Ikigai è una parola giapponese per indicare ciò che dà senso e significato alla nostra vita. Chi ha molto ikigai vive in modo più soddisfacente, e, secondo alcuni studi, tende anche a essere più in salute e a invecchiare meglio. Ma come si trova e come si coltiva il proprio ikigai?


La vita è senza significato. Sei tu a dargliene uno. Il significato della vita è qualunque cosa tu ritenga che sia. Essere vivo è il significato - Joseph Campbell

Quando ero piccola mi piaceva andare a scuola. Ricordo molto bene quel senso di aspettativa positiva con il quale mi svegliavo ogni mattina. Ricordo anche che una volta mi misi a piangere perché avevo la febbre e avrei dovuto saltare un giorno di scuola.
Quella sensazione piacevole, di gioia e di leggera eccitazione nell'andare incontro alla mia giornata, non l'ho provata molto spesso negli ultimi anni; forse solo in circostanze particolari, come le vacanze.
Da qualche settimana però le cose per me sono cambiate. Ho lasciato il mio lavoro d'ufficio, e adesso curare questo blog, scrivere i miei libri, tenere dietro ai social e a tutto il resto, sta diventando la mia occupazione principale.

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Prima mi capitava spesso, durante il giorno, di desiderare che la giornata finisse. Aspettavo il momento in cui potevo mettermi tranquilla con un libro o con qualche serie TV per poi mettermi a letto.
Adesso invece la sera prima di addormentarmi penso: wow, non vedo l'ora che sia domattina. Poi magari succede che al mattino mi sveglio sempre storta, ma sento nuovamente quella spinta, quel desiderio di andare incontro alla mia giornata. Ed è meraviglioso.

Esiste una parola giapponese che indica proprio questa sensazione: ikigai. La ragione per cui ci svegliamo ogni mattina, ciò che dà significato alla nostra vita e che ci fa provare la gioia di essere vivi.

Anziani molto speciali

Nel mondo esistono cinque aree geografiche denominate zone blu. Si tratta di aree in cui la durata media della vita è più alta e dove si trova una grande concentrazione di ultra centenari.

Una di queste zone blu è proprio nel nostro paese, in un'area montuosa della provincia di Nuoro, in Sardegna. Un'altra zona blu si trova in Giappone, nelle isole Okinawa. Qui le persone possono godere dell'aspettativa di vita libera da disabilità più lunga del mondo. I tassi di tumore e di malattie cardiovascolari sono rispettivamente un quinto e un sesto di quelli degli Stati Uniti.

Dan Buettner, un ricercatore americano della National Geographic Society, ha studiato a lungo le abitudini degli abitanti di Okinawa cercando di capire quali possono essere i segreti di uno stato di salute tanto invidiabile.

Non è una sorpresa che l'alimentazione giochi un ruolo decisivo. La dieta dei giapponesi di Okinawa è molto ricca di vegetali, consumano molto tofu (una sorta di formaggio derivato dalla soia) e seguono una sana regola alimentare che pare risalga addirittura a Confucio. Si chiama hara hachi bu: un detto che recitano prima di mangiare e che ricorda loro di alzarsi da tavola quando ci sente pieni all'80%. E hanno adottato anche alcune usanze che li aiutano a non mangiare troppo, come piatti più piccoli e l'abitudine di non portare tutto il cibo cucinato a tavola in modo che ogni persona si debba alzare per andarsi a riempire il piatto.

Si tratta di abitudini alimentari sane, dalle quali possiamo trarre sicuramente spunto anche noi. Secondo Dan Buettner e altri studiosi esistono però anche fattori sociali e psicologici che favoriscono la buona salute degli abitanti di queste isole.

Intanto nella loro cultura non esiste un confine rigido tra la vita lavorativa e il pensionamento. Anzi, spiega Dan Buettner, non hanno nemmeno una parola per indicare il pensionamento. Lì le persone restano attive e continuano a fare i loro mestieri anche in età avanzata.

Esiste inoltre un tessuto sociale forte, connesso. Spesso gli abitanti di Okinawa si organizzano in piccoli gruppi amicali chiamati Moai, composti da sei persone che si sostengono e si aiutano per tutta la vita. Non so voi, ma io pagherei per potere stare dentro uno di questi Moai ;)

Ma la cosa che ha colpito di più l'attenzione degli studiosi - e che poi si è andata diffondendo fino quasi a diventare una moda - è questo concetto di ikigai.

L'ikigai è il senso della vita, o anche il motivo per cui ti svegli ogni mattina, o ancora ciò per cui vale la pena vivere. E chi ha molto ikigai, a quanto pare, tende ad avere una salute migliore.

In uno studio condotto dall'Università di Sendai, in Giappone, l'ikigai viene definito così:

Il senso di ikigai non riflette semplicemente fattori psicologici individuali (benessere, speranza), ma anche la consapevolezza individuale delle motivazioni per cui si vive; il suo significato ha a che vedere con l'avere uno scopo o una ragione per vivere.
Il termine ikigai viene comunemente usato in Giappone in frasi come "questo hobby è ciò per cui vale la pena vivere (ikigai)", oppure "crescere i miei figli rende la mia vita degna di essere vissuta (ikigai)". Nel più autorevole dizionario giapponese l'ikigai è definito come provare gioia e senso di benessere per essere vivi, realizzare il valore di essere vivi.

I ricercatori Università di Sendai, seguendo oltre quarantamila giapponesi per molti anni, hanno scoperto che tra chi aveva dichiarato di possedere un forte senso di ikigai, i tassi di mortalità dopo sette anni erano notevolmente più bassi rispetto a chi invece aveva dichiarato di possedere poco o nulla ikigai. In particolare, chi aveva dichiarato di possedere un forte ikigai è risultato meno a rischio di sviluppare malattie di tipo cardiovascolare.

Insomma pare che la gioia di vivere ci protegga da alcune malattie e ci aiuti a vivere più a lungo. Interessante, no?

Coltiva il tuo ikigai

Ken Mogi è uno studioso giapponese che lavora nel laboratorio di scienze informatiche della Sony. I suoi ambiti di ricerca riguardano il funzionamento della mente e del cervello. Di recente ha scritto un libro dedicato proprio al tema dell'ikigai: Il piccolo libro dell'ikigai. La via giapponese alla felicità.

Non è un manualetto per trovare il proprio ikigai. Leggendolo, l'ikigai non sembra essere qualcosa che si trova, piuttosto qualcosa che, al massimo, si svela, o che si coltiva.

Per avvicinarci al nostro ikigai, dice Ken Mogi, possiamo cominciare con il porci delle semplici domande:

  • quali sono le cose che hanno per me maggiore valore?
  • da quali attività ricavo il massimo piacere?
  • come mi piace utilizzare le prime ore del mattino dopo essermi svegliato?

Il libro è ricco di esempi, molto vari tra loro, dai quali si capisce bene che questa idea di ikigai non è banalmente un: trova la tua passione e seguila. Piuttosto si tratta di un percorso di ricerca personale, che ha molto a che vedere con quello che decidiamo di fare nella nostra vita, e con il come lo facciamo.

Fare le cose con cura, per bene, con amore e attenzione per i dettagli, questo, secondo Ken Mogi, è parte dell'ikigai.

Non è detto poi che l'ikigai abbia a che vedere con il successo. Ottenere un riconoscimento sociale per quello che facciamo è sicuramente importante, ma non è da questo che dipende la nostra gioia di vivere. Quando svolgiamo qualche attività che ci fa provare ikigai, infatti, siamo spinti da una motivazione interna, proviamo piacere nello svolgere l'attività in sé, e non tanto nella ricompensa che - forse - ci aspetta.

L'idea di ikigai si avvicina, da questo punto di vista, a quella di flusso: quello stato di totale immersione in ciò che stiamo facendo che ci fa dimenticare tutto il resto. Quando non percepiamo lo scorrere del tempo, e la nostra mente, invece di saltellare irrequieta qui e lì, è focalizzata nel presente.

A volte nella vita lavoriamo con le priorità sbagliate e troppo spesso facciamo qualcosa solo in cambio di una ricompensa; se le ricompense non arrivano in tempo, restiamo delusi e perdiamo interesse in ciò che facciamo. Ecco, questo è proprio l'approccio sbagliato. Tra le azioni e le ricompense intercorre quasi sempre un certo scarto temporale, e nemmeno dopo che abbiamo lavorato obiettivamente bene ci spetta un riconoscimento immediato: la ricezione e il riconoscimento avvengono in modo stocastico, in base a molte variabili che sfuggono al nostro controllo. Se riusciamo a far sì che lo sforzo diventi la fonte primaria della nostra felicità, allora avremo vinto la sfida esistenziale più grossa. In altre parole, continuate a suonare anche se nessuno vi ascolta. Disegnate quando nessuno vi guarda. Scrivete un racconto che nessuno leggerà. Le gioie e le soddisfazioni interiori saranno più che sufficienti a mandarvi avanti. Se riuscirete in questa impresa sarebbe diventati maestri nell'arte di stare nel qui e ora.

Sta qui il senso della vita: in ciò che ci fa sentire la pienezza del presente, che rende ogni istante prezioso, e che ci dà la sensazione di avere uno scopo (che è qualcosa di diverso di un semplice obiettivo da raggiungere).

Il nostro ikigai può svelarsi in diverse attività, a seconda di quello che ci piace, che per noi ha valore, che ci fa sentire vivi. Può essere un hobby, la cura della famiglia, il nostro lavoro, la corsa mattutina, la lezione di golf, lo yoga, il volontariato.

I cinque pilastri dell'Ikigai

Secondo quello che dice Ken Mogi, l'ikigai si regge su questi cinque pilastri:

  • cominciare in piccolo
  • dimenticarsi di sé
  • armonia e sostenibilità
  • la gioia per le piccole cose
  • stare nel qui e ora

Io li tradurrei così.

  • Qualsiasi cosa tu abbia in mente di fare, comincia in piccolo, muoviti per piccoli passi e fai le cose per bene.
  • Non agire solo in funzione delle ricompense, ma prova a mettere da parte il tuo sè e sperimenta il piacere di stare nel flusso.
  • Ricerca l'armonia e la sostenibilità, tieni presente che le tue azioni hanno un impatto sul mondo che ti circonda e sulle altre persone.
  • Presta attenzione alle piccole cose, un raggio di sole che scalda, una tazza di caffè al mattino, la doccia calda dopo una corsa: spesso sono queste le cose che ci fanno sentire felici e in armonia con noi stessi.
  • Impara a stare nel qui e ora, cerca di radicarti nel tuo presente: accettalo così come è e poi prova a migliorare se lo desideri (muovendo i primi piccoli passi, appunto).

Un piccolo mistero da risolvere

Forse ti sarà capitato di vedere l'ikigai rappresentato in un diagramma a quattro cerchi.
Anche in uno dei libri che va per la maggiore ultimamente su questo argomento - Ikigai. Il metodo giapponese. Trovare il senso della vita per essere felici - l'autrice sostiene che l'ikigai si trova dove si intersecano questi quattro fattori:

  • Quello che ti piace fare
  • Quello che sai fare bene
  • Quello di cui il mondo ha bisogno
  • Quello per cui ti pagano (o potrebbero pagarti)

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Questa definizione di Ikigai mi ha lasciata perplessa. Nel libro di Ken Mogi, per esempio, non c'è traccia di questo. Anzi, viene detto più volte che l'Ikigai non necessariamente si trova nelle attività per le quali veniamo pagati.

Nel Ted Talk di Dan Buettner (quello citato all'inizio dell'articolo), si porta come esempio una donna molto anziana per la quale il senso della vita è tenere in braccio la sua bis bis nipotina nata da poco. Il che, è evidente, non c'entra proprio nulla con "qualcosa per cui essere pagati", anche se forse c'entra molto con il "qualcosa di cui il mondo ha bisogno" ;)

Allora ho fatto qualche ricerca, ed ecco cosa ho scoperto.

Il diagramma dell'ikigai è stato elaborato da Marc Winn in un blog post del 2014. Quello che ha fatto Marc Winn è stato mettere assieme l'idea di Ikigai (così come l'aveva spiegata Dan Buettner), con il diagramma di Venn utilizzato per rappresentare il concetto di scopo della vita. Ecco perché non c'è traccia di quel diagramma nei libri giapponesi che parlano di ikigai.

Questa idea di Marc Winn ha comunque avuto moltissimo successo e quel diagramma è stato diffuso, modificato, riutilizzato così tante volte che adesso in molti danno per scontato che rappresenti il concetto di ikigai, ma se lo fai vedere a un giapponese, molto probabilmente resterebbe abbastanza perplesso. I due concetti, quello di ikigai e di scopo nella vita non sono la stessa cosa.

Detto questo, può essere senza dubbio uno strumento utilissimo, per esempio per chi non ha ancora capito quale può essere la sua strada, per chi ha già una carriera ma vorrebbe cambiare, o anche per chi semplicemente vuole dare una nuova direzione alla sua vita.

È utile perché intanto ci aiuta a distinguere due elementi: quello che ci piace fare e quello che siamo capaci di fare bene. A me per esempio piace ascoltare la musica e cantarci sopra. Ma sono stonata come una campana :D
È quindi qualcosa che faccio di tanto in tanto quando sono sola in casa, ma non l'ho certo fatta diventare un'attività importante della mia vita. Preferisco investire sulla scrittura, che pure mi piace e sicuramente mi riesce un po' meglio. Se invece mi fossi sentita portata per il canto, avrei potuto prendere delle lezioni e partecipare a qualche coro.

I passaggi successivi riguardano l'impatto che quello che scegliamo di fare ha all'esterno. Di cosa ha bisogno il mondo? Non è che per rispondere a questa domanda dobbiamo pensare di risolvere i problemi che affliggono l'umanità. Basta pensare più semplicemente a come le nostre azioni possono influenzare e coinvolgere altre persone. Prendere la mia passione per la scrittura e metterla in questo blog va in questa direzione, per esempio. Fare torte per la festa della scuola, per qualcuno che ama cucinare, va ancora in questa direzione. O anche organizzare un gruppo di lettura in biblioteca o un circolo per fare i lavori a maglia in compagnia.
Domandarsi di cosa ha bisogno il mondo, e agire di conseguenza, significa fare incontrare le nostre passioni e le nostre capacità con quello che c'è la fuori. Senza questo incontro, quello che vogliamo fare e realizzare nella vita, rischia di restare velleitario.

Possiamo quindi senz'altro utilizzare questo diagramma per ragionare su noi stessi, sulle nostre qualità, e sulla direzione che vogliamo dare alla nostra vita.

È un esercizio che possiamo anche fare a tavolino. Possiamo fare prima la lista delle cose che ci piace fare, poi la lista delle cose che ci vengono bene, e vedere quali attività sono comuni a queste due liste. E poi domandarci se e in che modo queste attività possono andare incontro ai bisogni di altre persone (primo passaggio) e se e come possiamo riuscire a essere pagati (secondo passaggio).

Non c'è però nulla di chiaro e di definito in tutto questo. È un esercizio che può tornare utile ma poi, per capirci davvero qualcosa, bisogna cominciare ad agire.

Diciamo che il diagramma dello scopo può aiutarci a decidere cosa fare, verso quale direzione indirizzare i nostri sforzi. I cinque pilastri dell'ikigai ci possono dire come farlo, con quale atteggiamento, con quale intenzione.
E poi è solo nel fare che eventualmente il nostro ikigai potrà svelarsi. Magari anche in qualcosa che non era mai nemmeno entrato nei nostri ragionamenti. La vita, per fortuna, non si costruisce a tavolino ;)

Fammi sapere qualcosa del tuo ikigai. Cosa ti rende felice nella vita? Qual è la tua ragione per alzarti dal letto ogni mattina? È connesso alla tua professione o non c'entra niente?