La mia esperienza è ciò a cui acconsento di prestare attenzione - William James -
Ho avuto il mio primo computer all'inizio degli anni novanta. Lo comprai per scrivere la tesi, ma lo usavo molto anche per giocare. Per un periodo di tempo ho giocato a Tetris ogni giorno, per diverse ore al giorno.
Tetris, per chi non lo conoscesse, è un giochino in cui bisogna incastrare tra loro dei mattoncini di forme diverse. Le forme scendono dall'alto, in poco tempo bisogna ruotarle e spostarle lateralmente, in modo che una volta arrivate in fondo si incastrino nel migliore dei modi sulla base (che a sua volta è formata dai mattoncini che sono scesi in precedenza).
È un gioco che richiede un livello molto elevato di attenzione, anche perché mano a mano che si diventa più bravi, la velocità di discesa dei mattoncini aumenta, quindi non sono ammesse distrazioni.
A forza di giocare a Tetris ho cominciato a notare uno strano fenomeno: spesso mi trovavo a guardare il mondo attraverso le lenti del gioco, ragionando su come potessero incastrarsi tra loro le forme degli oggetti che mi capitava di avere davanti. In particolare le piastrelle della mia cucina. Avevano un disegno geometrico e più di una volta mi sono sorpresa a osservarle pensando a come avrei potuto fare ruotare quei disegni in modo da incastrarli tra di loro.
A quell'epoca non lo sapevo, ma quello che stava accadendo aveva un nome: si chiama proprio effetto tetris (anche se può capitare con altri video giochi).
Secondo Wikipedia:
l'effetto Tetris è un comune fenomeno psicologico per cui una attività che richiede un alto livello di attenzione può influire in modo incongruo sui processi di pensiero, le immagini mentali, e i sogni di coloro che vi si dedicano per lungo tempo.
A forza di passare il tempo a ruotare e incastrare tra loro forme diverse, con il massimo della concentrazione, il mio cervello aveva cominciato a scandagliare l'ambiente circostante a caccia di forme immaginando il modo migliore per incastrarle tra loro. Vedevo blocchetti di Tetris ovunque guardassi.
Il vantaggio della felicità
Ho trovato la descrizione dell'effetto tetris in un libro che si chiama: Il vantaggio della felicità. L'autore è Shawn Achor, ricercatore ad Harvard nonché esperto del rapporto tra successo e felicità.
Achor segue l'approccio della psicologia positiva e ha collaborato a lungo con Tal Ben Shahar, autore di un libro sul perfezionismo di cui ho parlato qualche tempo fa qui sul blog.
"Il vantaggio della felicità" parte da questa idea: noi siamo abituati a pensare alla felicità come a una conseguenza. Abbiamo desideri, ambizioni, obiettivi - nella nostra vita lavorativa, sociale, personale e familiare - e abbiamo la convinzione che raggiungere questi risultati ci renderà anche felici.
Però, se andiamo a guardare un po' meglio come stanno le cose, ci accorgiamo che non è proprio vero. La felicità non è poi così tanto legata a quello che ci succede, alle circostanze, alle situazioni della nostra vita. Dipende molto di più dai nostri stati interni, da come guardiamo al mondo, da come interpretiamo situazioni ed eventi.
Siamo convinti, in perfetta buona fede, che raggiungere un certo risultato ci renderà felici, ma molte volte questo non succede.
Shawn Achor è arrivato a questa conclusione osservando gli studenti di Harvard. Questi ragazzi, che avevano il privilegio di essere stati ammessi in una delle università più prestigiose del mondo, con la possibilità concreta e reale di intraprendere carriere molto importanti, spesso erano infelici. Dimenticavano ben presto il valore di quello che avevano ottenuto e si facevano travolgere dal peso dello studio, delle aspettative, della competizione, diventando stressati, insoddisfatti, preoccupati.
Achor però non si è soffermato più di tanto a cercare di capire il perché di questo fenomeno. Lui era più interessato a osservare quella minoranza di studenti che invece risultavano felici. Si era accorto infatti che gli studenti che restavano di umore buono, aperti, positivi, ottimisti, ottenevano risultati migliori nello studio.
Da lì l'idea che il rapporto tra felicità e successo sia tutto il contrario di come siamo abituati a pensare: non è che raggiungere i nostri obiettivi ci rende felici; piuttosto è probabile che essere felici possa aiutarci a raggiungere i nostri obiettivi.
Ecco perché il titolo: il vantaggio della felicità.
Il ragionamento sotteso al libro si può riassumere in tre punti.
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Le persone più felici raggiungono più facilmente i loro obiettivi.
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La felicità si può imparare. Possiamo cioè - sia pure entro certi limiti - coltivare ottimismo, apertura, fiducia.
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Possiamo utilizzare precise strategie per essere maggiormente felici e questo - oltre a farci sentire ovviamente meglio - ci aiuterà a conseguire risultati migliori.
Con queste premesse, Shawn Achor presenta sette principi che possiamo cercare di applicare nella nostra vita per imparare a sfruttare il vantaggio della felicità.
L'effetto Tetris è uno di questi.
La potenza degli schemi mentali
L'effetto Tetris mostra quanto siano potenti i nostri schemi di pensiero. Una volta che ne abbiamo costruito uno, poi tendiamo a vedere il mondo che ci circonda secondo lo schema.
Giocando troppo a Tetris si comincia a vedere il mondo come un immenso contenitore di forme da incastrare tra loro. È uno schema assurdo, non è funzionale, non serve a niente, eppure il nostro cervello ci si può ritrovare impantanato.
Lo stesso succede se abbiamo l'abitudine a sottolineare errori, problemi, difficoltà. Se per qualche motivo costruiamo uno schema mentale negativo, finiremo con il vedere tutto ciò che ci sta attorno in termini problematici.
Shawn Achor cita uno studio del 1990 secondo il quale chi di professione fa l'avvocato ha una possibilità di tre volte maggiore della media di soffrire di depressione. Perché mai? Cosa c'è in questa professione che può portare a un rischio più alto di depressione? Una delle possibili risposte è che gli avvocati, per fare bene il loro mestiere, devono sviluppare un'attitudine critica. Per lavoro cercano falle di ragionamento, difetti di argomentazione. Questo li porta a sviluppare una mentalità attenta in modo minuzioso ai possibili problemi, e se questa attitudine esce dall'ambito professionale per diventare una visione del mondo, il rischio di ritrovarsi un po' depressi aumenta.
Il punto è che il nostro cervello funziona in maniera selettiva. Osserviamo la realtà e tutto quello che accade secondo i nostri schemi. È come se avessimo un filtro davanti agli occhi che ci fa vedere molto bene alcune cose, mentre ne occulta altre. La stessa realtà può apparire in modo diametralmente opposto a due persone con schemi mentali diversi.
Questo non vuol dire che tutto è relativo, e che tutto quello che ci accade nella vita può essere visto in un'ottica positiva. Piuttosto si tratta di riconoscere che i nostri schemi mentali possono paralizzarci dentro una interpretazione del reale che continua a farci vedere ovunque problemi e mai opportunità. Noi possiamo anche essere convinti di essere assolutamente realistici e obiettivi nella nostra visione della realtà, ma in verità continuiamo a vedere quello che siamo abituati a cercare.
L'attenzione selettiva
Siamo continuamente bombardati da stimoli: informazioni di ogni tipo arrivano alla nostra coscienza in un flusso ininterrotto. Siamo circondati da oggetti, leggiamo, guardiamo, tocchiamo, ascoltiamo rumori e conversazioni. Se il nostro cervello cercasse di registrare e di elaborare tutti questi stimoli probabilmente finiremo tutti diretti al manicomio. Quello che succede invece è che, momento per momento, noi filtriamo solo le informazioni che riteniamo essere necessarie.
Se sei in un bar, immerso in una conversazione con una persona che ti piace, probabilmente non farai caso al rumore della porta che si apre e si chiude, al sapore del caffè, alla coppia seduta nel tavolo di fronte. Tutte queste informazioni sono inutili in quel momento e quindi il tuo cervello semplicemente le filtra.
La nostra attenzione è sempre selettiva. Decidiamo noi su cosa concentrarci, e a volte possono passarci davanti cose enormi e non le vediamo nemmeno.
In senso letterale.
C'è un famosissimo esperimento condotto negli anni novanta da due psicologi (sempre ad Harvard, tra l'altro). A un gruppo di persone è stato fatto vedere un breve video in cui si vedono due squadre di giocatori - una squadra vestita di bianco e l'altra di nero - intenti a passarsi una palla. Ai partecipanti allo studio è stato chiesto di contare il numero esatto di passaggi effettuati dai giocatori della squadra bianca.
Ora, se non conosci questo esperimento, puoi provare a farlo tu stesso. Basta una manciata di secondi.
Qui sotto c'è il video. Fallo partire. Ti sfido a contare esattamente quanti passaggi di palla fanno i giocatori vestiti di bianco.
Dopo circa 25 secondi dall'inizio del video, un tizio con un vistoso costume da gorilla attraversa la scena lentamente. Si ferma in mezzo ai giocatori, si batte i pugni sul petto e se ne va.
Quando fecero l'esperimento il 46% dei partecipanti (quindi quasi la metà) non ha visto il gorilla. Erano così concentrati a contare i passaggi di palla che il loro cervello non aveva registrato la presenza di una cosa enorme come un tizio vestito da gorilla che passava nel bel mezzo della scena.
In qualche modo è come se il nostro cervello avesse un filtro anti-spam: se decidiamo che certe informazioni non sono rilevanti non le elaboriamo nemmeno, finiscono direttamente nel cestino.
Quante opportunità non riusciamo a cogliere perché non rientrano nei nostri schemi di pensiero?
Alla fine noi vediamo solo quello che stiamo cercando. Se siamo intrappolati in schemi di pensiero negativi, pessimisti, problematici, finiremo con il vedere ovunque problemi, difficoltà, e ostacoli. E viceversa saremo ciechi davanti alle opportunità.
Cambiare schema mentale
Possiamo ipotizzare di innescare un effetto Tetris positivo?
Io non sono esattamente quel tipo di persona che vede la vita in rosa. Non amo le esortazioni a pensare positivo a ogni costo. I problemi esistono, così come esistono dolore e sofferenza, ostacoli, difficoltà. Non possiamo pretendere di avere il controllo assoluto su tutto quello che ci succede. Dipingerci in faccia un sorriso perenne e ripeterci allo specchio che siamo persone meravigliose e che tutto andrà bene a me non sembra una grande strategia di azione.
Per fortuna nemmeno l'autore del Il vantaggio della felicità la pensa così.
Anzi ci tiene molto a precisare.
Non vi dirò di stamparvi in faccia un'espressione felice, di utilizzare il 'pensiero positivo' per fare scomparire i vostri problemi come se stesse semplicemente esprimendo un desiderio o, peggio ancora, far finta che i vostri problemi non esistano affatto. Il Vantaggio della felicità ha un punto di partenza diverso. Ci chiede di essere realistici rispetto al presente mentre al contempo massimizziamo il nostro potenziale per il futuro.
Essere realistici rispetto al presente non significa di certo ignorare i problemi. Ma non significa nemmeno vedere solo quelli e nascondere le opportunità. Eppure è proprio questo quello che facciamo se la nostra mente è dominata da schemi di pensiero negativi.
La visione pessimistica della realtà non è altro che una profezia che si auto-avvera: se siamo convinti che le cose andranno male, fatalmente lo faranno. Non in virtù di qualche magia, ma solo perché ci ritroveremo, senza rendercene conto, ad allineare le nostre azioni ai nostri pensieri, diventando noi stessi artefici delle nostre sconfitte.
Quindi chiunque si renda conto di essere bloccato in schemi di pensiero negativi sicuramente potrebbe trarre un bel vantaggio dal cercare, a poco a poco, di cambiare visione.
Come?
Allenando il nostro cervello a vedere e valorizzare le cose positive. Un vero e proprio addestramento che con il tempo ci può aiutare a vedere le opportunità laddove prima eravamo in grado di riconoscere solo i problemi.
C'è un fondamentale e semplice esercizio per andare in questa direzione. Prendere carta e penna e dedicare cinque minuti ogni sera a scandagliare la nostra vita a caccia di cose positive.
Ci sono due modi leggermente diversi di declinare questo esercizio.
Un primo modo è di fare leva sul sentimento di gratitudine, ripensando quindi ogni sera alle cose buone che fanno parte della nostra vita, a partire da quelle più scontate.
Un secondo modo è di elencare almeno tre cose positive successe durante la giornata appena trascorsa. Si tratta di ripercorrere la nostra giornata alla ricerca di piccoli indizi di felicità, buon umore, ottimismo, bellezza. C'era un cielo azzurro e limpido stamattina mentre andavamo a lavorare? Un collega ci ha fatto una gentilezza? Qualcuno ci ha ringraziato? Un amico ci ha telefonato?
Non è un modo ottuso per vedere la vita in rosa a tutti i costi. Si tratta al contrario di correggere il tiro, di evitare che le cose positive scivolino via immediatamente dimenticate per colpa di quella antipatica tendenza a prestare più attenzione ai problemi e alle difficoltà.
Tutto questo, dice Shawn Achor, non serve solo per orientare meglio il nostro umore e sentirci meglio, ma anche e soprattutto ad aprire la nostra mente a idee e opportunità che ci possono aiutare a essere più produttivi, efficaci e realizzati nel lavoro e nella vita.
Io so per certo che funziona esattamente così. Questo blog esiste solo perché a un certo punto sono riuscita a spezzare uno schema di pensiero che mi teneva intrappolata, e ho visto l'opportunità di mettere a frutto le mie idee e i miei interessi in un progetto tutto mio. Questa opportunità c'è sempre stata, ma il vero lavoro è stato riuscire a vederla e decidere di sfruttarla.
Se hai qualche esempio di schemi di pensiero negativi e lo vuoi raccontare nei commenti mi farebbe piacere ;)
Alla prossima!
Il tema di questo articolo è stato ampliato e approfondito nel secondo numero della serie dei Quaderni di My Way Blog. Si chiama Esercizi per rompere gli schemi e contiene dieci esercizi pratici per aiutarti a modificare quegli schemi di pensiero negativi e disfunzionali che spesso ci tengono bloccati e ci scoraggiano dall'intraprendere le azioni più giuste per noi e per la nostra vita.
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