Il cambiamento fa parte della nostra vita. A ben vedere, cambiamo di continuo. Ogni mattina ci svegliamo con una giornata in più alle spalle e quella giornata ci ha cambiati; magari in modo impercettibile, ma oggi non siamo esattamente la stessa persona di ieri.
A volte il cambiamento ci viene imposto dalle circostanze esterne. Il nostro corpo cambia con il passare degli anni, cambiano le persone attorno a noi, cambia la società. Altre volte siamo noi a volere cambiare, perché le cose così come stanno non ci soddisfano, perché vogliamo migliorare, perché abbiamo un problema e lo vogliamo risolvere.
Tutto questo accade di continuo, alle persone, così come alle organizzazioni, alle società, alle imprese. Il tema del cambiamento è universale, ci tocca tutti in un modo o nell'altro.
Eppure, quando ci troviamo nella situazione di volere (o di dovere) cambiare, tendiamo a fare sempre gli stessi errori.
Cerchiamo di fare affidamento sulle argomentazioni logiche e sulla forza di volontà, e poi ci scontriamo con il fatto che c'è evidentemente una parte di noi che se ne frega e ci riporta sempre al punto di partenza.
Ci poniamo obiettivi vaghi e poi ci stupiamo del fatto che non riusciamo mai a raggiungerli.
Sopravvalutiamo le nostre forze e sottovalutiamo l'importanza delle circostanze e dell'ambiente.
Insomma, davanti al cambiamento non siamo mai attrezzati nel modo giusto. E la cosa è frustrante. Forse dobbiamo capirci di più.
Non c'è una sola volontà
La prima cosa da capire sul tema del cambiamento è che dentro di noi non esiste una sola mente, una sola volontà. Non sempre c'è un io ben preciso che vuole una certa cosa, e prende decisioni e agisce di conseguenza. Non siamo macchine e i nostri comportamenti non sono quasi mai dettati dalla sola logica e razionalità.
Per metterla giù in modo semplice, possiamo dire che abbiamo tutti una parte emotiva e una parte razionale. La parte emotiva è quella più istintiva, governata principalmente dal desiderio di massimizzare il piacere e minimizzare il dolore. L'altra, la parte razionale, è quella che valuta e giudica, e che prende decisioni tenendo in considerazione anche il futuro. È capace di rinunciare a un piacere oggi, per averne un vantaggio domani.
Spesso noi tendiamo a identificare noi stessi con la sola parte razionale. Cerchiamo, a prezzo di grandi sforzi, di imbrigliare la nostra parte emotiva affinché se ne stia buona e obbedisca agli ordini della volontà.
Le difficoltà del cambiamento spesso si riducono a un braccio di ferro tra queste due dimensioni del nostro essere. Voglio smettere di fumare perché mi fa male, ma non ci riesco perché fumare mi piace. Voglio alzarmi la mattina presto per andare a correre, ma quando suona la sveglia il desiderio di restare nel tepore del letto è troppo forte. Voglio mangiare meglio, ma una fetta di torta al cioccolato dopo cena è una tentazione troppo forte e non sono capace di resistere.
Il punto è che di solito cerchiamo di cambiare facendo affidamento sulla sola nostra parte razionale, trattando quella istintiva come se fosse un ostacolo da neutralizzare. E da questa lotta usciamo spesso con le ossa rotte e con un bruciante senso di fallimento. Perché la nostra parte razionale non è così onnipotente come pensiamo, e perché la nostra parte emotiva ha molte più ragioni di quanto siamo disposti ad ammettere.
E quindi?
La Guida e l'Elefante
I fratelli Heat - Chip e Dan - sono autori di un ottimo libro sul tema del cambiamento che si chiama Switch. Come cambiare quando cambiare è difficile.
Secondo gli autori, la faccenda del cambiamento ce la possiamo rappresentare così. Dentro di noi c'è un grosso Elefante. Un pachiderma pigro, indolente, abitudinario, molto sensibile alle gratificazioni immediate. In groppa all'Elefante c'è una piccola Guida, che tiene le redini e cerca di governare l'Elefante. La Guida - la nostra parte razionale - cerca di portare l'Elefante dove dice lei, ma ci riesce solo fintanto che l'Elefante stesso è d'accordo. In caso di disaccordo non c'è storia: vince l'Elefante. È troppo forte per potere essere sottomesso al volere della Guida.
I cambiamenti falliscono quando la Guida non riesce a tenere l'elefante sulla strada abbastanza a lungo da giungere a destinazione.
L'elefante ha fame di gratificazioni immediate, e quindi decide di mandare al diavolo la dieta, l'allenamento, e quel romanzo che da anni volete scrivere. La Guida è in grado di pianificare, di capire che è meglio fare un sacrificio oggi in vista di una ricompensa domani, ma non sempre riesce a convincere l'Elefante a fare lo stesso.
L'Elefante e la Guida sono una strana coppia. Per farli funzionare, abbiamo già visto che la forza conta il giusto: la Guida è troppo debole, in caso di conflitto, vince l'Elefante. Che fare dunque?
Chip e Dan Heath si concentrano su tre punti principali. Vediamoli in breve:
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Il problema della Guida è che tende a essere dispersiva, a perdersi nei dettagli, e a focalizzarsi sui problemi. Per renderla più efficace dobbiamo indirizzarla in modo chiaro: definire con grande precisione i nostri obiettivi e le azioni da intraprendere.
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Il problema dell'Elefante è che è sordo ai ragionamenti razionali e troppo incline alle gratificazioni immediate. Allora bisogna imparare a parlare con l'Elefante facendo leva sulle emozioni ed evitando di chiedergli sacrifici troppo importanti.
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Sia la Guida che l'Elefante hanno maggiori possibilità di successo di percorrere la strada per il cambiamento se questa è bene sgombra di ostacoli e fatta in modo da incoraggiare il loro cammino. Cosa significa? Significa che anche le condizioni ambientali sono importanti: dobbiamo creare attorno a noi una situazione che faciliti il cambiamento che vogliamo ottenere.
Indirizzare la Guida
L'aspetto problematico della nostra parte razionale e analitica è che tende a perdersi nei dettagli e a concentrarsi sui problemi. Conosciamo tutti questa componente del nostro dialogo interiore: quella che genera continuamente dubbi, che non è sicura, che prima di agire vuole chiarirsi ancora un po' le idee e prendere in considerazione altri aspetti della situazione.
Il punto è che il cambiamento genera sempre incertezza. O impariamo ad accettare questa incertezza, a semplificare la situazione e a buttarci, oppure possiamo rimanere per sempre nella paralisi, in attesa che ogni dettaglio del nostro piano d'azione venga definito.
Tra gli esempi portati dagli autori nel libro c'è la storia del latte scremato.
Raccontano di due ricercatori universitari dell'Università del West Virginia che volevano convincere la popolazione ad avere una dieta più sana.
Ma cosa significa una dieta più sana? Mangiare più verdure? Meno grassi? Meno carne? O più carne magra? Cosa bisogna scegliere a colazione? E per pranzo? Per cena? E quando mangiamo fuori casa?
Alla fine i due ricercatori decisero di concentrarsi su una cosa sola: il latte. Molti americani bevono latte. È un'ottima fonte di calcio, ma è anche la principale fonte di grassi saturi nella loro dieta. Allora lanciarono una campagna per convincere le persone a passare dal latte intero a quello scremato. E ottennero ottimi risultati.
Ora già vedo qualcuno che storce il naso. Ma è una soluzione semplicistica, bere latte scremato non vuol dire avere una dieta sana. Bisogna tenere conto di altri fattori. La dieta deve essere ben bilanciata, magari personalizzata, servono più verdure, bisogna preferire pane e pasta integrali, eliminare o ridurre la carne rossa...
Sì certo, ma per questa strada arriveremo mai a un obiettivo chiaro? A una azione da intraprendere davvero, su base quotidiana, che porti un cambiamento? Quante buone intenzioni si arenano dopo avere letto decine di articoli sulla nutrizione, consultato un paio di specialisti e seguito con partecipazione qualche lite su Facebook tra vegetariani e sostenitori della paleodieta?
È così che la nostra Guida si perde nei dettagli, analizza, pensa che per risolvere un problema complesso serva anche una soluzione complessa e finisce con il non riuscire a trovare la direzione.
Quindi: la Guida va indirizzata su azioni semplici e chiare. Niente obiettivi generici come mangiare più sano, rimettersi in forma, migliorare le relazioni. Meglio: mangiare due porzioni di verdura ogni giorno, uscire a correre nei giorni dispari, chiamare gli amici una volta a settimana.
Motivare l'elefante
Per quanto possiamo essere bravi a dare una direzione chiara alla nostra Guida, resta il fatto che i cambiamenti comportano sempre un certo margine di incertezza. E questo all'Elefante non piace. La nostra parte più emotiva e istintiva non ama l'incertezza e il disagio che questa comporta. E non si fa convincere dalle argomentazioni logiche e razionali. Tutti i fumatori sanno oramai molto bene quanto siano dannose le sigarette. Eppure non smettono.
L'Elefante non parla il linguaggio della logica e delle argomentazioni razionali, ma parla il linguaggio delle emozioni. Dobbiamo quindi parlare all'Elefante in modo che ci capisca.
La maggior parte di noi, spiegano gli autori, si approccia a un problema di cambiamento pensando di risolverlo con questa sequenza: analizzare, pensare, cambiare. Ma non funziona perché l'Elefante se ne frega abbastanza delle nostre analisi. Funziona molto meglio vedere, sentire, cambiare. Ciò che vediamo con i nostri occhi, attiva il nostro sentire, i nostri sentimenti e le emozioni, che questo è efficace nello smuovere l'Elefante.
Una delle storie più carine raccontate nel libro a questo proposito è quella di un ragioniere di ferro, soprannominato Attila. Un tipo molto meticoloso che non mandava avanti le pratiche nel suo ufficio se non era tutto perfetto. Attila era a capo dell'ufficio amministrativo di una agenzia governativa che si occupava di progetti per giovani che avevano guai con la legge. Tra i suoi compiti c'era anche quello di pagare le varie associazioni no profit che si occupavano di prestare servizi ai giovani. Il problema era che queste associazioni spesso erano troppo di fretta e incasinate per compilare in modo diligente le note spese, e lui non ne faceva passare una, ritardando in questo modo i pagamenti.
Come risolsero la questione? Portarono Attila a fare un giro presso le associazioni. Il ragioniere di ferro osservò così direttamente le realtà che dipendevano dai suoi pagamenti. Vide persone che lavoravano come matti per dare una mano ai ragazzi in difficoltà. Spesso le loro sedi erano in quartieri poveri, gli erano uffici sciatti e caotici e tutti facevano del loro meglio con i pochi mezzi a disposizione.
Toccare con mano la situazione fece cambiare immediatamente atteggiamento ad Attila. Lui sapeva benissimo anche prima a cosa servivano i soldi dei suoi pagamenti, ma questa conoscenza non era servita ad ammorbidirlo. Solo andando a vedere di persona aveva sentito cosa significasse davvero lavorare in quelle condizioni, e da un momento all'altro rivoluzionò il suo atteggiamento. Prima si arrabbiava se le note spese non erano compilate correttamente e bloccava i pagamenti, adesso insisteva con i suoi dipendenti affinché facessero in fretta ad evadere le pratiche in modo da fare arrivare i soldi alle associazioni senza ritardi e lungaggini.
Insomma, se siete nella situazione in cui dovete ottenere un cambiamento - da voi stessi o dagli altri - cercate di parlare con l'Elefante. Fategli toccare con mano la situazione, fate leva sui suoi sentimenti, dategli un buon motivo per collaborare.
Tracciare il percorso
Noi ci laviamo i denti tutti i giorni, più volte al giorno, giusto? Spazzolino e dentifricio di solito stanno da qualche parte in bagno a portata di mano. Non è che li nascondiamo nel fondo dell'armadietto, o su una mensola in alto.
L'ambiente che ci circonda, il modo cui è organizzato, influisce moltissimo nei nostri comportamenti. Spesso - dicono gli autori di Switch - quello che sembra un problema delle persone è in realtà un problema della situazione.
Per aiutare il cambiamento allora possiamo agire anche sull'ambiente, cercando di renderlo favorevole a quello che vogliamo ottenere. I grandi colossi del commercio conoscono perfettamente questo principio: dal modo in cui sono disposte le merci nei supermercati, all'organizzazione dei portali per la vendita online, tutto è organizzato in modo strategico per rendere sempre più facile l'acquisto.
Quando anni fa cercavo di smettere di fumare, il primo consiglio che mi hanno dato al centro antifumo è stato: non tenere il pacchetto a portata di mano, tienilo lontano, chiuso nella borsa o dentro un armadio. Fai in modo di doverti alzare ogni volta che vuoi fumare, in modo che il gesto di prendere la sigaretta diventi consapevole e intenzionale (e un po' scomodo) e non più automatico. Sembra una scemenza ma già in questo modo si può ridurre molto il numero delle sigarette fumate, e senza dovere fare il minimo sforzo di autocontrollo. Basta non tenerle a portata di mano.
Tutto il contrario se invece di allontanare un'abitudine nociva ne vogliamo acquisire una positiva. Le scarpe da corsa lasciate a portata di mano davanti alla porta, la bottiglia d'acqua pronta sul comodino da bere appena ci svegliamo, la porta chiusa e il telefono spento quando ci vogliamo concentrare. Dobbiamo ottimizzare l'ambiente in modo da rendere un po' più semplici i comportamenti desiderati e un po' più difficili quelli sbagliati.
In sintesi
Riassumendo, la cosa che mi è piaciuta di più di questo approccio al cambiamento è che riconosce l'importanza della nostra parte emotiva. Molti tentativi di cambiare per il meglio falliscono perché abbiamo la pretesa di mettere le briglie all'Elefante. Mentre otteniamo risultati decisamente migliori se troviamo il modo di dialogare con lui, in modo che la nostra parte razionale e quella più emotiva vadano in qualche modo d'accordo (invece di litigare di continuo come le ragazze della mia cantina... chi ha letto La rana bollita sa di cosa parlo).
Quindi, tre cose fondamentali per cambiare davvero:
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Non perdersi in lunghe analisi, non stare troppo concentrati sul problema. Dirigersi verso le soluzioni e agire, anche in piccolo.
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Non trattare la nostra parte emotiva come se dovesse essere schiava della ragione. Impariamo a rispettare il linguaggio delle emozioni e quel pachiderma goffo ma simpatico che sta dentro di noi.
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Ricordiamoci che qualche volta il problema non siamo noi, ma le condizioni attorno a noi. Cerchiamo di capire se gli ostacoli che incontriamo non siano anche prodotti dall'ambiente che ci circonda. E agiamo per modificarlo.