri e le emozioni negative cercando di distrarsi. Evitare situazioni potenzialmente fonte di disagio. Sottrarsi alle piccole e grandi frustrazioni quotidiane ricercando stimoli di soddisfazione immediata.
Queste strategie di fuga non funzionano molto bene (almeno con me). Anzi spesso producono l'effetto contrario: vanno a rafforzare il disagio da cui cercavo di fuggire.
Per questo ho provato la strada opposta, quella dell'accettazione. E ho elaborato la mia strategia in 5 passi. Non sono precisamente quello che propone Harris nel suo libro (per questo puoi leggere la recensione). Sono una mia elaborazione di diverse idee che ho raccolto sull'argomento e che ho sperimentato direttamente.
1. Prestare attenzione
Abbiamo sempre a che fare con la nostra vocina interiore. Quella che chiacchiera di continuo e ci dice cosa è buono e cosa no, emette giudizi, ci mette in allerta, cerca di prevedere i futuro, rimugina sul passato. Insomma quel famoso dialogo interiore di cui si sente tanto parlare.
Non sempre siamo sintonizzati su quello che dice la nostra vocina. E meno male, perché quella parla di continuo - e dice anche fesserie - mentre noi cerchiamo di svolgere tutte le nostre brave attività della giornata. Alla fine si tratta di un sottofondo: voci, pensieri, ed emozioni che accompagnano le nostre giornate e che spesso percepiamo appena.
Quando questa voce ci sussurra cose negative - come idee di sconfitta, paure, preoccupazioni - giustamente cerchiamo di non ascoltarla. Un po' come quando cacciamo via distrattamente una mosca che svolazza attorno al nostro pranzo. Se dopo un paio di volte la mosca se ne va, possiamo continuare a mangiare e dopo un po' ci dimentichiamo di essere stati disturbati.
Ma se la mosca insiste? Se con i nostri gesti nervosi riusciamo solo ad allontanarla per un attimo, ma poi torna sempre alla carica? Ecco che viene il momento in cui dobbiamo per forza fermarci e prestare attenzione a cosa ci sta infastidendo.
Lo stesso con i pensieri e le emozioni negative: quando sono solo passeggere, le notiamo appena, e non ci sentiamo poi così disturbati se per cinque minuti ci siamo sentiti un po' giù di morale o preoccupati.
Ma quando la nostra voce interiore comincia a essere insistente nel raccontarci storie negative... be' la vita diventa un inferno.
È utile allora diventare più consapevoli del dialogo interiore. Non lasciarlo nell'ombra, appena sopra la soglia di coscienza, ma puntarci sopra un bel riflettore e dire: ok va bene, mi arrendo, cosa mi stai dicendo in questo momento?
Può essere spiacevole farlo. In fondo chi ha voglia di soffermarsi sui pensieri negativi e dolorosi?
Ma se hai provato a ignorarli non ha funzionato - perché più hai ignorato questi pensieri più loro sono tornati a tormentarti - allora cominciare a guardarli in faccia serenamente può essere il primo passo da fare.
2. Non identificarsi
Cosa sono i pensieri? E le emozioni a essi associati?
Sono sempre portatori di verità assolute? Rappresentano la tua identità?
Tu e la tua paura, per esempio, siete la stessa cosa?
E il fatto di avere paura, significa che davvero sta per succedere qualcosa di brutto?
E se pensi di avere fallito, tu sei il fallimento? Il tuo sentirti fallito è la realtà? O è una storia che ti stai raccontando?
Noi non siamo i nostri pensieri e le nostre emozioni. E questi non sempre ci raccontano la verità.
Lo dimostra il fatto che siamo in grado di osservare i pensieri. Se sei in grado di dire "ora sto pensando a una mela" significa che tu non sei il tuo pensiero. Che c'è un sè osservatore, capace di accorgersi che la tua mente ha prodotto un pensiero o che stai provando una certa emozione.
Questo osservatore può imparare ad avere un atteggiamento sempre più distaccato e non giudicante nei confronti di quello che osserva. Puoi dire a te stesso: ok, in questo momento sto pensando - per esempio - che la mia vita è orribile e che sono un fallimento in tutto quello che faccio.
Bene, questo è un pensiero. Va riconosciuto come tale. Non è necessario cercare di scacciarlo, perché è solo un pensiero e in quanto tale non può farci veramente del male. Non è necessario giudicarlo, e men che meno è necessario giudicare noi stessi per quel pensiero.
Basta osservarlo, e prenderlo per quel che è: un pensiero.
E non credere, per il solo fatto di averlo pensato, che sia vero.
3. Fare spazio
Questo è difficile.
Diciamo che hai fatto caso al tuo dialogo interiore e hai identificato un pensiero o una emozione negativa che in questo momento ti sta un po' avvelenando l'umore. Diciamo che impari a vederla per quello che è: un prodotto della tua mente. Non è la realtà e non è nemmeno qualcosa che descrive quello che sei.
Bene, ora ci scommetto che comunque quello che desideri è liberartene. Ma se ti affretti a cercare di scacciare quello che provi ricadi sempre nell'evitamento. E per qualche motivo che ancora non credo di avere ben compreso, evitare, respingere, scacciare i contenuti della nostra mente non fa altro che farli ritornare amplificati.
Allora facciamo l'esercizio contrario. Facciamo spazio dentro di noi per accogliere pensieri ed emozioni negative. Lasciamoli semplicemente liberi di essere, di esistere dentro di noi. La rabbia, la paura, l'insicurezza, sono cose negative? Ce ne dobbiamo liberare? Chi lo dice? Ora che li abbiamo riconosciuti dentro di noi (prestare attenzione), e abbiamo capito che non ci rappresentano (non identificarti e non giudicare), possiamo lasciare semplicemente che esistano. Sono prodotti della nostra mente e della nostra vita interiore. Ok, sono prodotti negativi, tossici, ti fanno soffrire, ma forse se esistono un motivo c'è, e forse, se non li giudichi e non ti affretti a liberartene scopri che sono anche un po' meno dolorosi di quanto ti sembrava.
Fare spazio però non significa esagerare le emozioni negative, lamentarsene, fare la vittima. Non significa neanche agire in modo reattivo e impulsivo. Se sono arrabbiata, per esempio, fare spazio alla mia rabbia significa accettare che esista, non partire in quarta ad aggredire verbalmente la persona che mi ha fatto arrabbiare! Le azioni si pongono su un piano diverso da quello di cui stiamo parlando qui.
4. Tutto scorre
È stata un'estate strana, non è vero? Pioggia, nuvole, vento.
Chi era al mare (almeno nel centro-nord) si è trovato ogni giorno a scrutare perplesso il cielo. Quando sei in vacanza e il tempo ti fa questi brutti scherzi non è proprio piacevole!
Eppure, a parte qualche giornata veramente molto brutta, le giornate nuvolose a tratti si aprivano e tornava il sole.
Anche i cattivi pensieri sono così. Pesanti, persistenti, cupi, come un cielo coperto. Ma poi, come nuvole, si spostano sospinti dal vento.
È importante riconoscere che i cattivi pensieri e le emozioni spiacevoli sono transitori. Ora ci sono, più tardi non ci saranno più. E anche se in qualche caso persistono, la loro intensità non è sempre la stessa, a volte è più forte, a volte più leggera.
5. Lasciare andare
Lasciare andare per me significa smettere di giudicare i miei pensieri e le mie emozioni.
Smettere cioè di decidere come dovrei sentirmi.
Mi sento come mi sento, e va bene così.
Intendiamoci: le emozioni negative non mi fanno stare bene. Ma se cominci a dire: "Odio sentirmi così!", "Non dovrei sentirmi in questo modo adesso!", "Non dovrei avere questi pensieri negativi!" non fai che aggiungere altra sofferenza.
Provi ansia, e poi rimproveri te stesso per avere provato ansia. Tutto questo ti fa sentire inadeguato. Ti preoccupi per le emozioni che provi. Forse ti senti in colpa. E ti giudichi perché questo tuo essere ansioso è qualcosa di sbagliato...
Così al pensiero iniziale si aggiungono altre emozioni e pensieri negativi: sensi di colpa, di inadeguatezza, preoccupazioni.
Tutto il seguito di emozioni e pensieri negativi si è generato nel momento in cui l'ansia iniziale non è stata accettata e riconosciuta per quello che era.
Lasciare andare significa invece abbandonare qualsiasi idea su come dovresti sentirti, su come è giusto sentirsi in ogni situazione e su quali pensieri siano adatti e adeguati.
L'illusione del controllo
C'è chi sostiene che il pensiero positivo sia la chiave per il benessere e per la crescita personale.
Quello che ho scritto in questo post sembra volere dire l'esatto contrario.
In verità non è proprio così. Il punto è che, secondo me, non si possono sostituire i pensieri negativi con quelli positivi con un puro atto di volontà, nè con l'allenamento.
La mente è indisciplinata, è abituata a vagare. Il dialogo interiore spesso è confuso, contraddittorio, un bla bla bla incontrollato. Abbiamo anche una parte inconscia che fa il lavoro suo e che spesso non siamo in grado nemmeno di vedere.
Pretendere di avere il controllo totale su tutto questo a me pare assurdo.
E soprattutto mi pare che le strategie di lotta, di evitamento e di distrazione nei confronti dei pensieri negativi alla lunga siano perdenti.
Mi sembra molto più saggio accettarli, lasciare che esistano dentro di noi, osservarli con un po' di sano distacco.
Tornare sempre alla consapevolezza del presente, accogliendo qualsiasi cosa esso ti porti, che siano pensieri brutti o pensieri belli. Tanto entrambi passano, il presente si trasforma di continuo, e sta a te sviluppare la capacità di accettarlo.
L'accettazione, penso io, è la strada per creare un terreno solido, capace di sostenere il cambiamento positivo.
Le persone che controllano la loro vita non hanno bisogno di controllare le loro emozioni. Russ Harris
(L'immagine è di Domiriel via Flickr)