A partire dagli anni settanta, la psicologia positiva ha cominciato a interessarsi di quelle che sono state chiamate esperienze di flow (flusso): stati particolari di coscienza in cui ci si trova quando siamo completamente immersi in una attività, perdiamo la concezione del tempo, abbiamo la sensazione che tutto sia sotto controllo, sappiamo cosa fare e come farlo. Esperienze che riguardano la creazione artistica, le prestazioni sportive e lavorative di alto livello, ma che sono presenti in molte altre situazioni più comuni e dalle quali possiamo tutti trarre soddisfazione e gioia.
Sto partecipando a un ciclo di incontri sulla creatività organizzati da un'amica che sta completando i suoi studi di Arte Terapia. Ci vado molto volentieri perché è un tema che mi ha sempre incuriosito, e poi perché si tratta di un modo per uscire dalla mia zona di comfort, visto che matite, colori e pennelli decisamente non mi sono congeniali.
Una cosa che ho osservato durante questi incontri è la facilità con cui mi sono immersa nelle attività proposte. All'inizio parto con qualche dubbio: chissà cosa facciamo stavolta, ma sarò capace, uffa perché sono così negata in queste cose...
Poi però, una volta che mi metto a pasticciare con i materiali (che sono di volta in volta diversi), è come se una parte della mia mente si spegnesse, e si accendesse qualcosa d'altro che ancora non saprei come identificare. Di fatto smetto di pensare, il mio dialogo interiore quasi tace, e mi ritrovo del tutto concentrata e presa in quello che sto facendo.
Questa non è una cosa che mi succede solo durante questi incontri. Anche quando scrivo - qualche volta - scatta lo stesso meccanismo: perdo la cognizione del tempo e alla fine mi sento sempre un po' stanca ma anche molto soddisfatta, a prescindere dal risultato. È l'attività in sé a essere piacevole. È intrinsecamente appagante.
Sono abbastanza sicura che se ci pensi anche a te è capitato qualcosa del genere. Non sto parlando di perdersi in un film, nella lettura, o nell'ascolto della musica. Faccio riferimento a qualcosa che comporti una modalità attiva e creativa: può essere scrivere, disegnare, colorare, ma anche nuotare, fare yoga, danzare. Anche lavorando può succedere. Ecco a volte, nel fare queste cose, ci perdiamo, entriamo in un flusso nel quale siamo concentrati, presenti, attivi e profondamente soddisfatti di quello che stiamo facendo per il semplice gusto di farlo.
Flow, o anche: esperienza ottimale
Mihaly Czikszentmihalyi è uno psicologo di origini ungheresi che ha dedicato la sua attività di studio e di ricerca proprio a cercare di capire come funzionano queste esperienze e perché siano così gratificanti.
Czikszentmihalyi - cognome difficilissimo da scrivere e peggio ancora da pronunciare - è uno dei fondatori della psicologia positiva, di quella corrente della psicologia, cioè, che invece di concentrarsi nello studio del disagio e dei disturbi, studia al contrario ciò che rende le persone felici e soddisfatte.
Ha cominciato, negli anni settanta del secolo scorso, a studiare le persone creative, come artisti e scienziati, perché voleva capire come mai per molti di loro valesse la pena impegnare la propria vita in attività dalle quali non si aspettavano di ottenere particolari risultati in termini di fama o di denaro.
Facendo interviste approfondite con queste persone, si accorse di un tema ricorrente: per molti di loro c'era qualcosa di estremamente appagante nel processo creativo. Parlavano di ritrovarsi in una sorta di bolla nella quale tutto scorre con semplicità e apparentemente senza sforzo, in perfetta sincronia; uno stato in cui mente e corpo lavorano assieme in modo armonico.
Ecco per esempio il racconto di un nuotatore
Nei momenti in cui sono stato in assoluto più felice della mia prestazione, ho avuto la sensazione di essere una cosa sola con l’acqua, con ciascuna delle bracciate che davo e con tutto quello che mi circondava…Ero un tutt'uno con quello che stavo facendo. Sapevo esattamente come avrei nuotato durante la gara; sapevo di essere padrone di ogni mio gesto
Un chirurgo
È un esercizio complesso. Si basa sulla capacità di svolgere l’operazione in maniera precisa, quasi artistica… Non mi piace fare movimenti inutili e questo mi spinge ad usare le mie competenze per pianificare con attenzione e precisione ogni taglio… La gratificazione nasce dall'affrontare un problema particolarmente difficile e riuscire a risolverlo
Un poeta
Perdi il senso del tempo e sei completamente rapito da quello che stai facendo […]. Non esistono il passato e il futuro, ma solo un presente continuo in cui ti trovi
(Queste citazioni le ho prese da un libro intitolato Flow, Benessere e Prestazione Eccellente. Dai modelli teorici alle applicazioni nello sport e in azienda (2012) di Marisa Muzio, Giuseppe Riva, Luca Argenton, che è disponibile online integralmente —> qui)
Sono momenti di estasi, che in qualche modo ci trasportano in una realtà differente. Siamo così assorbiti nella realtà del momento, che la nostra mente tace. Come dice lo stesso Czikszentmihalyi:
Quando un individuo è totalmente assorto in questo processo, estremamente coinvolgente, nel quale si crea qualcosa di nuovo, non rimane abbastanza attenzione per pensare a come si sente il proprio corpo, o ai problemi a casa.
A queste esperienze è stato dato il nome di esperienza di flow, (flusso), o anche esperienza ottimale.
Le sette caratteristiche dell'esperienza di flusso
Secondo gli studi, questo tipo di esperienze appartengono a tutto il genere umano: si ritrovano in tutti i luoghi e in tutte le culture, e vengono descritte in modo sostanzialmente simile. Dalle sue ricerche, Mihaly Czikszentmihalyi ha sintetizzato sette elementi che sono presenti quando sperimentiamo l'esperienza ottimale.
1) Essere completamente coinvolti in quello che stiamo facendo: attenzione piena e focalizzata
2) Mente e corpo che funzionano in modo perfettamente sincronizzato
3) Una grande chiarezza interiore: sapere cosa è necessario fare e quanto bene lo stiamo facendo
4) Sapere che quello che stiamo cercando di fare è fattibile: che le nostre capacità sono adeguate rispetto al compito che stiamo svolgendo
5) Un senso di serenità: non emergono preoccupazioni e proviamo la sensazione di fare parte di qualcosa di più grande rispetto ai confini del nostro io
6) Perdiamo la cognizione del tempo: siamo così focalizzati sul presente che non ci accorgiamo del tempo che passa
7) Motivazione intrinseca: è l'attività che stiamo facendo a essere soddisfacente, a farci sentire ricompensati, non ha importanza il risultato o quello che otterremo in cambio
Flow: bilanciare capacità e sfide
Il corretto bilanciamento tra la difficoltà del compito che stiamo eseguendo e le nostre capacità (o meglio la percezione delle nostre capacità) è l'elemento chiave perché si possa verificare un'esperienza di flow.
Se quello che stiamo facendo è troppo facile il risultato è la noia: la mente non riesce a immergersi completamente nell'attività in corso perché non è necessaria la nostra piena concentrazione. L'attenzione tende a fluttuare qui e lì, con il risultato che ci sentiamo annoiati: il compito non è nemmeno minimamente sfidante e non c'è ragione per cui ci debba assorbire.
Se, al contrario, quello che stiamo facendo è troppo difficile rispetto alle nostre capacità, allora subentra l'ansia. Non sappiamo bene cosa è giusto fare, gli obiettivi non sono chiari oppure ci sembrano al di fuori della nostra portata, sperimentiamo confusione e preoccupazione e questo ovviamente ci porta ben lontano dal flow.
Questo tema del bilanciamento tra sfide e capacità, per esempio, lo vediamo bene in ambito lavorativo. Almeno io personalmente l'ho sperimentato spesso quando lavoravo in ufficio. Quando i compiti erano ripetitivi, routinari, poco stimolanti, mi annoiavo e la mia mente scalpitava e si rifiutava di concentrarsi. Quando al contrario percepivo la situazione come al di fuori della mia portata, per esempio scadenze troppo ravvicinate, obiettivi poco chiari, troppe variabili al di fuori del mio controllo, allora subentravano stress e frustrazione. Funzionava invece tutto bene quando sapevo cosa dovevo fare, il compito non era troppo facile, ero in grado di controllare il mio lavoro e percepivo come adeguate le scadenze e le condizioni di contorno. Certo non era un'esperienza di estasi, come quelle riferite sopra, ma comunque uno stato piacevole, nel quale concentrarsi e portare avanti il lavoro era naturale e tutto sommato soddisfacente.
Il flow e il windsurf
Ho un ricordo in particolare di una esperienza di flow intensa e del tutto inattesa che risale addirittura quando avevo diciassette anni. Ero al mare, e avevo fatto un corso di windsurf. Il corso non era andato granché bene. Ero magrina, facevo troppa fatica a sfilare la vela dall'acqua. Avevo delle scarpe enormi - che mi aveva prestato il maestro - e che mi facevano sentire una papera; cadevo di continuo in acqua e facevo davvero pochi progressi.
Al termine del corso, il maestro mi dice che per darmi l'attestato dovevo prima superare una specie di esame che consisteva nell'arrivare fino a una certa boa, girarci attorno, e tornare indietro. Era dubbioso, non credeva che sarei stata in grado di farlo, ma disse che se volevo potevo provare.
Chissà perché quella sua sfiducia non mi creò nessun contraccolpo negativo, forse perché non davo particolare importanza a quell'attestato, quindi gli dissi molto serenamente che avrei provato, se ci riuscivo bene, se non ci riuscivo... bene lo stesso. Probabilmente, mi dico adesso con il senno di poi, se per me avesse avuto una certa importanza superare quell'esame, sarei andata in ansia e le cose sarebbero andate diversamente.
Il maestro stava da qualche parte alle mie spalle e mi diceva cosa dovevo fare. Io ero lì da sola alle prese con quella diavoleria che in dieci giorni di corso non ero minimamente riuscita a padroneggiare. Però ero molto calma, non c'era traccia di agitazione dentro di me. In qualche modo sono riuscita a restare in equilibro sulla tavola, a sfilare quella vela dall'acqua e a partire. Non avevo paura, ero concentrata in quello che stavo facendo, il resto del mondo era scomparso. C'erano solo l'azzurro del cielo e del mare e la voce del maestro dietro di me. Per qualche strano miracolo mi sentivo tutt'uno con il windsurf, era come se il boma fosse il naturale prolungamento delle mie braccia, e i piedi, sempre infilati in quelle scarpe impossibili, fossero incollati alla tavola.
Sono arrivata alla boa, il maestro mi ha detto di virare, e io l'ho fatto. Non ci ho trovato niente di strano o di eccezionale, ero troppo concentrata in quello che stavo facendo per pensare qualsiasi cosa. Ero lì e basta.
Mi sono accorta di avere superato il mio esame solo verso la fine, quando ero quasi tornata a riva. Non perché io mi sia detta: ce l'hai fatta - ero ancora troppo concentrata per dirmi qualsiasi cosa - ma perché la voce del maestro dietro di me era diventata concitata. Lui non ci aveva creduto neanche per un momento che io potessi riuscirci, e io nemmeno, però per qualche strano motivo ero entrata in uno stato di grazia e ho tirato fuori il meglio delle mie possibilità, che a quando pare erano sufficienti a fare quel giretto attorno alla boa.
Non ho mai più usato un windsurf in vita mia dopo quella volta, ma ho un ricordo molto preciso di quei momenti. Farei fatica a ricordare un altro momento della mia vita in cui sono stata così tanto lucida, concentrata e presente, mente e corpo assieme.
Il flow nella vita quotidiana
Entrare nel flusso è un'esperienza molto positiva, nella quale riusciamo a funzionare al meglio delle nostre possibilità e per di più ne traiamo piacere. Per questo non sarebbe male poter ricercare questa esperienza nella nostra vita di tutti i giorni. Ma è una cosa che si può favorire, o semplicemente capita indipendentemente dalla nostra volontà?
Intanto ci sono alcune attività che sembrano favorire lo stato di flow.
- le attività creative/artistiche: suonare uno strumento, disegnare, colorare, dipingere
- le attività che facciamo con il corpo: lo sport, la danza, lo yoga...
- lavorare, ma anche studiare qualcosa di nuovo
- il gioco: dai videogame agli scacchi, al poker - questo è considerato un po' il lato oscuro del flow, perché alcune di queste attività possono anche trasformarsi in dipendenze creando non pochi problemi
Non è che in modo automatico queste attività si trasformano in esperienze di flusso. Può succedere, quando si verificano le condizioni giuste.
Per come la vedo io, due sono le cose che possiamo fare per cercare di attivare il nostro flow.
La prima è appunto praticare attività creative, artistiche, motorie, ludiche, di apprendimento... Se passiamo tutto il nostro tempo libero in attività passive come guardare la televisione o scrollare il nostro feed di Facebook o di Instagram, non faremo altro che favorire l'esatto contrario del flow: ovvero esperienze che ci procurano noia, apatia, confusione mentale. Esperienze che ci stancano invece di rigenerarci. Intendiamoci: distrarsi un attimo con queste cose non è che sia un male in assoluto. È che dobbiamo evitare che diventino la nostra modalità normale di passare tutto il nostro libero.
Il secondo suggerimento riguarda il controllo dell'attenzione: possiamo quanto meno avvicinarci a esperienze di flow anche quando svolgiamo compiti di routine se cerchiamo comunque di dedicare a questi compiti il massimo della nostra cura e attenzione. Una delle caratteristiche del flow - che è poi uno dei motivi che rendono questo tipo di esperienza così soddisfacente - è che si interrompe (o quasi) il dialogo interiore: quel borbottio che di continuo esprime preoccupazioni, giudizi, intenzioni. Semplicemente la nostra attenzione è così focalizzata in quello che stiamo facendo che non ne resta niente per altro. E qui più o meno direi che siamo nel campo in cui si incontrano flow e mindfulness.
Se hai qualche esperienza di flow da raccontare, la aspetto volentieri nei commenti.
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