Tra lo stimolo e la risposta c'è uno spazio, ed è lì che dimora il potere di scegliere come reagire; è dalla nostra reazione che dipendono crescita e libertà.

L'autore di questa frase è Viktor Frankl, uno psichiatra austriaco molto noto per avere scritto un libro dal titolo Uno psicologo nei lager in cui ha raccontato la sua deportazione durante il regime nazista.

Viktor Frankl non era uno studioso di mindfulness, ma questa frase esprime bene il significato della consapevolezza: accorgersi dell'attimo in cui stiamo per reagire a una situazione e fermarci un istante. Basta il tempo di un respiro, un piccolo spazio, e molte cose possono cambiare.

Mindfulness

Foto di Markus Spiske / Raumrot.com

Noi siamo immersi in un flusso continuo di pensieri. La nostra attività mentale può essere descritta così: utilizzo l'esperienza del passato per interpretare il presente e quindi anticipare il futuro.

Sono in ritardo. La mia esperienza (il passato) mi dice che a quest'ora c'è traffico e quindi mi aspetto di trovare la strada intasata. E questo mi fa preoccupare e innervosire.

Devo chiedere l'aiuto di un collega sul lavoro. Già altre volte lui si è dimostrato poco disponibile. Mi aspetto delle difficoltà e quindi mi avvicino carica di tensione e sulla difensiva.

Sto facendo un esame orale. In passato sono sempre stata più brava negli esami scritti e meno in quelli orali. So che non renderò al massimo durante il colloquio, e quindi mi sento tesa e poco fiduciosa.

I ricordi del passato mi servono per interpretare la situazione presente e per anticipare come andranno le cose nel futuro.

Lo facciamo continuamente, ma spesso questo lavorio interno avviene al di sotto della soglia di consapevolezza.

Eppure sarebbe molto importante poterlo guardare con attenzione perché sono proprio questi passaggi automatici che a volte ci impediscono di guardare la realtà per quella che è veramente.

Non è detto che troverò tutto quel traffico come credo. E se lo troverò basterà fare una telefonata per avvisare del ritardo. Perché allora innervosirsi?

Il mio collega è davvero di cattivo umore anche oggi? E se mi presentassi da lui rilassata e sorridente forse la sua disponibilità sarebbe diversa? Non è detto, ma posso almeno provare.

Questo esaminatore non mi conosce, non ha motivo di pensare che io sia poco brillante agli esami orali. Mi impegnerò comunque al 100% in questo colloquio e vedremo quale sarà il risultato.

Ciò che accade nel presente non è mai davvero identico al passato. A volte siamo noi, come nelle profezie che si autoavverano, a forzare le situazioni dentro ai nostri schemi.


###Il triangolo della consapevolezza

Immagina questa situazione. Stai camminando verso la tua auto e ti accorgi che c'è un foglio sul parabrezza.

Subito reagisci a quello che vedi, e questa reazione avviene su tre livelli:

  • il pensiero
  • le emozioni
  • le sensazioni del corpo

Probabilmente stai pensando che si tratta di una multa e questo ti procurerà emozioni spiacevoli, magari di rabbia, o di preoccupazione. Il corpo non resta indifferente in tutto questo: la tensione infatti si può manifestare nelle spalle, nel collo, o nella pancia.

Non è detto che la reazione parta dal pensiero. Forse provi prima una emozione sgradevole alla vista del foglietto e subito dopo pensi alla multa. O magari il tuo corpo reagisce immediatamente e solo dopo realizzi cosa ti ha messo in allarme o a disagio.

Non è importante cosa viene prima e cosa dopo. L'importante è capire che di continuo ciò che ci accade, accade su questi tre livelli: corpo, pensiero, emozione.


Mindfulness. Il triangolo della consapevolezza


Mano a mano che prendi atto della cosa il quadro può anche peggiorare. Magari sei a fine mese e non sei sicuro che siano rimasti abbastanza soldi per pagare la multa. Oppure ti rimproveri perché avresti dovuto parcheggiare da un'altra parte. O ti arrabbi perché guarda caso ogni anno in questo periodo il tuo Comune scatena di vigili per fare cassa. E intanto il tuo cuore batte un po' più forte e il respiro si accorcia.

Pensieri, emozioni, sensazioni del corpo.

Tutto questo accade in fretta, molto in fretta. Non ti sei dato molto spazio per ragionare su cosa stai veramente vedendo. Hai preso una multa: questo è il fatto.

Peccato però che non era per niente un fatto.
Quando ti sei avvicinato abbastanza hai visto che si tratta di altro. Non è una multa ma un biglietto scritto a mano. Un amico ha riconosciuto la tua auto e ha lasciato due righe per salutarti.

Improbabile?

Forse. Allora diciamo che non era una multa ma un volantino pubblicitario.

Così ti convince di più? ;)

Questo è l'esempio di una situazione che scatena una serie di pensieri, emozioni e sensazioni che parte in automatico senza darci nemmeno il tempo di riflettere su cosa sta veramente accadendo.

Questo esempio della multa è preso dal libro di Elisha Goldstein, Il momento è adesso, che commenta così:

Poiché sappiamo bene che la mente si serve dei ricordi come punti di riferimento per giudicare e decidere, la prossima volta che scorgerete un pezzo di carta sul parabrezza, con ogni probabilità non inserirete il pilota automatico ma entrerete in uno spazio di consapevolezza in cui potrete valutare intenzionalmente tutte le possibilità, praticare una maggiore flessibilità mentale, regolare il funzionamento del corpo e sviluppare un'intuizione più affidabile.

Succede tutto lì, in questo triangolo di pensieri, emozioni e sensazioni. Tutto sta a divenirne sempre più consapevoli per imparare a sfruttare il meccanismo a tuo vantaggio, invece di subirlo in automatico.

Esercizio: Mindful Check-In

Per allenarsi a cogliere quello che accade nel nostro triangolo della consapevolezza, si può fare un esercizio molto semplice.

Si tratta di fermarsi per qualche minuto e passare in rassegna quello che sta succedendo in tutti e tre i livelli. Solo per osservare, senza bisogno di cambiare niente o di giudicare qualcosa come buono o cattivo.


1. Il corpo

Lasciamo perdere per un attimo i pensieri, le interpretazioni, le intenzioni. Il tuo corpo in questo momento cosa ti sta dicendo?

Per prima cosa osserva la postura: sei rannicchiato o aperto? dritto o storto? hai accavallato le gambe? le spalle sono distese o tese verso l'alto con il collo incassato? È una semplice osservazione. Certo se vuoi ne puoi anche approfittare per correggere la postura, ma lo scopo dell'esercizio è solo di prendere consapevolezza, registrare cosa succede.

Oltre alla postura prova passare in rassegna tutto il corpo, dalla testa ai piedi. Che sensazioni ci sono? Caldo, freddo, tensione, pressione, indolenzimento, leggerezza.

Se eserciti la tua attenzione in questo modo probabilmente ti accorgi subito di una cosa: che di solito a tutto quello che succede nel corpo non ci badi molto. Spesso lasciamo le sensazioni fisiche in sottofondo perché siamo molto più attirati dai pensieri, oppure da ciò che accade nel mondo attorno a noi.

Il corpo resta un po' sullo sfondo. Sotto sotto abbiamo un po' la pretesa che se ne stia sempre buono, che faccia il suo lavoro in silenzio, senza disturbarci con i suoi limiti e i suoi dolori.

Ma è sano lasciare al corpo questo ruolo così marginale?

Con questo esercizio si allena la capacità di ascoltare il corpo che, a differenza della mente, è sempre ben radicato nel momento presente.


####2. Le emozioni Non è facile definire esattamente cosa sia un'emozione. È qualcosa che vive in una terra di mezzo tra il corpo e la mente. È uno stato **mentale e fisiologico assieme**.

Prova ora, nel corso dell'esercizio, a definire il tuo stato d'animo in questo momento. Sei tranquillo? O provi paura o ansia? Sei di umore allegro? O sei triste? Forse provi irrequietudine, o invece sei calmo.

Dopo esserti avvicinato al tuo stato emotivo, cerca di capire come questo si manifesti nel corpo. L'ansia può essere associata a una tensione muscolare, l'irrequietezza come bisogno di muoversi, la calma a una sensazione di calore o di morbidezza.

Nulla di tutto questo va cambiato o giudicato. Si tratta solo di osservare e di riconoscere cosa c'è riguardo alle emozioni.


####3. I pensieri Forse osservare i pensieri può risultare più facile rispetto alle sensazioni del corpo o alle emozioni. Almeno a me succede così, non saprei se si tratta di una legge universale ;)

Comunque l'idea è quella di identificare con chiarezza a cosa stai pensando in questo momento con l'obiettivo di acquisire consapevolezza delle storie che ti stai raccontando. Osservare i propri pensieri è un modo per evitare di identificarsi con essi. Puoi immaginare che siano come parole che scorrono su di uno schermo.

A cosa stai pensando in questo momento? Forse che questo esercizio è stupido? O che ti devi sbrigare a finire di leggere l'articolo perché hai da fare? O non stai pensando a niente di particolare e sei concentrato nella lettura. O ancora c'è qualche preoccupazione o pensiero forte che occupa di continuo la tua mente. Qualsiasi cosa sia registralo, prendine consapevolezza.

Mindfulness. Riflessi su un lago

Foto di Markus Spiske / Raumrot.com

L'obiettivo di questo esercizio - come di tutte le pratiche di mindfulness - non è mai quello di giudicare o di modificare qualcosa. Fare un mindful check-in non significa dire: "oh guarda sono teso, ora mi rilasso"; "sono arrabbiato, devo farmela passare"; "sto pensando a cose negative, devo pensare positivo". Nulla di tutto questo. La pratica serve ad accorgersi di quello che succede, a osservare quel triangolo di pensieri, sensazioni ed emozioni che ci accompagna in ogni istante della vita.

L'idea è che con questo tipo di esercizi diventiamo giorno dopo giorno sempre più capaci di cogliere gli spazi entro cui inserire una pausa, interrompere un automatismo, e fare un'altra scelta, stavolta più consapevole.

Un passo alla volta

Nel libro da cui ho preso questo esercizio - Il momento è adesso di Elisha Goldstein - ho letto una breve frase che si è rivelata molto importante per me. La voglio condividere perché ho il sospetto che possa rispondere ai dubbi di diverse persone.

Sono quasi due anni che mi interesso di mindfulness e che cerco di farne una pratica quotidiana.

Ho cominciato con la meditazione sul respiro e con il giusto allenamento, a poco a poco, sono arrivata a meditare per 20 minuti al giorno.

Mi sono interessata anche alle pratiche informali e ho scoperto che è davvero piacevole e benefico fermarsi e trasformare alcuni gesti quotidiani in momenti di consapevolezza.

A un certo punto ho provato una forte frustrazione quando mi sono accorta che a causa dell'ansia la meditazione seduta era diventata una vera tortura. Allora - grazie a un paio di buoni consigli che ho ricevuto - ho smesso di farla e ho rafforzato la mia pratica informale.

Sperimentando ancora ho scoperto che in posizione sdraiata sto più tranquilla e che le guide audio - che fino a poco tempo fa avevo snobbato - in realtà mi aiutano. Così da qualche mese ho cominciato a fare un body scan guidato tutte le sere prima di andare a dormire.

Confesso però che i giorni in cui vado al corso di yoga, è facile che mi scordo di tutto il resto. Sotto sotto mi dico: ok, con la consapevolezza oggi ho già dato.

Mi sono rimproverata pensando che non si fa così, che le cose vanno fatte per bene, e non saltare di continuo di palo in frasca. Mi dico anche che se non riesco a fare la meditazione formale seduta, tutto il resto non serve a niente. Insomma mi scatta la reazione tipica del perfezionista: never good enough.

Poi leggo questo e finalmente trovo la pace:

La profondità e la durata della pratica è meno importante della regolarità. L'ideale sarebbe esercitarsi ogni giorno, ma è sufficiente non smettere mai, e procedere un passo per volta.

Non smettere mai e procedere un passo per volta.

Direi che c'è la risposta alle mie domande. Che forse non sono solo le mie :)

Mi racconti qualcosa sulla tua pratica di mindfulness?
Sono curiosa ;)