Da brava introversa ho sempre prestato particolare attenzione al mio mondo interiore: come mi sento, cosa penso, quali emozioni provo. Avendo poi fatto lunghi anni di psicoterapia, questa tendenza all'introspezione si è ancora di più accentuata.
Non lo considero di per sè un limite, anzi: in tutta sincerità diffido delle persone che non sono capaci, di tanto in tanto, di fermarsi a domandarsi: come sto? cosa provo? cosa mi dice la testa?
Ci vedo però un rischio, o meglio una deriva: che l'eccesso di riflessione possa in qualche modo deprimere l'azione. Che ci sia troppa attenzione a come sto, e poca a cosa sto facendo. E soprattutto che non si colga invece il legame tra quello che faccio e come mi sento.
Solo agendo infatti ci possiamo confrontare con la realtà e apprendere nuove cose su noi stessi e sul mondo. E quello che facciamo, di riflesso, influisce sul nostro umore e su come ci sentiamo.
Spesso abbiamo la tendenza ad aspettare di sentirci nel modo giusto prima di prendere l'iniziativa. Voglio smettere di fumare, ma non è il momento giusto. Voglio imparare una nuova lingua ma non mi sento abbastanza motivato. Voglio scrivere un romanzo ma mi sembra un'impresa così difficile che mi scoraggio. Voglio concretizzare un sogno, una intuizione, un progetto, ma non sono sicura che l'idea sia davvero buona. So cosa voglio fare, ma ancora non sono pronto.
In tutti questi casi, cominciare ad agire è l'unica medicina che funziona. Se aspettiamo di sentirci ok, potremmo non partire mai. Molto più facile che accada il contrario: che cominciamo ad agire, e questo ci fa sentire meglio. La motivazione la troviamo strada facendo; capiamo se la nostra idea è buona solo nel momento in cui la mettiamo in pratica; impariamo di cosa abbiamo davvero bisogno solo dopo avere cominciato, e non prima. Il piano perfetto non esiste, ma tutto, o quasi tutto, si può perfezionare in corso d'opera.
Per questo ho deciso di dedicare il terzo Quaderno di esercizi a questo tema: passare all'azione.
Come fare a cambiare quando desideriamo cambiare? Verso quale direzione dobbiamo dirigere i nostri sforzi? Che strumenti abbiamo per concretizzare i nostri progetti? Che facciamo davanti alle difficoltà?
Ho ripensato ai cambiamenti che sono riuscita a fare negli ultimi anni: smettere di fumare, aprire questo blog, scrivere, cambiare lavoro. Non sono mai partita da una smisurata fiducia in me stessa e dalla convinzione di potercela fare. Anzi, all'opposto, l'immagine che avevo di me era quella di una persona tendenzialmente poco affidabile, poco capace di raggiungere risultati. Se questa idea nel corso del tempo si è trasformata, se adesso ho la convinzione che, tutto sommato, se mi ci metto di impegno i miei risultati li raggiungo, è anche perché nonostante la bassa motivazione o la bassa autostima mi sono comunque data da fare.
La prima volta che ho provato seriamente a smettere di fumare è stato nel 2009. È andata bene per circa nove mesi, poi ho cominciato a sgarrare e a poco a poco sono tornata a fumare (quasi) come prima. Però ero riuscita a stare nove mesi senza toccare una sigaretta e questo aveva instillato in me il dubbio: vuoi vedere che forse ce la posso fare?
Ci ho messo altri quattro anni, altri tentativi e fallimenti, ma alla fine ci sono arrivata e ho smesso davvero. È stato come costruire una casa, e le fondamenta di quella casa non sono state la motivazione, la forza di volontà, la fiducia in me stessa. Le fondamenta erano quei primi nove mesi durante i quali ero riuscita a non fumare nemmeno una sigaretta. Era stato agire, agire e poi fallire, a farmi capire che potevo farcela.
Tutta questa storiella del mio rapporto con le sigarette non è per prendermi a esempio (sono un pessimo esempio, per avere fumato e per averci impiegato così tanto a smettere). È solo un modo per spiegare cosa intendo quando dico che si può, e in molti casi si deve, cominciare ad agire anche quando dentro di noi ci sentiamo insicuri e poco fiduciosi dei nostri mezzi.
Ripensando a questo e agli altri cambiamenti positivi che sono riuscita, pur con tutti i miei limiti, a realizzare, ho cercato di ricostruire quelli che secondo me sono gli strumenti necessari per riuscire a cambiare. Dal corretto atteggiamento mentale fino alla cassetta degli attrezzi per i momenti di difficoltà. Ho capito che si cambia meglio se prima accettiamo le cose così come stanno; che non riusciamo a muoverci se prima non abbiamo chiarito a noi stessi lo scenario verso cui andare; che mettere a fuoco le nostre risorse ci aiuta a capire che direzione dare al nostro progetto; che non c'è cambiamento senza fallimento e senza difficoltà, ma che le difficoltà si possono affrontare.
Ho cercato di ordinare questi elementi e di selezionare gli esercizi migliori. Ne è venuto fuori un percorso in quattro tappe, e per ogni tappa ho inserito due esercizi. In totale sono otto esercizi e, diversamente dagli altri Quaderni, stavolta appunto si tratta di un percorso guidato, di passaggi uno dietro l'altro.
Eccoli.
1. Chiarire i nostri valori. Non andiamo da nessuna parte se prima non siamo in grado di capire cosa per noi è veramente importante, cosa conta, per cosa siamo disposti a darci da fare seriamente.
2. Costuire una visione. È un problema se il cambiamento che desideriamo ottenere resta confuso e nebuloso. Vogliamo... cosa? Essere più felici, più in salute, più vicini alla nostra famiglia, avere successo nel lavoro. Tutte affermazioni interessanti ma vaghe. Per dare maggiore concretezza al nostro progetto dobbiamo passare dal sogno alla visione.
3. Passare all'azione. Viene il momento in cui dobbiamo dichiarare conclusa la fase preparatoria e passare concretamente all'azione. Come? In primo luogo facendo chiarezza sulle nostre risorse, e cominciando quindi a fare leva sui nostri punti di forza. E poi applicando la strategia dei piccoli passi che in molti casi, soprattutto se si tratta di un cambiamento che ci risulta difficile da realizzare, si rivela essere la migliore.
4. Affrontare le difficoltà. Cambiare è difficile quasi sempre, qualche volta può essere anche molto difficile. Meglio essere preparati ad affrontare gli ostacoli (e non fare come gli struzzi ripetendoci che andrà tutto bene), mettendo qualche strumento appropriato nella cassetta degli attrezzi.
Con "Esercizi per passare all'azione" concludo (almeno per ora) la serie. Erano queste le tappe che avevo pensato per questo percorso dei Quaderni. Prima tappa (Quaderno n.1): impariamo a calmare la nostra mente, evitando di cadere di continuo in preda all'ansia e ai nostri automatismi. Seconda tappa (Quaderno n.2): impariamo a mettere in discussione certi schemi mentali. Cerchiamo di coltivare un atteggiamento più aperto e disteso verso la vita, dando attenzione e valore a quello che c'è di buono, cercando di rompere alcuni dei circoli viziosi più evidenti e diffusi. Terza tappa (Quaderno n. 3), cominciamo ad agire, mettiamoci in moto per cercare di raggiungere quello che desideriamo, accettando l'imperfezione e tutte le difficoltà che questo comporta.
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Buona lettura!