Tu pensi troppo.
Te l'hanno mai detto?
A me qualche volta sì, e devo dire che mi sono sempre un po' risentita davanti a questa critica.
Sono una persona riflessiva e non lo considero un difetto.
Ma...
Un conto è riflettere, analizzare le situazioni, essere cauti. Un altro conto è scivolare dentro circoli viziosi di ruminazioni mentali che non portano da nessuna parte.
Non è sempre facile individuare la linea di confine tra le due cose, ma è uno sforzo che vale la pena fare perché se essere riflessivi può essere un vantaggio, rimuginare invece ci fa solo male.
Proviamo con un esempio.
Metti che sul lavoro il tuo capo ha fatto una battuta sarcastica su di te.
Potresti pensare: Mi ha dato fastidio quella battuta, non ho capito il significato. Era solo una battuta poco felice o voleva dirmi qualcosa riguardo il mio lavoro? Se dovesse capitare ancora, chiederò spiegazioni. E archiviare velocemente la faccenda.
Oppure: Che fastidio quella battuta, cosa avrà mai voluto dire? Forse stava cercando di dirmi che c'è qualcosa che non va con il mio lavoro? Ma come è possibile, perché se la prende con me? Non ho fatto niente di sbagliato. Ecco è sempre la solita storia: non riesco a farmi apprezzare negli ambienti di lavoro. Non avrebbe mai dovuto permettersi una battuta come quella, non è professionale...
Ecco, il secondo è un tipico esempio di ruminazione mentale: una modalità di pensiero che si concentra esclusivamente sul problema, analizzandolo in mille modi, e che non è capace di dirigersi verso una possibile soluzione. Un pensiero che spesso esprime giudizi su di te e sugli altri e che come una palla di neve si trascina dietro un sacco di cose che nulla hanno a che vedere con la situazione in sé.
Tipi di ruminazioni mentali
La tendenza a rimuginare sui problemi la riconosci perché i pensieri tendono a essere ripetitivi, come scene di un film viste e riviste. Passi sempre dallo stesso punto, come in una spirale, e non riesci a uscirne fuori. Ti ritrovi affossato in un inutile bla bla bla interiore che porta solo disagio e fastidio.
Ci sono diversi tipi di ruminazioni mentali, che però possono anche presentarsi assieme.
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Possiamo rimuginare sul passato pensando a tutti gli errori (o presunti tali) che abbiamo fatto. Adottiamo una visione a tunnel nei confronti della nostra vita, richiamando alla mente solo le cose negative. Ecco quindi che ci sembra di avere sbagliato tutto, di avere collezionato solo fallimenti, e il nostro umore diventa depresso.
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Possiamo rimuginare sul futuro, alimentando timori e paure. Immaginiamo scenari catastrofici che potrebbero verificarsi domani e diventiamo sempre più ansiosi.
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O ancora focalizziamo la nostra attenzione su un torto che abbiamo subito. Qualcuno è stato scortese, siamo stati offesi, derisi, scavalcati. Il focus dei nostri pensieri è sull'ingiustizia e sulle persone che se ne sono rese colpevoli. Proviamo rabbia, e più i nostri pensieri mulinano inutilmente attorno all'episodio più la rabbia si alimenta.
Anche se possiamo riconoscere diversi tipi di ruminazioni, tutte hanno una cosa in comune: insistono sul problema, oscurando la nostra capacità di concentrarci sulla ricerca di soluzioni e sull'azione.
Donne che pensano troppo
Le ruminazioni vengono da tempo studiate dagli psicologi in relazione ai problemi di depressione e di ansia.
Molto importanti in questo settore sono state le ricerche di Susan Nolen-Hoeksema, psicologa all'università di Yale (purtroppo scomparsa prematuramente qualche anno fa).
Aveva cominciato a studiare la depressione nei primi anni ottanta. Si era accorta che molte persone depresse hanno questa tendenza a ruminare: cioè a soffermarsi con il pensiero sulle cause dei problemi e non sulle loro possibili soluzioni.
Scoprì anche che le donne tendono a ruminare molto più degli uomini, e questo dato si accorda molto bene con il fatto che le donne tendono ad ammalarsi di depressione il doppio degli uomini.
Susan Nolen-Hoeksema ha dedicato a questo tema anche un bel libro divulgativo e di self-help che si intitola Women Who Think Too Much / Donne che pensano troppo (l'edizione italiana è stata per lungo introvabile finché non è stato ripubblicato nel 2023).
È un libro bello, scritto in modo semplice, e con tanti esempi e storie di donne diverse. Più volte nel leggerlo mi sono trovata a sorridere pensando: ah ah, certo, quante volte anche io rimugino così ;)
Nel libro vengono anche analizzati i motivi per cui questa tendenza a pensare troppo è così diffusa.
Tra questi motivi, secondo Susan Nolen-Hoeksema, c'è il fatto che siamo tutti un po' fissati con i diritti.
Nella nostra cultura ci aspettiamo fortemente che certe cose ci spettino di diritto: avere abbastanza soldi, un lavoro soddisfacente, una salute mediamente buona, relazioni positive con gli altri. Ci sembra normale che queste cose facciano parte della nostra vita.
Quando queste aspettative non vengono soddisfatte, e questo inevitabilmente prima o poi accade, non lo accettiamo facilmente come una parte normale della vita e invece cominciamo a rimuginare sul perché non otteniamo ciò che meritiamo. Qualche volta ci focalizziamo su cosa c'è di sbagliato nel mondo che non ci sta dando ciò che vogliamo; altre volte su cosa c'è di sbagliato in noi che non siamo in grado di raggiungere i nostri obiettivi.
Rimuginare è quindi anche un problema di resilienza: quando le cose si fanno difficili invece di reagire cercando la soluzione ai nostri problemi, ce ne restiamo bloccati in pensieri inutili come non è giusto, come hanno potuto farmi questo, perché è successo proprio a me, un altro fallimento, ho sbagliato tutto, non c'è speranza.
Come smettere di pensare troppo
Il metodo per smetterla con le ruminazioni mentali si compone di tre passaggi.
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Liberarsi dalla stretta: creare un diversivo, una distrazione, per spezzare il circolo vizioso dei pensieri
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Portarsi al livello superiore: osservare la situazione da un punto di vista più chiaro e obiettivo
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Evitare le ricadute.
Vediamo come funzionano questi tre passaggi.
1. Liberarsi dalla stretta della ruminazione
La prima cosa da fare è capire che rimuginare non ci aiuta. Le persone che sono abituate a riflettere su se stesse possono confondere le ruminazioni mentali con l'introspezione.
Distinguere le due cose non è sempre facile. Se i pensieri si dirigono troppo spesso verso l'analisi del passato e concludiamo che abbiamo sbagliato tutto... be' è molto probabile che non stiamo riflettendo, bensì rimuginando. Lo stesso se restiamo impantanati con il pensiero su una situazione che ci ha fatto del male, ripetendoci sempre le stesse cose e senza trovare uno straccio di via d'uscita.
Quindi, una volta capito che stiamo rimuginando e non riflettendo serenamente su noi stessi, che fare?
Susan Nolen-Hoeksema consiglia una cosa molto semplice come primo passo: distrarsi. Impedire alla spirale di pensieri negativi di trascinarci a fondo.
Come?
a) Impegnandoci in qualche attività che assorba completamente la nostra attenzione. L'esercizio fisico è una delle soluzioni migliori.
b) Dando appuntamento alle preoccupazioni. È una strategia curiosa. Io non l'ho mai provata ma ne ho sentito parlare spesso. In pratica dici: ok, penserò a questo problema oggi pomeriggio dalle 17 alle 18. Facendo così si può riuscire ad arrestare il flusso di pensieri disfunzionali per poi tornare sul nostro problema a mente fresca. Eventualmente a questo appuntamento con le tue preoccupazioni ci puoi anche andare armato di carta e penna (vedi il punto d).
c) Con la preghiera o con la meditazione. Qui non mi soffermo perché di meditazione ne parlo molto sul blog. Riguardo la preghiera, il consiglio ovviamente è rivolto a chi è credente (la preghiera è una forma di meditazione).
d) Scrivendo: invece di rimuginare proviamo a mettere pensieri e preoccupazioni per iscritto. Di solito scrivendo diventiamo più capaci di distendere i pensieri, di osservarli in modo distaccato e lucido.
Tutte queste sono strategie di distrazione, che possono funzionare sul breve periodo e che non devono però diventare strategie di evitamento.
Se siamo addolorati, confusi, preoccupati, spaventati, non ci sarà utile ricorrere a un diversivo per evitare l'emozione dolorosa. Anzi al contrario è meglio imparare ad accoglierla, a starci un po' assieme, a osservarla, anche se fa male.
Ma se l'emozione fa scattare la nostra rete di ruminazioni mentali e ci ritroviamo con i pensieri che ruotano attorno agli stessi punti, senza riuscire a mettere a fuoco una possibile soluzione o azione da intraprendere, allora meglio applicare qualche strategia di distrazione per poi tornare a pensare al nostro problema con la mente più lucida.
2. Spostarsi un po' più in alto
Le strategie di distrazione funzionano bene per spezzare il circolo vizioso dei pensieri negativi. Ma poi?
Distrarsi non farà scomparire i problemi sui quali stavamo rimuginando.
Quindi dobbiamo imparare a pensare ai nostri problemi in un modo nuovo: con più oggettività, serenità, affinando le nostre capacità di affrontare e risolvere le situazioni problematiche.
Il primo consiglio di Susan Nolen-Hoeksema può fare sorridere, ma ho verificato spesso che in molti casi è assolutamente utile. Il consiglio è questo: falla semplice.
Quando senti il malumore che monta e stai scivolando in una delle tue spirali di pensiero negativo fatti un paio di domande: hai dormito abbastanza stanotte? non sarai nella settimana prima delle mestruazioni? non è che stai covando un raffreddore? quanto tempo è passato dal tuo ultimo pasto? fa troppo caldo in questi giorni?
Le reti di pensiero deprimente, ansioso o rabbioso, tendono a scattare in modo abbastanza automatico, anche a partire da un malessere insignificante che ha una spiegazione molto semplice. Certe volte è solo stanchezza, o fame, o sindrome premestruale.
Poi, qualunque sia l'oggetto delle nostre ruminazioni, ci sono alcune cose che dobbiamo evitare di fare se vogliamo migliorare la nostra capacità di risolvere i problemi.
Intanto evitare di confrontarci con gli altri. Sai quei pensieri tipo: uhm come sono scontenta del mio lavoro, guarda tizio e caio che bella carriera che stanno facendo, oppure ecco vedi il marito della mia amica è uno sportivo, vanno sempre assieme a camminare in montagna, il mio compagno invece passa il fine settimana spiaggiato sul divano.
Se non ti piace il tuo lavoro, o non sei soddisfatta della tua vita di coppia, o qualsiasi altra cosa, non è rimuginando sulle presunte fortune degli altri che farai passi avanti. Molto meglio indagare su quali sono i tuoi valori e di conseguenza i tuoi reali desideri. È solo così che si costruisce un vero percorso di miglioramento: partendo dall'interno, non dal confronto con gli altri.
Da evitare anche l'attitudine a pensare che possa arrivare qualcun altro a salvarci: il principe azzurro che ci cambia la vita o il mentore che farà decollare la nostra carriera.
Aspettare che arrivi qualcuno a salvarti dalla tua infelicità non fa altro che prolungare la tua infelicità. Di base hai due possibilità: o impari a farti piacere le tue attuali circostanze di vita, oppure le cambi.
Ci sono situazioni estreme in cui farsi piacere le cose così come stanno è impossibile e l'unica via è un cambiamento immediato.
Ma nella maggior parte dei casi la strada migliore te la crei giocando su entrambe le opzioni: imparando ad apprezzare i lati migliori di ciò che hai ora, e nello stesso tempo muovendo qualche passo nella direzione del cambiamento che desideri.
Quando ti sembra che non ci siano soluzioni a portata di mano allora fai un brainstorming tra te e te: prendi carta e penna e lascia che tutte le possibili soluzioni al tuo problema fluiscano una dopo l'altra. Non importa se ti sembrano poco realizzabili, tu lasciale fluire ugualmente. Fai una bella lista.
Se per esempio il problema è che sei insoddisfatto del lavoro, pensale tutte: ti puoi licenziare, metterti a part-time, chiedere di essere assegnato a una mansione diversa, mandare in giro il tuo curriculum, cominciare a lavorare a un tuo progetto nel tempo libero, fare un corso di formazione che ti riqualifichi.
Buttale giù tutte e poi analizza le soluzioni una alla volta. Pondera con attenzione. Scarta solo quelle che ti sembrano assolutamente infattibili e concentrati su quelle che potrebbero funzionare.
E poi agisci. Fai un piccolo passo verso la tua soluzione. Alla fine ciò che serve a uscire dalla spirale della ruminazione mentale è l'azione.
3. Evitare le ricadute
L'abitudine alle ruminazioni mentali non se ne va facilmente. È una modalità di pensiero disfunzionale, che fa male al nostro umore e alla nostra capacità di rispondere alle sfide che la vita ci mette davanti. Ma anche quando ci rendiamo conto di tutto questo, smettere non è per niente facile.
Per evitare le ricadute, Susan Nolen-Hoeksema suggerisce intanto di prestare attenzione alle situazioni che ci mettono in difficoltà. Abbiamo i nostri punti deboli e a poco a poco impariamo a capire cosa fa scattare la ruminazione.
Poi - suggerimento secondo me assolutamente prezioso - smettere di perseguire obiettivi che non sono i nostri. Quante volte per soddisfare il nostro bisogno di essere accettati e amati ci mettiamo in testa di fare cose che in verità non ci appartengono?
Per esempio vogliamo ottenere un certo livello di stipendio, o un certo peso forma, o imparare a vestirci in un certo modo, o essere accettati da un certo gruppo di persone.
Non sto dicendo che questo tipo di obiettivi siano sbagliati, tutt'altro. Sono giustissimi se sono i tuoi, se sono in linea con i tuoi valori e le cose che per te sono importanti. Se invece è solo l'ambiente che ti circonda che ti fa sembrare desiderabili queste cose, mentre tu daresti importanza a ben altri aspetti della tua vita, ecco allora bisogna avere il coraggio di lasciare andare tutti questi obiettivi che non ci appartengono.
Spesso poi nascosta dentro di noi c'è la pretesa di dovere essere sempre brave, buone, gentili e di piacere a tutti.
Fondamentalmente dobbiamo lasciare andare l'obiettivo che ogni relazione e ogni incontro con altre persone debbano essere positivi e che noi non saremo mai una fonte di fastidio per gli altri. Questo non solo non è possibile, ma crea anche molta infelicità nelle nostre vite.
Tra le strategie per non ricadere nella vecchia abitudine di pensare troppo, Susan Nolen-Hoeksema include anche l'avere un atteggiamento gentile e compassionevole verso se stessi.
E infine, ricordarsi di inserire sempre nella nostra routine quotidiana qualche attività piacevole e gratificante. Riuscire in questo anche nei momenti più difficili o impegnativi della nostra vita è fondamentale per sentire di avere comunque il controllo della nostra vita.
Riassumendo
L'articolo è lungo e direi che un breve paragrafo riassuntivo ci sta proprio bene.
Alcune delle strategie per smettere di pensare troppo toccano temi già trattati in altri articoli del blog (vedi dopo i link).
Pensare troppo, ruminare, rimuginare, preoccuparsi eccessivamente, sono tutte cose che ci fanno male: ci portano a ingigantire i problemi, fanno venire meno la nostra capacità di trovare soluzioni, ci fanno sentire depressi, ansiosi, fomentano la nostra rabbia.
Per smettere di pensare troppo è utile una strategia in tre passi.
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Rompere il circolo vizioso dei pensieri
- fare qualche attività che assorba completamente la nostra attenzione
- dare appuntamento alle nostre preoccupazioni
- praticare la meditazione (o pregare)
- dare forma scritta ai pensieri
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Riconsiderare i nostri problemi da un'altra prospettiva
- non cercare sempre spiegazioni complicate ai piccoli malesseri e malumori
- evitare il confronto continuo con gli altri
- smettere di sperare che arrivi qualcuno a risolvere tutti i nostri problemi
- ragionare sulle soluzioni
- agire
-
Evitare le ricadute
- conoscere i tuoi punti deboli
- smettere di perseguire obiettivi che non ci appartengono o che sono irrealizzabili
- sviluppare un atteggiamento gentile e compassionevole verso noi stessi
- non rinunciare mai a qualche piccola attività piacevole e soddisfacente nella nostra routine quotidiana
Ok, mi rendo conto che è tanta roba... tante riflessioni, tante strategie. In verità non bisogna metterle in atto tutte. Sono tante proprio perché ogni persona è diversa. L'idea è: prova, trova le strategie che fanno per te, e poi falle tue ;)
Per finire una curiosità: in base alla tua esperienza è vero che sono le donne a essere più propense a pensare troppo? Gli uomini lo fanno davvero di meno? E perché?