Si parla spesso della procrastinazione come il killer numero uno della produttività. La parola procrastinare identifica la tendenza a rimandare di continuo i nostri impegni, una tendenza che se non contrastata ci porta ovviamente un sacco di problemi.

Questo non vuol dire però che affrettarci a portare a termine i nostri compiti nel più breve tempo possibile sia sempre positivo. Anche la fretta e il bisogno di togliersi subito di torno gli impegni possono avere effetti molto negativi.

Pre-crastinazione - Disegno di una persona che corre


La procrastinazione è evidentemente un problema: le persone che rimandano sempre i loro impegni sono poco affidabili e tendenzialmente poco produttive.
Le persone che al contrario si affrettano, che appaiono sempre occupate, che afferrano al volo ogni palla, sembrano produttive e in genere godono di un certo apprezzamento sociale.

Ma siamo davvero sicuri che stiano facendo meglio dei procrastinatori?

L'esperimento del secchio

Tre psicologi dell'Università della Pennsylvania nel corso di alcuni esperimenti si sono imbattuti in un fenomeno curioso che hanno chiamato pre-crastinazione, il contrario della procrastinazione.

Nei loro esperimenti hanno chiesto a degli studenti di svolgere un semplice compito: prendere un secchio e trasportarlo alla fine di un lungo corridoio. Ogni studente poteva scegliere tra due secchi: un secchio era vicino, a portata di mano. L'altro un po' più distante dalla posizione di partenza, ma più vicino all'arrivo in fondo al corridoio.
I ricercatori davano istruzioni agli studenti di fare la loro scelta in modo da rendere più facile il compito che dovevano svolgere. Si aspettavano quindi che gli studenti scegliessero il secchio più lontano, cioè quello che essendo più vicino alla fine del corridoio, avrebbe richiesto meno sforzo per essere trasportato fino alla meta.

Invece accadeva il contrario: gli studenti in maggioranza sceglievano il secchio più vicino a loro, anche se questo significava dovere fare più fatica per portare a termine il compito. L'esperimento è stato ripetuto nove volte, con alcune variazioni, e ha coinvolto 257 studenti. I risultati alla fine erano sempre gli stessi: gli studenti preferivano afferrare il secchio più vicino a loro e mai quello più vicino alla meta.

Perché?

Questo comportamento agli occhi dei ricercatori appariva irrazionale, ma se la maggioranza faceva quella scelta un motivo doveva pur esserci.

Alla fine gli studiosi hanno chiesto agli stessi studenti di spiegare il loro comportamento e la risposta è stata abbastanza chiara: sceglievano il secchio più vicino così si toglievano subito il pensiero.

Il compito che era loro assegnato può essere scomposto in due obiettivi:

  • prendere un secchio
  • portarlo fino in fondo al corridoio

Il comportamento istintivo per la maggior parte dei partecipanti fu quello di prendere subito il secchio più vicino per raggiungere subito del primo dei due obiettivi. Preferivano portare subito a termine la prima parte del compito, anche se questo significava poi dovere fare più fatica per arrivare all'obiettivo finale.

I ricercatori hanno definito questo fenomeno pre-crastinazione: la tendenza a raggiungere un sotto-obiettivo il più in fretta possibile anche a costo di dovere fare poi maggiore fatica per raggiungere l'obiettivo completo.

La tendenza a pre-crastinare può essere molto subdola: hai la sensazione di essere produttivo perché ti stai dando un sacco da fare. Ma stai facendo la cosa giusta?

La procrastinazione mascherata

La pre-crastinazione in generale può essere definita come l'urgenza a occuparsi il prima possibile di un compito e di portarlo a termine velocemente.

Una delle situazioni più tipiche è quando ci teniamo occupati con un sacco di piccoli compiti, continuando però a rimandare il compito più importante e impegnativo.

Esempi?

Lo studente che deve preparare un esame, ma prima di mettersi a studiare mette a posto gli appunti, riordina la sua stanza, stende una lavatrice e poi scende un attimo in cartoleria per comprare quattro evidenziatori e un quaderno nuovo.

Di certo non possiamo dire che abbia passato la sua giornata oziando, ma sta facendo le cose sbagliate.

Lo stesso di può dire sul lavoro: succede quando c'è un compito impegnativo che ci aspetta (magari non urgentissimo), e invece di cominciare a lavorarci, ci perdiamo in altre cose che in quel momento ci sembrano più urgenti, come rispondere alle e-mail, dare retta a un collega che ha bisogno di aiuto, rifare la formattazione al nostro report perché poi così sarà bellissimo e professionale.


![Precrastinazione - un uomo molto occupato](/content/images/2016/10/man-1633667_1280.jpg)

In questi casi si tratta di una forma di procrastinazione mascherata: stiamo rimandando un compito importante e lo facciamo pre-crastinando attività che potrebbero tranquillamente essere rimandate. Tenerci occupati con altro alimenta l'illusione di essere comunque produttivi e tende a mascherare il fatto che in realtà ci stiamo solo allontanando dal nostro obiettivo primario.

Intensità, concentrazione, profondità

Sto leggendo un libro che si intitola Deep Work: Rules for Focused Success in a Distracted World, scritto da Cal Newport, professore di informatica all'università di Georgetown a Washington.

La tesi di Newport è che nel mercato del lavoro diventeranno sempre più preziose le persone capaci di lavorare per lunghi periodi con intensa concentrazione.

Viviamo un'era tecnologica (e questo lo sappiamo). Una delle caratteristiche delle tecnologie che utilizziamo su larga scala è la facilità di utilizzo. Chiunque abbia uno smartphone dopo un po' si abitua a svolgere ogni operazione con pochissimi gesti. Tutto deve essere quanto più possibile intuitivo, elementare, immediato, facile.

Bene, ma per creare questo tipo di interfaccia occorre un lavoro tutt'altro che facile, immediato, intuitivo. Al contrario le persone che sono in grado di progettare e programmare questo genere di tecnologie padroneggiano una conoscenza molto complessa e ottengono risultati solo lavorando con intensa concentrazione.

Ci troviamo sempre più spesso a fare funzionare cose semplici e immediate. Così facendo ci disabituiamo a lavorare in profondità, che però è proprio quello di cui c'è sempre più bisogno nell'economia di oggi e di domani.

Per dirla in modo più immediato: oggi le persone con gli stipendi più alti non sono quelle che usano Facebook, ma quelle che lo programmano. E programmare e gestire una robetta così richiede la capacità di fare quel lavoro di concentrazione e profondità, che proprio a forza di usare Facebook (e cose simili) stiamo perdendo.

Ora, cosa c'entra tutto questo con la pre-crastinazione? C'entra perché se ubbidiamo di continuo all'impulso di affrontare in nostri compiti il prima possibile e di toglierceli di torno altrettanto in fretta, siamo condannati a lavorare in modo superficiale e approssimativo. Il falso mito dell'efficienza e della velocità rischiano di portarci via la pazienza e la concentrazione necessarie per affrontare i compiti più complessi.

Né perfetti né superficiali

In qualche modo la superficialità sta alla pre-crastinazione come il perfezionismo sta alla procrastinazione.

Sì lo so, sembra uno scioglilingua, ma se hai pazienza ora provo a spiegarmi ;)

Si dice spesso che il perfezionismo è una delle maggiori cause di procrastinazione. Abbiamo in mente un risultato bellissimo, perfetto, ineccepibile, ma non appena ci mettiamo al lavoro ci accorgiamo che quello che siamo in grado di fare è lontano anni luce dall'ideale di perfezione che abbiamo nella testa. E allora, pur non tradire l'ideale, non facciamo nulla. È la paura di fallire, di non essere all'altezza. L'incapacità a misurarsi con la realtà delle cose. Lo faccio domani è la risposta migliore che il nostro cervello è in grado di trovare per potersi concedere il lusso di continuare a baloccarsi con un'idea perfetta, eludendo il confronto con la realtà. Così procrastiniamo.

All'estremo opposto, la superficialità va a braccetto con la pre-crastinazione. Il fare in fondo è rassicurante. Finché ci teniamo occupati abbiamo l'illusione che tutto stia andando per il verso giusto: siamo produttivi, ci stiamo impegnando, ci siamo messi subito al lavoro. Non importa se siamo distratti, l'importante è combinare comunque qualcosa. Non importa se per fare bene questa cosa sarebbe meglio prima prendere qualche informazione in più, chi ha voglia di perdere tempo? Si fa e basta. Con questo atteggiamento finiamo con il produrre risultati di bassa qualità, che non ci aiuteranno a raggiungere davvero i nostri obiettivi. Se siamo spinti all'azione prima del tempo ci ritroviamo a fare errori che per essere corretti necessitano di molto più tempo (ed energia) di quello che abbiamo risparmiato affrettandoci.

Per come la vedo io, ogni persona è diversa. Io sono più il tipo del procrastinatore. Ci sono cose che rimando di continuo semplicemente perché mi secca farle, e altre che rimando (o che non riesco a concludere) perché non sono soddisfatta del livello che riesco a raggiungere.

Guardandomi attorno non posso fare altro che pensare che anche il problema opposto sia piuttosto diffuso. Dal mio sicuramente limitato punto di osservazione noto sempre più spesso che la capacità di concentrarsi e di lavorare in modo approfondito è sempre più rara. Mentre è molto diffusa la tendenza a fare qualcosa purché si faccia. A togliersi di torno i compiti e le incombenze senza un minimo di riflessione, di ripensamento, di controllo e verifica.

Il punto però è che la procrastinazione è con tutta evidenza riconosciuta come un problema. Quindi se tendi a procrastinare, lo sai che stai sbagliando.

Al contrario la pre-crastinazione si maschera molto bene sotto forma di falsa produttività, o falsa efficienza, e difficilmente se ne vedono i costi.

La prima idea che ti viene in mente

Uno dei campi in cui la pre-crastinazione fa tanti danni quanto la procrastinazione è la creatività.

Se per esempio ti dicessi di tirare fuori così su due piedi un soggetto per un racconto o per un film di fantascienza, cosa ti verrebbe in mente? Astronavi? Viaggi nello spazio? Alieni e incontri ravvicinati?

È normale che le nostre idee vadano ad attingere nell'immenso calderone dell'immaginario collettivo, andando a pescare in prima battuta le immagini più consolidate nella nostra cultura. Proprio per questo, nella grande maggioranza dei casi, la prima idea che ti viene in mente è anche quella più scontata, banale, vista, rivista e stra-vista.

Chiunque lavori bene con la creatività sa che buttarsi a realizzare la prima idea che ci salta in mente non è mai la cosa giusta da fare. Le idee migliori sono quelle che abitano la nostra mente per un po'. Nascono, poi finiscono nel retrobottega, smettiamo di pensarci, ma dopo un po' di tempo tornano fuori ancora più arricchite e solide: ecco, queste di solito sono le idee migliori, quelle che vale la pena portare avanti.

Il processo creativo ha sempre una fase di elaborazione inconscia durante la quale il nostro cervello continua a lavorare sulle idee mentre ci stiamo occupando di tutt'altro. Perché questo processo avvenga serve tempo. Se cominciamo a fare, spinti dall'impulso di realizzare un risultato nel più breve tempo possibile, è molto facile che produrremo qualcosa di mediocre e superficiale, privo di spessore.

Aaron Sorkin, uno sceneggiatore americano, autore di film come "The social network" e "Steve Jobs", è famoso per essere un procrastinatore seriale. In una intervista, quando gli è stato chiesto il perché della sua abitudine a consegnare i suoi lavori sempre all'ultimissimo minuto, ha risposto così:

Voi lo chiamate procrastinare, io lo chiamo pensare

Una questione di ritmo

Cosa possiamo concludere da tutto questo discorso?

Di certo non che procrastinare sia un bene, ci mancherebbe. Rimandare di continuo le cose che dobbiamo fare non è mai una buona idea. Che la creatività, e il lavoro profondo, abbiano bisogno di ponderazione e lentezza è sicuramente vero, ma non deve diventare un alibi per starsene sul divano in attesa dell'idea giusta.

Non è corretto però nemmeno l'estremo opposto: fare le cose subito e alla svelta sempre e in ogni caso. Anche la pre-crastinazione è dannosa. Produce risultati mediocri, ci fa commettere errori di valutazione (come nell'esperimento del secchio), può indurci a confondere la produttività con il tenersi occupati.

Tra l'altro, siamo onesti: non è mica vero che la tendenza a procrastinare ha sempre a che vedere con il desiderio di perfezione, o che la lentezza sia sempre sinonimo di profondità. Possiamo anche prendere il peggio da entrambe le tendenze: rimandare tutto all'ultimo momento, e poi ritrovarci a fare le cose con superficialità proprio perché non abbiamo più il tempo necessario ;)

La risposta quindi dove sta?

Io credo che sia nella capacità di fare la cosa giusta al momento giusto. È tutto un fatto di ritmo.

Riuscire a trovare il giusto ritmo da dare a ogni giorno - ma anche a ogni settimana, mese, anno - probabilmente è l'unico vero segreto per una vita produttiva e creativa. Se non ne sentiamo parlare troppo spesso, è perché il ritmo è difficile da definire, è personale, e forse ancora sul tema non si è pensato e studiato abbastanza. Si parla molto di gestione del tempo, ma a mio avviso il ritmo è una faccenda diversa.


Danza ritmo


Stavolta non riesco quindi a concludere con un bell'elenco puntato di suggerimenti che ci aiutino a evitare le inside della procrastinazione e della pre-crastinazione.

Ho però una bellissima citazione di Alan Watts - il filosofo inglese tra i primi negli anni settanta a introdurre lo Zen in occidente - che ho trovato in un articolo del mitico blog BrainPicking. Una citazione direi perfetta per l'argomento di questo articolo.

Concludo quindi con questa. Certo non ha immediati risvolti pratici, ma direi che è di ottima ispirazione:

Per raggiungere un risultato perfetto in qualsiasi arte, devi afferrare questo senso di eterno presente fin dentro alle tue ossa - perché questo è il segreto della corretta organizzazione del tempo. Non precipitarti. Non gingillarti. Ricerca soltanto la sensazione di fluire nel corso degli eventi nello stesso modo con cui balli al ritmo della musica, senza cercare di anticiparlo ma anche senza restare indietro. Affrettarsi e ritardare sono entrambi modi per cercare di resistere al presente.

Certo è più facile a dirsi che a farsi, ma sono convinta che la chiave per una vita produttiva e soddisfacente sia proprio questa: stare nel presente e trovare il giusto ritmo.

E tu cosa ne pensi?