Chiunque provi a scrivere seguendo il flusso dell'ispirazione scopre che prima o poi la spinta creativa iniziale si esaurisce o si indebolisce. Subentrano momenti di stanchezza, dubbi, o fatti della nostra vita che dirottano altrove le nostre energie.

Questi ostacoli sono inevitabili, ed è qui che si misura la forza del nostro desiderio: possiamo smettere di scrivere perché appunto non siamo più ispirati e aspettare un momento migliore, oppure possiamo continuare a scrivere integrando l'ispirazione iniziale con qualcosa d'altro: costanza, determinazione, fiducia, abitudine, lavoro, impegno.

Tutte le scrittrici e gli scrittori che hanno parlato del loro mestiere sono concordi su questo: la scrittura è un'attività che richiede pratica e dedizione. L'ispirazione è volatile, va e viene, ma i risultati si ottengono solo lavorando con costanza, mettendo una parola dopo l'altra, a volte anche con fatica.

Ma c'è qualcosa che possiamo fare per favorire il nostro flusso creativo? Qualcosa che ci aiuti a formare una abitudine e a entrare nel flusso della scrittura senza restare vittime dei capricci dell'ispirazione? Che ci aiuti a scrivere di più e a scrivere meglio?

Ronald Kellogg, psicologo cognitivista dell'università di Saint Louis, nella metà degli anni novanta, ha scritto un libro dedicato alla psicologia della scrittura. Studiare i processi della scrittura, secondo Kellog, significa comprendere meglio la stessa natura umana.

L'atto di scrivere per me esemplifica l'essenza stessa di ciò che significa essere umani. La creazione di significato attraverso l'uso di simboli è un'attività umana onnipresente. La creazione di significato nell'arte, nella danza, nella musica e nella comunicazione orale e scritta potrebbe essere l'attributo che definisce la nostra specie. Lo studio della scrittura, quindi, offre una finestra attraverso la quale vedere il nucleo di quello che sembra essere un modo di pensare distintamente umano.

Questo libro esiste solo in lingua inglese. Io non l'ho letto per intero, ma ho trovato alcuni stralci in un bell'articolo (sempre in inglese) di Maria Popova, di cui vi fornisco il link perché conservo ancora l'antica e ormai desueta abitudine di citare sempre le fonti: The Psychology of Writing and the Cognitive Science of the Perfect Daily Routine.

Uno dei punti del libro di Kellog è cercare di capire se, in base alle ricerche correnti, vi siano abitudini di scrittura che facilitino il processo creativo.

È dimostrato che ambienti, orari e rituali ristrutturano il processo di scrittura e ne migliorano le prestazioni. I meccanismi di recupero della memoria suggeriscono che alcune pratiche dovrebbero potenziare le prestazioni. Queste pratiche incoraggiano uno stato di flusso piuttosto che uno stato di ansia o di noia. La stanza, l'ora del giorno o il rituale scelto per lavorare possono favorire o addirittura produrre una concentrazione intensa, o uno stato motivazionale ed emotivo favorevole.

Insomma sta dicendo che se vogliamo dare una mano alla nostra scrittura, l'ambiente in cui siamo, il tempo e gli orari in cui ci dedichiamo alla scrittura, ed eventuali rituali collegati possono avere la loro importanza.

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Ci sono quindi delle strategie precise che potremo adottare? Meglio scrivere di mattina o di sera? Quanto tempo dedicare a ogni sessione di scrittura? Meglio al silenzio o con la musica? In casa o al bar?

Come spesso accade con questo tipo di questioni, alla fine non ci sono risposte univoche. Infatti lo scopo non è quello di identificare la routine perfetta per tutti. Piuttosto quello che importa è sapere che abitudini e ambiente hanno un loro peso e che quindi ha senso cercare di capire cosa funziona meglio per noi.

Prendiamo in esame alcuni punti.

1) Il rumore di sottofondo. Le ricerche indicano che rumori forti (superiori ai 95 decibel) peggiorano le prestazioni se stiamo facendo un lavoro complesso (ma le migliorano se stiamo al contrario svolgendo un compito semplice e noioso). Un ambiente rumoroso può interrompere il flusso creativo quando si è immersi in un lavoro che richiede un pensiero deliberato e riflessivo. Esiste però una grande variabilità soggettiva, come testimoniano le vite stesse di grandi autori: da Proust che aveva bisogno di silenzio assoluto per scrivere, a Allen Ginsberg che era conosciuto per essere capace di scrivere ovunque. Il suggerimento pratico quindi è di provare a scrivere in ambienti con differenti livelli di rumorosità e vedere come va. Provare con o senza la musica, chiusi in una stanza da soli o in biblioteca, con la finestra aperta o chiusa. Scoprire in quale condizione lavoriamo meglio e cercare di replicarla ogni volta che ci è possibile.

2) Per quanto tempo scrivere? Le ricerche citate da Kellog sembrano indicare che la durata ideale di una sessione di scrittura è tra una e tre ore. Meno di un'ora probabilmente non è sufficiente per raggiungere un livello ottimale di concentrazione - tuttavia se abbiamo davvero poco tempo, meglio scrivere anche solo per venti minuti piuttosto che rinunciare del tutto (quando non è possibile avere le condizioni ottimali, si può sempre imparare a fare con quello che ci è concesso). Oltre le tre ore meglio fare una pausa. Questo riflette anche la mia esperienza: dopo tre ore mi assale la sensazione di cervello fritto e se insito a voler scrivere mi innervosisco e non combino niente.

3) Quando scrivere? Kellog cita una ricerca secondo la quale le prestazioni nei compiti intellettuali raggiungono il loro massimo durante le ore del mattino. Si tratta però di una ricerca degli anni ottanta, e da allora lo studio dei ritmi circadiani ha fatto molti passi avanti. L'orario ottimale per scrivere dipende dal nostro cronotipo: ci sono persone che rendono meglio al mattino e altre che invece hanno picchi di energia e creatività più tardi. Ha senso quindi assecondare il nostro cronotipo e ritagliarci un momento per scrivere negli orari in cui siamo più lucidi e capaci di concentrazione. Anche qui non bisogna ricercare la perfezione: ovviamente dobbiamo fare i conti con il tempo che la nostra vita ci lascia a disposizione. In linea di massima, se sono il tipo di persona mattutina ha senso provare ad anticipare la sveglia per ricavarsi il tempo per scrivere, se viceversa sono più propensa a tirare tardi, allora meglio un altro momento, la sera per esempio, o nel tardo pomeriggio.

4) Dove scrivere? Secondo le ricerche citate da Kellog, la condizione ottimale è avere un luogo dedicato esclusivamente alla scrittura. Quindi una stanza o una scrivania in cui andiamo solo per scrivere. In questo modo si verrebbe a creare una associazione molto forte tra un certo stimolo ambientale e i processi mentali collegati alla scrittura. Non credo però siano molte le persone che si possono permettere di avere un posto dedicato in modo esclusivo alla scrittura creativa. Si può però provare a ricreare lo stesso effetto usando un oggetto come àncora: scrivo con lo stesso computer con il quale lavoro e nello stesso tavolo in cui mangio, ma al momento di scrivere tiro fuori un oggetto speciale, legato solo alla scrittura. In questo modo manderò comunque un segnale al mio cervello: ehi, è ora di scrivere!

In conclusione: non esiste la routine perfetta che faccia di noi dei grandi scrittori e scrittrici. Non esiste l'orario migliore per tutti, la scrivania iper-performante, la stanza ideale. Quello che ci importa capire è che le condizioni ambientali e le abitudini hanno il loro peso nei nostri processi cognitivi, e che quindi per dare una mano al nostro lavoro creativo può avere perfettamente senso capire quali sono le condizioni ottimali per noi, e cercare, ogni volta che è possibile, di crearle.

L'esercizio va da sé: sperimentare la scrittura in diverse condizioni e imparare a conoscere meglio il modo in cui funziona la nostra creatività.

Per approfondire alcuni dei punti toccati in questo articolo:

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Writing Lab è la mia rubrica settimanale sulla scrittura.
Mi piace leggere i manuali di scrittura e imparare qualcosa sulla tecnica. Mi piace forse ancora di più leggere i testi che i grandi autori hanno dedicato al loro mestiere. Se ne ricavano consigli pratici ma anche suggerimenti su come affrontare con la giusta mentalità il lavoro di scrivere storie. È confortante scoprire che quasi tutti se la devono vedere con l'insicurezza, le voci critiche e il dubbio di non essere all'altezza delle proprie intenzioni. Scrivere secondo me fa bene proprio perché è un atto di fiducia.
Ogni settimana scrivo un piccolo pezzo, con alcuni consigli - di solito non i miei, ma quelli degli scrittori da cui prendo ispirazione - e provo a costruirci attorno un esercizio. È un laboratorio: combino gli elementi che ho a disposizione, cerco di produrre qualcosa di sensato e di utile per chi, come me, ama scrivere. Puoi seguire la rubrica qui sul blog, sotto l'etichetta Writing Lab, oppure sul Canale Telegram.