Nel processo di scrittura, e forse in una certa misura in tutte le espressioni creative, c'è una contraddizione interna molto forte, capace di mandarci in stallo se non la mettiamo a fuoco nel modo giusto.

Per scrivere bisogna avere la capacità di lasciarsi andare al flusso creativo mettendo a tacere i nostri vari critici e giudici interiori che sopravvengono con le loro censure preventive bloccandoci nei nostri tentativi.

Se scrivo in compagnia del perfezionismo difficilmente riuscirò a mettere assieme la quantità di parole necessaria per portare avanti il mio progetto o anche solo per migliorare.

Anne Lamott - nel suo “Scrivere. Lezioni di scrittura creativa” - sostiene che il perfezionismo sia il primo ostacolo da superare quando si vuole scrivere.

Il perfezionismo è la voce dell'oppressore, il nemico del popolo. È un freno alla creatività che vi farà impazzire per tutta la vita, il più grosso ostacolo tra voi e una schifosa prima stesura.

Il perfezionismo, sempre secondo Anne Lamott, è una forma di difesa. È qualcosa che impariamo a pretendere da noi stessi - e qualche volta anche dagli altri - nel tentativo di proteggerci dal dolore.

I "muscoli" della psiche si contraggono intorno alle ferite - i dolori dell'infanzia, le perdite e le delusioni dell'età adulta, le umiliazioni subite in entrambi - per evitare che ci si faccia male di nuovo nello stesso punto (...). Il perfezionismo è uno dei tanti modi in cui i muscoli si contraggono. In alcuni casi non sappiamo nemmeno di avere una ferita con la rigidità muscolare che ne consegue. Ma le due cose rappresentano un limite. Ci fanno scrivere in modo teso e angosciato.

Mettersi a scrivere accompagnati dal perfezionismo è una impresa titanica. Non possiamo lasciare fluire le parole se, mentre cerchiamo di farlo, dobbiamo vedercela con una voce critica che ci dice che così non va bene, che stiamo scrivendo una schifezza, che questa roba non interessa a nessuno, che è orribile, banale, sciatta, scritta male, inutile... arriviamo alla fine stremati dalla lotta e siamo fortunati se siamo riusciti a mettere assieme un paragrafo.

Il perfezionismo è una forma meschina di gelido idealismo, il disordine invece è il vero amico dall'artista. Quello che tutti, per un motivo o per l'altro (di certo senza volerlo) hanno dimenticato di farci notare quando eravamo piccoli è che abbiamo bisogno di confusione per scoprire chi siamo e perché siamo qui - e, di conseguenza, che cosa dobbiamo scrivere.

Però - ed è per questo che all'inizio parlavo di una contraddizione - come si conciliano la confusione e gli errori con la buona scrittura che deve essere precisa, non approssimativa, né sciatta? Come faccio a tenere assieme il bisogno di lasciarsi andare e scrivere senza badare alle voci critiche con il bisogno di tirare fuori da quel testo la cosa migliore che sono in grado di fare?

La risposta sta nel processo di scrittura. Il perfezionismo - che dobbiamo tenere a bada durante la prima stesura altrimenti non ci permette di scrivere - ci torna però utile nelle fasi successive, quando prendiamo la nostra (schifosa) prima bozza e cerchiamo di migliorarla. Stesura dopo stesura, il nostro senso critico, torna a essere utile.

La prima è la stesura da abbozzare, quella in cui l'importante è scrivere. La seconda è la stesura ufficiale, quella in cui si fa ordine, si scrive ciò che si ha da dire con più precisione. La terza, infine, è la stesura da studio dentistico, quella in cui si esamina ogni singolo dente per vedere se è cariato, marcio, se sta per cadere o addirittura, se Dio vuole, è sano.

Ecco quindi che quel perfezionismo che abbiamo lasciato fuori dalla porta durante la stesura della prima bozza, lo possiamo fare rientrare perché ci aiuti durante la stesura da "studio dentistico".

Le stesure poi possono essere anche più di tre, ma a un certo punto il processo si deve fermare perché continuare a perfezionare sempre lo stesso lavoro all'infinito non è produttivo.

Nella mia piccola esperienza c'è sempre un momento in cui un testo, dopo che ci hai lavorato per n stesure, raggiunge una sorta di plateau. Tu sai che non è perfetto, ma sai anche che la tua capacità di migliorarlo è arrivata al limite. Ecco, quello è il momento di chiudere (ed eventualmente di affidarsi a un editor).

Possiamo fare un esercizio tenendo a mente le tre stesure di Anne Lamott. Prendiamo un tema qualsiasi, per esempio: una colazione al bar. Quella di una domenica mattina, o delle vacanze al mare, o quella di tutti i giorni se fare colazione al bar è una nostra abitudine. Scriviamo un paio di cartelle su questo tema, come viene, senza pensarci troppo, mettendo a tacere le nostre voci critiche. Poi lasciamo stare quello che abbiamo scritto per qualche giorno, e riprendiamolo in mano: cosa volevamo davvero dire? Cosa c'è di significativo in questo breve scampolo di memoria? Facciamo una seconda stesura, correggendo la nostra prima bozza. Poi lasciamola lì ancora per qualche giorno, tiriamo fuori il piccolo perfezionista che c'è in noi, e cominciamo la terza stesura.  Rileggiamo parola per parola, anche a voce alta, cerchiamo ogni piccola stonatura, ogni mancanza di ritmo, ogni frase che non gira, ogni parola che non sia proprio quella giusta. Correggiamo, correggiamo e correggiamo. E poi, lasciamo andare.

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Writing Lab è la mia rubrica settimanale sulla scrittura.
Mi piace leggere i manuali di scrittura e imparare qualcosa sulla tecnica. Mi piace forse ancora di più leggere i testi che i grandi autori hanno dedicato al loro mestiere. Se ne ricavano consigli pratici ma anche suggerimenti su come affrontare con la giusta mentalità il lavoro di scrivere storie. È confortante scoprire che quasi tutti se la devono vedere con l'insicurezza, le voci critiche e il dubbio di non essere all'altezza delle proprie intenzioni. Scrivere secondo me fa bene proprio perché è un atto di fiducia.
Ogni settimana scrivo un piccolo pezzo, con alcuni consigli - di solito non i miei, ma quelli degli scrittori che leggo - e provo a costruirci attorno un esercizio. Puoi seguire la rubrica qui sul blog, sotto l'etichetta Writing Lab, oppure sul Canale Telegram.