Il perfezionismo è un po' come il colesterolo. C'è quello buono e c'è quello cattivo.
Ami le cose fatte per bene e ti piace l'idea di migliorare, e ciò può essere buono.
Oppure pretendi la perfezione in tutto ciò che fai e non sei mai contento. E questo non è affatto buono.
Il perfezionista è qualcuno che ha fissato standard di comportamento e aspettative particolarmente alte. Non si accontenta del primo risultato che ottiene, ma prova a chiedere di più a se stesso e alla vita.
E in questo - penso siamo tutti d'accordo - non c'è nulla di sbagliato.
Il perfezionismo però può anche trasformarsi in una trappola. Per esempio quando fissi obiettivi così alti da essere irraggiungibili. Oppure quando resti fermo a migliorare sempre lo stesso lavoro invece di concluderlo e passare ad altro. O ancora quando vuoi fare qualcosa di nuovo ma aspetti che si creino le condizioni ideali per partire altrimenti non ti senti sicuro.
Come si può fare quindi a tenere vivo il desiderio di miglioramento senza restare intrappolati in un perfezionismo maniacale e paralizzante?
La scorsa settimana ho letto un libro molto interessante: Pursuit of Perfect: Stop Chasing Perfection and Discover the True Path to Lasting Happiness.
L'autore è Tal Ben-Shahar, docente universitario e autore di diversi best-seller sulla psicologia positiva. I suoi corsi sulla scienza della felicità ad Harvard sono stati tra i più seguiti di sempre.
Secondo Tal Ben-Shahar il perfezionismo negativo e quello positivo sono così diversi che è sbagliato utilizzare la stessa parola. Lui infatti preferisce parlare di perfezionismo e ottimalismo.
Ma la di là delle definizioni - di cui ci importa il giusto - mi sembrano interessanti le tre caratteristiche del perfezionismo raccontate in questo libro.
I tre grandi mali che il perfezionismo porta con sé, sono tre grandi rifiuti che intrappolano il perfezionista in una spirale di insoddisfazione e infelicità.
- Rifiutare il fallimento
- Rifiutare le emozioni negative
- Rifiutare i successi
Vediamoli uno a uno, assieme a qualche esercizio di riflessione che può aiutarci a tenere a bada gli aspetti più deleteri del perfezionismo.
Nessuno dice che non dobbiamo darci da fare per migliorare sempre. È che sarebbe bene imparare a farlo in modo sano e soddisfacente, e non in modo nevrotico.
1. La paura di fallire
Da circa 8 anni ho in mente di scrivere un romanzo low fantasy. Ho studiato un sacco di libri per creare una bella ambientazione. Ho tracciato la trama, le schede dei personaggi, una mappa del mondo. Sono ancora innamorata di questa storia e della sua protagonista, malgrado il genere sia un po' passato di moda. Ho cominciato più volte a scrivere questo romanzo ma non sono mai andata oltre le prime 50 cartelle. Scrivere un buon romanzo è difficile, difficilissimo. Non sono sicura di saperlo fare. E pur di non confrontarmi con la possibilità di fallire, ho rinunciato.
Il perfezionista non ammette il fallimento. Lo esclude dalla sua prospettiva.
Un perfezionista estremo è uno che ha capito che esiste una sola via per evitare di fallire: non fare. Così pur di evitare di fallire, si blocca e non porta avanti nulla di significativo.
Un perfezionista, una volta stabilito un obiettivo, pensa che la strada per raggiungerlo sia come una linea dritta. Non si rende conto che invece la strada è tortuosa, piena di sbagli e fallimenti. Guarda solo al risultato e quindi non è capace di apprezzare il percorso.
Interpreta la realtà in bianco e nero. Una cosa o è buona, o è cattiva. O è un successo o è un fallimento. Non esistono sfumature.
Di conseguenza non è capace di accettare le critiche. Sente il bisogno di avere sempre conferme dagli altri, e quindi sta sulla difensiva.
È molto duro con se stesso: non si perdona gli errori, è poco compassionevole.
Con questo approccio il perfezionista perde una grande ricchezza: la libertà di sbagliare e di imparare dagli errori.
È in questo modo che l'ambizione alla perfezione si trasforma in procrastinazione e immobilismo. C'è sempre una scusa buona per non mettersi davvero in gioco.
Esercizi per superare la paura di fallire
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Pensa se nella tua vita hai mai rinunciato a qualcosa per paura di fallire. Non hai chiesto a una persona di uscire per paura che ti dicesse di no? Non hai inviato la tua candidatura per il lavoro dei tuoi sogni perché credevi di non avere possibilità? Volevi imparare a ballare il tango ma hai pensato di essere troppo goffo e impacciato per riuscirci davvero?
Ecco prendi una di queste cose e falla. Quantomeno comincia. Provaci. Consenti a te stesso di essere goffo, spaventato o incapace. Ma provaci. Esponiti al rischio di fallire e vedi l'effetto che fa. -
Fai qualche esercizio di scrittura autobiografica. Prenditi qualche minuto per ripensare a una situazione in cui hai fallito. Poi scrivi per 10 o 15 minuti (o anche meno) lasciando fluire liberamente le parole. Racconta cosa è successo, cosa hai pensato in quel momento e come ti senti ora mentre ne stai scrivendo. I tuoi sentimenti riguardo quella situazione sono cambiati rispetto al passato? C'è qualche cosa che hai imparato da quell'errore? O qualcosa che potresti imparare ora?
2. Non accettare le emozioni negative
Io sono una persona ansiosa. A volte la mia ansia rientra nella normalità. Altre volte tende a sfociare in disturbi più o meno acuti. Ogni volta che supero il livello di guardia me la prendo con me stessa. Mi dico cose del tipo: ma perché devi stare così? ma proprio oggi? ma se ieri stavi una favola! Cerco di scacciare i pensieri cupi che ho in quel momento e di allontanare da me i sintomi. E più cerco di fare così, più la situazione tende a peggiorare. Solo quando recupero la capacità di fermarmi e di accettare pienamente l'ansia capisco che posso farcela e che non c'è nulla di terribile, o di sbagliato, o di vergognoso in quello che mi succede.
Il perfezionista è convinto che la felicità sia fatta di buone giornate inanellate l'una dopo l'altra. Ti alzi e ti senti forte e pronto ad affrontare le tue sfide. Il tuo umore è buono e il tuo livello di energia anche. Niente e nessuno è in grado di farti sentire a terra, stanco, svogliato, demotivato, impaurito.
Il perfezionista è uno che è caduto in pieno nella trappola della felicità di cui parla Russ Harris nel suo libro (che resta uno dei migliori che ho letto nell'ultimo anno).
Tutti gli esseri umani provano emozioni indesiderate. Rabbia, gelosia, invidia, paura, insicurezza. Il problema del perfezionista è che non le tollera: le vede come fossero macchie nella sua anima candida. Per questo fa del suo meglio per sopprimerle e per negarle.
Però, come ci insegna ormai da tempo la psicologia, reprimere le proprie emozioni non è affatto salutare. Tra l'altro esiste un meccanismo paradossale ma infallibile: più cerchi di allontanare qualcosa dalla tua mente, più questa torna presente.
Certo, bisogna ricordarsi che accettare le emozioni non significa agire sotto il loro impulso. Per esempio se una situazione mi spaventa, posso bene riconoscere la mia paura, accettarla, lasciare che abiti il mio corpo. Ma la paura cosa mi consiglia di fare? Probabilmente di scappare. Invece posso decidere agire al contrario, per esempio affrontando la situazione spaventosa. Lo stesso vale per la rabbia, o l'invidia, la gelosia. Accettare le emozioni negative non significa esserne dominati. Anzi è tutto il contrario.
Esercizi per accettare le emozioni
Praticare la meditazione mindfulness. Questo tipo di meditazione è proprio una pratica di accettazione. L'obiettivo è quello di essere presenti a noi stessi. Riconoscere, accogliere e accettare - nei limiti del possibile - ciò che accade qui e ora. Anche quando il qui e ora è fatto di emozioni negative che ci spaventano e ci fanno stare a disagio.
3. Rifiutare i successi
L'anno scorso ho deciso di migliorare un po' l'inglese. Non era proprio uno dei miei obiettivi principali. Mi ero quindi limitata a dire che avrei cercato di leggere qualche pagina in inglese ogni giorno. All'inizio leggevo un articolo on line ogni sera, tra quelli facili e brevi. Ed era una gran fatica. Poi ho cominciato a essere più veloce e a stancarmi meno. Allora ho provato a comprare il mio primo libro in lingua originale e sono riuscita a leggerlo. Poi ne ho comprati altri e li ho letti tutti. Procedo lentamente e mi stanco, ma solo sei mesi fa leggere un intero libro in inglese era per me un'impresa impossibile. Un buon risultato, no? Eppure non riesco a sentirmi soddisfatta. Ieri cercavo di ascoltare il video di una conferenza. Dovere ricorrere ai sottotitoli (sia pure in inglese) mi ha fatto sentire frustrata. Mi sono rimproverata: non hai combinato niente con l'inglese - mi sono detta - dovresti darci sotto seriamente.
L'insoddisfazione è la fedele compagna del perfezionista. Poco importa quello che riesci a fare. Godere dei successi, grandi o piccoli che siano, è impossibile.
Hai presente il mito di Sisifo? Un tizio che fece arrabbiare gli dei dell'olimpo e per punizione fu costretto a spingere un enorme masso fino alla cima di un monte. Arrivato in vetta, il masso rotolava nuovamente giù, e Sisifo doveva ricominciare da capo. Così per l'eternità.
Infernale, non è vero? È quello che fa il perfezionista per tutta la vita.
Ci sono due strategie adottate dai perfezionisti per mantenere questo stato di perenne insoddisfazione:
- stabilire standard troppo elevati che siano quasi impossibili da raggiungere;
- sminuire immediatamente il valore di quello che si è ottenuto, passando subito al livello successivo.
Così facendo ci si mette al riparo dall'eventualità di essere soddisfatti di se stessi e di quello che si ottiene.
Il perfezionista inoltre tende ad avere una visione a tunnel: si fissa su alcuni particolari della realtà e non vede il quadro completo. Va da sé che i particolari su cui si fissa sono sempre e solo quelli fuori posto. Per esempio sei in un hotel magnifico, con un tempo stupendo e in ottima compagnia, e ti convinci che la tua vacanza è rovinata perché la cena non è granché buona. Quello che davvero impedisce a un perfezionista di godersi la vita è l'incapacità di lasciare andare questi ideali di perfezione.
In questo modo il perfezionista sarà sempre insoddisfatto: tende a dare per scontato quello che ha, quello che c'è di buono, e concentra l'attenzione su quello che manca.
Esercizi per accettare i successi
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Fai un elenco degli obiettivi che hai raggiunto nella vita. Cose che volevi ottenere e che alla fine hai avuto davvero. Se lì per lì non ti viene in mente niente, pensaci meglio e non dare nulla per scontato. Ti sei laureato? Hai fatto un viaggio in un luogo che desideravi moltissimo visitare? Hai ottenuto un lavoro che volevi? Hai superato un esame difficile all'università? Hai avuto un figlio? Hai imparato una lingua straniera? Vedrai che di cose belle e buone ne hai combinate molte. È solo che tendi a darle per scontate e a considerarle di poco valore.
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Allena la tua gratitudine. Se tieni un diario puoi farlo ogni volta che ci scrivi. Ricorda a te stesso le cose per le quali sei grato. Qualsiasi cosa: dal sole che sorge ogni mattina, al gatto che ti fa le fusa quando torni a casa, alla persona che ti fa trovare il letto rifatto e le mutande pulite nel cassetto (anche se si tratta proprio di te), fino alla collega che ti ha aiutato a risolvere una rogna sul lavoro.
Se vuoi spingerti oltre, pensa a una persona speciale, qualcuno che vuoi ringraziare per quello che ha fatto o che fa per te. E scrivigli una lettera.
In sintesi
Il perfezionismo - quello tossico - è la somma di queste tre attitudini: la paura di fallire, il rifiuto delle emozioni negative e la continua insoddisfazione per quello che sei e per quello che hai.
Per chi ama le cose fatte bene, per chi desidera migliorarsi come persona e costruirsi una vita a misura, il perfezionismo può essere un nemico sempre dietro l'angolo, da tenere a bada.
Arrivata alla fine mi rendo conto che questo articolo tocca un po' il cuore del blog: accettare quello che sei per diventare quello che desideri. Il perfezionismo infatti è il nemico numero uno dell'accettazione.
Pretendere sempre l'impossibile da noi stessi e dagli altri è sintomo di rigidità. E anche di una certa incapacità a vedere la realtà per quella che è.
E la tua esperienza con il perfezionismo com'è?
L'immagine è di Tiziano L. U. Caviglia via Flickr.