C'è un tipo di meditazione buddhista chiamata metta che nella lingua Pali significa benevolenza, gentilezza amorevole, interesse attivo verso gli altri. Si pratica augurando a se stessi e alle altre persone di essere al sicuro, in pace e in salute. Inizialmente ci si rivolge a se stessi, poi si includono le persone amate, e, come in cerchi che si allargano, si arriva ad augurare il bene a tutte le creature viventi.

Un aspetto della pratica di metta che mi affascina è l'invito a prestare attenzione quello che ci rende uguali agli altri. Sentirsi separati dagli altri è doloroso, succede quando ci convinciamo che i nostri problemi, i nostri guai, i nostri dolori, siano solo nostri, che gli altri non ci possono capire perché a loro certe cose non sono successe o perché sono più forti e attrezzati di noi. Quando invece riusciamo a riconoscere e a dare valore a quello che ci unisce, che ci rende uguali, simili tra di noi, è più facile sentire quel senso di connessione che in qualche modo ci pacifica con il mondo. Non risolve i nostri guai, ma ci aiuta a capire che fanno parte della vita e dell'essere persone umane.

La pratica di metta viene proposta in diverse varianti. Una di queste l'ho trovata nel libro di Chade-Meng Tan, Search Inside Yourself (tradotto in italiano con il titolo È facile lavorare felici se sai come farlo), e mi è piaciuta particolarmente perché mette l'accento proprio sulla somiglianza. Si chiama Proprio come me.

Questa persona è composta di corpo e mente, proprio come me.
Questa persona possiede sentimenti, emozioni e pensieri, proprio come me.
Questa persona, a un certo punto della sua vita, è stata triste, delusa, arrabbiata, ferita o confusa, proprio come me.
Questa persona, nel corso della sua vita, ha provato pene e dolori fisici ed emotivi, proprio come me.
Questa persona desidera essere libera da pena e dolore, proprio come me.
Questa persona desidera essere sana e amata, avere relazioni appaganti, proprio come me.
Questa persona desidera essere felice, proprio come me.

Possiamo praticare rivolgendo questi pensieri a una persona a cui vogliamo bene, ma possiamo farlo ugualmente con qualcuno che non conosciamo.

Questa meditazione mi è tornata in mente mentre leggevo ancora qualche pagina del bellissimo libro Scrivere. Lezioni di scrittura creativa di Anne Lamott, che è una vera e propria miniera di pensieri e intuizioni intelligenti.

Anne Lamott dice che scrivere significa sapere osservare e comunicare quel che ci succede intorno.

Lo scrittore è un individuo che se ne sta in disparte, ma nello stesso tempo non manca mai di prendere qualche appunto. (...) Il vostro mestiere è vedere le persone come sono realmente, ma per farlo dovete prima conoscere voi stessi a fondo. Solo allora riuscirete a comprendere gli altri. In teoria è molto semplice, in pratica non lo è per niente.

Il punto è comprendere se stessi e poi gli altri, in modo da mettere sulla carta dei personaggi veri, con i quali chi legge si possa identificare. E possiamo riuscire a farlo anche con personaggi molto diversi e lontani da noi se diventiamo capaci di guardare alle persone con apertura e lucidità mentale.

È relativamente facile guardare con tenerezza e approvazione un bambino, soprattutto se è vostro figlio, se è carino e simpatico, perfino se vi sta offendendo. Così come è relativamente facile guardare con tenerezza uno scoiattolino e addirittura vederlo con una certa lucidità (...)
Ma è possibile provare questi sentimenti persino guardando - e guardandolo per davvero - un poliziotto. Se lo si osserva con attenzione, ci si rende conto che anche lui è un essere vivente che soffre come un cane: basta rimuovere la patina fatta di immagini di violenza, di caos e pericolo che evoca un poliziotto. A quel punto lo si accetta come un proprio simile.

Imparare quindi a osservare se stessi e le altre persone con distacco compassionevole. E anche, aggiunge poi Lamott, con rispetto.  

Osservare con rispetto mi sembra significhi imparare a guardarsi attorno senza dare niente per scontato, con quella mente aperta, mente di principiante, di cui parla spesso Jon Kabat-Zinn e altri maestri della mindfulness.

Scrive ancora Anne Lamott

Chiunque lo voglia può farsi sorprendere dalla bellezza o dalla sofferenza insite nella natura, nel cuore e nella mente dell'uomo, e provare a descriverne i particolari, le sfumature, quel che preferisce. Iniziate a guardarvi intorno e comincerete a vedere. Se ciò che notate vi coglie impreparati, descrivetelo nel modo più aperto e realistico possibile: vi darà una speranza. Vi guarderete attorno ed esclamerete: "Wow, c'è sempre quell'uccellino sull'albero; ancora la donna con il cappello rosso". La donna dal cappello rosso è un'immagine di speranza perché anche lei, come voi, vive con l'acqua alla gola, eppure indossa ogni giorno quello stravagante cappello rosso per recarsi in città.

Ci scommetto che non avete mai pensato ai personaggi delle vostre storie in questo modo. Neanche io fino in fondo, non prima di avere letto queste pagine.

Su questo si può costruire un buon esercizio. Per qualche giorno provate a osservare le persone mentre siete in giro. Quelle che incontrate per strada, in autobus, in treno, la cassiera del supermercato, o anche quel collega di lavoro che conoscete poco, la vicina di casa. Cercate il vostro poliziotto, la vostra donna con il cappello rosso. Cercate di vedere questa persona per come è, per quello che vi è concesso senza conoscerla intimamente. E poi provate a immaginare una storia: chi è? quanti anni ha? che lavoro fa? dove sta andando? quali sono le sue pene e le sue gioie? Ecco un personaggio e una storia da scrivere.

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Writing Lab è la mia rubrica settimanale sulla scrittura.
Mi piace leggere i manuali di scrittura e imparare qualcosa sulla tecnica. Mi piace forse ancora di più leggere i testi che i grandi autori hanno dedicato al loro mestiere. Se ne ricavano consigli pratici ma anche suggerimenti su come affrontare con la giusta mentalità il lavoro di scrivere storie. È confortante scoprire che quasi tutti se la devono vedere con l'insicurezza, le voci critiche e il dubbio di non essere all'altezza delle proprie intenzioni. Scrivere secondo me fa bene proprio perché è un atto di fiducia.
Ogni settimana scrivo un piccolo pezzo, con alcuni consigli - di solito non i miei, ma quelli degli scrittori che leggo - e provo a costruirci attorno un esercizio. Puoi seguire la rubrica qui sul blog, sotto l'etichetta Writing Lab, oppure sul Canale Telegram