Da qualche mese, di tanto in tanto, dedico qualche ora del mio tempo a un'attività che trovo molto rilassante e soddisfacente. Armata di matite e pennarelli colorati, mi metto in cerca di poesie nascoste.

In breve: prendo una pagina scritta, sottolineo le parole che mi colpiscono, compongo una frase o un verso, e cancello tutte le parole che non c'entrano (poi lo vediamo meglio).

Non sono granché brava: colori e disegni non sono mai stati il mio forte (con le parole me la cavo decisamente meglio), però continuo a esercitarmi perché trovo che sia un modo interessante e originale per stimolare la creatività.


Si chiama found poetry o anche blackout poetry e può essere considerata un po' l'equivalente letterario del collage.

Si ottiene partendo da una pagina già scritta (un giornale per esempio), cancellando tutte le parole che non appartengono al nostro componimento. Il risultato finale è una poesia visuale, da leggere ma anche da guardare.

Storie di pittori, scrittori e poeti

Negli ultimi anni, la blackout poetry è diventata piuttosto popolare, grazie soprattutto al lavoro di un artista americano di nome Austin Kleon, autore di un libro pubblicato anche in italiano dal titolo: Ruba come un artista.

Come ha raccontato in un TEDx Talk, Kleon ha scoperto questa pratica mentre era alle prese con il famigerato blocco dello scrittore. Un giorno si è ritrovato a osservare la pila di giornali che teneva accatastata nel suo studio e ha pensato: eccomi qui, sono rimasto senza parole, mentre accanto a me ce ne sono migliaia. Così ha preso questi giornali, ha cominciato a fare con il pennarello una bella cornice nera attorno alle parole che lo colpivano, e le usava per comporre frasi divertenti. E poi, ancora con il pennarello nero, cancellava tutte le parole di cui non aveva bisogno.

Non si può dire però che questa tecnica l'abbia inventata Austin Kleon. Si tratta in verità di qualcosa che era già stato fatto in passato da artisti diversi. Lo stesso Kleon si è messo alla ricerca delle origini della found poetry ed ecco cosa ha trovato.

La prima traccia di componimenti realizzati a partire dalle pagine di giornale risale al 1760. All'epoca i giornali erano scritti in colonne con pochissimo margine di separazione. Un certo Caleb Withefoord - mercante di vini, e autore di satira politica - si accorse che leggendo tutte le parole di seguito in riga, senza seguire l'impaginazione delle colonne, venivano fuori delle frasi insensate ma molto divertenti. E così elaborò diversi componimenti satirici usando questa tecnica che aveva chiamato cross reading (lettura trasversale).

Parecchio tempo dopo, agli inizi del 1900, un poeta di nome Tristan Tzara (uno dei fondatori del dadaismo) componeva poemi prendendo a caso parole ritagliate dai giornali. Diceva che chiunque poteva farlo. Bisognava prendere l'articolo di un giornale, ritagliarne tutte le parole e metterle in un sacchetto. Scuotere il sacchetto (come per mescolare i numeri della tombola), tirare fuori le parole una per una e ricopiarle nell'ordine in cui erano uscite dal sacchetto e stare a vedere cosa ne usciva.

Questa modalità di scrivere poesie assemblando parole già scritte è un'idea con la sua vitalità, e ha continuato a fare la sua strada.

La ritroviamo negli anni sessanta, nell'opera dello scrittore William Burroghs, che assieme all'amico pittore Brion Gysin, ha elaborato e diffuso la tecnica del cut-up, simile a quello che faceva Tristan Tzara. L'idea è di prendere un testo già scritto - il cui significato è già dato, cristallizzato in una sequenza ben precisa di parole e frasi - e destrutturarlo. Distruggerlo per poi ricostruirlo rinnovandone il significato, scoprendo nuove combinazioni e nuove connessioni.

Sempre negli anni sessanta, un pittore inglese di nome Tom Phillips acquistò in libreria un vecchio libro - un romanzo intitolato A Human Document di un autore di epoca vittoriana - e cominciò così il suo progetto di creare delle opere d'arte con ogni pagina. Dipingendoci sopra, o utilizzando il collage, anche lui ricreava con le parole già scritte dei nuovi significati. Phillips ha lavorato a questo progetto per decenni, e nel 2016 è stata anche pubblicata la versione definitiva della sua opera: A Humument: A Treated Victorian Novel: Final Edition.

Le sue pagine sono davvero molto belle, vale la pena darci un'occhio. Si possono trovare sul sito della Tate Gallery --> Tom Phillips.

In Italia, un artista di nome Emilio Isgrò, contemporaneo di Tom Phillips, è diventato piuttosto noto per la tecnica della cancellatura. Isgrò, come racconta lui stesso, ha avuto l'idea quando lavorava come giornalista. Stava facendo l'editing di un articolo, ed è rimasto colpito dall'effetto che facevano sulla pagina scritta i suoi segni di cancellatura:

Sono rimasto molto sorpreso da questa immagine che veniva fuori, mi sono detto: ma guarda come è interessante, guarda come rinforza la comunicazione anche laddove apparentemente la nega, come trova dei riferimenti interni nel corpo del testo tra le parole a volte distanti.

Parole lontane che se avvicinate si ricompongono in nuovi significati.

Sempre Emilio Isgrò, in un documentario per SkyArte, ha dato questa bellissima definizione di arte:

L'arte è come l'amore. A cosa serve l'amore? A perpetuare la vita. L'arte serve alla stessa cosa, ad avere fiducia nel futuro, a sperare che sia possibile un mutamento.

Da incorniciare.

Fiducia e cambiamento

Nel fare le mie ricerche per questo articolo, mi sono imbattuta nel sito di John Carroll, che è anche molto attivo su Instagram con il profilo Make Blackout Poetry. Tra l'altro gentilissimo: mi ha dato il permesso di utilizzare le sue immagini in questo articolo.

Nel suo sito, racconta di avere cominciato a sperimentare con la blackout poetry mentre stava attraversando un periodo di depressione.

Una notte dopo l'altra, mi sedevo al tavolo della cucina con un pennarello Sharpie e utilizzavo qualsiasi cosa avessi per le mani che contenesse un testo che potevo far diventare una poesia con la tecnica del blackout. (...) I messaggi erano scuri e tristi, confinanti con la depressione e la psicosi, ma questo lavoro mi aiutava a elaborare il mio dolore. Ho continuato a fare blackout poetry per gran parte dell'anno finché finalmente la mia testa non è tornata a posto. (...) Ho sempre considerato la blackout poetry un esercizio per la mente subconscia e sono rimasto sorpreso quando mi sono accorto che le mie poesie non erano più focalizzate sulla disperazione e sulla depressione, ma sulla speranza a sulla passione.

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© John Carrol

Mi ha molto colpito questo racconto. Conferma che le attività creative possono avere un ruolo importante nel nostro benessere. Scrivere, disegnare, comporre poesie, ma anche lavorare a maglia o cucinare un piatto elaborato... sono tutte attività che ci fanno bene, rasserenano l'animo, calmano la mente, ci aiutano a essere più presenti e centrati.

Mi sono domandata il perché di questo effetto terapeutico della creatività e mi sono data queste provvisorie risposte.

  1. Perché quando siamo impegnati in queste attività entriamo facilmente nel cosiddetto flusso. Ci troviamo cioè concentrati in quello che stiamo facendo, profondamente ancorati nel presente e con la sensazione di avere il controllo.

  2. Perché le attività artistiche e creative ci aiutano a esprimerci. Scrivere, disegnare, dipingere, cucinare o anche costruire un mobile, sono tutti modi per affermare chi siamo.

  3. Perché quando il lavoro è finito ne possiamo trarre una certa soddisfazione. L'abbiamo fatto noi, possiamo riguardarlo, perfezionarlo se vogliamo. Abbiamo imparato qualcosa che ci servirà per la volta successiva.

Come si fa

Ok, dopo tutte queste lunghissime chiacchiere è venuto il momento di sporcarsi le mani e andare a cercare le nostre poesie.

1. Procurarsi una pagina di testo

Prima di tutto ti serve una pagina scritta. Puoi usare giornali, riviste, oppure puoi strappare la pagina di un libro che non ti interessa, o che si è rovinato. Lo so, alcuni considerano quasi blasfemo strappare la pagina di un libro... io dico che invece, in certi casi, può essere un gesto diciamo interessante ;)

Puoi anche fare delle fotocopie o cercare i tuoi testi su internet. Io ultimamente vado a prendere le mie pagine tra i classici della letteratura, e senza alcun bisogno di deturpare libri. C'è una bellissima biblioteca online che contiene oltre tremila testi digitalizzati scaricabili gratuitamente. Si chiama Liber Liber: è un progetto davvero meritevole, da sostenere. Lì puoi scegliere tra libri di D'Annunzio, Pirandello, Verga, ma anche Shakespeare, Freud, Virginia Wolf. Basta avere una stampante ed ecco pronte le pagine per cercare poesie nascoste tra le righe dei grandi della letteratura.

2. Leggere, sottolineare e comporre

Ora che hai la tua pagina, quello che devi fare è prendere una matita (e una gomma), leggere e sottolineare le parole che ti paiono belle, quelle che ti colpiscono, che ti dicono qualcosa.

Quando hai selezionato le tue parole, prova a usarle per comporre un verso o una frase di senso compiuto. Se ti mancano articoli e congiunzioni, li puoi recuperare tra le parole del testo. In questo passaggio ci vuole pazienza. A volte si trova subito l'incastro giusto e la poesia salta fuori quasi da sé. Altre volte serve più tempo. È come fare un puzzle. Ovviamente puoi scartare tutte le parole che vuoi tra quelle sottolineate, e anche prenderne altre tra quelle che non hai sottolineato se capisci che ti servono. Non è un processo rigido. A volte aiuta anche scrivere le parole in un foglio a parte e ragionarci un po'.

3. Cancellare

Ora, una volta che hai trovato la tua poesia, la tua frase, il tuo componimento, non dovrai fare altro che oscurare le parole che non c'entrano. Si possono utilizzare molte tecniche di cancellatura diverse, non c'è limite se non la tua creatività.

Per cominciare puoi fare la cosa più semplice, alla portata di tutti: prendi un pennarello nero con la punta grossa e cancella tutto il testo, tranne la tua poesia. Questo è il metodo classico della blackout poetry e va sempre bene.

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© John Carrol

Oppure puoi prendere un pennarello più sottile e utilizzare diversi tratti per oscurare le parole in più. Puoi fare delle linee sottili orizzontali o verticali, creare dei reticolati, o dei disegni come gli scarabocchi zen. Puoi pure prendere gli acquerelli e metterti a dipingere.

Anche in questa fase bisogna fare esercizio di pazienza: troppa fretta nel cancellare rovina la resa estetica del lavoro.

Scrivere senza dover scrivere

So che per molte persone risulta difficile avvicinarsi alla scrittura (per non parlare della poesia) perché tendiamo a essere un po' intimoriti davanti alla pagina bianca. Ci viene in mente la scuola, i temi in classe, il giudizio degli insegnanti. Scrivere per molti è un gesto innaturale: ci si sforza di trovare le parole e di comporre le frasi, come se per scrivere bisognasse attingere a risorse diverse da quelle che utilizziamo già abitualmente per parlare e per esprimerci.

Queste pratiche a me sembrano interessanti anche per questo: non devi scrivere dal nulla, ma solo di ricomporre un testo che già c'è, e questo penso possa in qualche modo aiutare ad abbattere qualche barriera e a rendere la scrittura un'attività più naturale.

E dall'altra parte, chi invece è abituato a scrivere, ma non ha dimestichezza con il disegno o la pittura, può trovare piacevole riuscire a creare qualcosa di visivo anche senza particolari abilità manuali. Consente di lavorare con le parole in un modo nuovo.

Se ti va di sperimentare un po' con questa pratica, spero di vedere i tuoi lavori su Instagram. Il mio profilo è qui: --- > Marina Innorta. Aspetto le tue poesie, e fammi sapere come è andata ;)