Non sono una grande fan degli obiettivi. Mi piace farne uso in certe situazioni, ma credo che infilare la logica degli obiettivi - intesi come risultati misurabili - in tutti gli ambiti della vita, non sia esattamente una buona idea.

Non tutte le cose importanti della vita sono concrete e misurabili, e trovo che cercare di applicare la logica per obiettivi alla sfera degli affetti, della spiritualità, o dei sentimenti sia poco utile e, in qualche caso, anche svilente.

Inoltre, amo poco la retorica secondo la quale chi persegue il proprio obiettivo a ogni costo è un eroe e va ammirato per questo. Io penso invece che se ci accorgiamo di stare danneggiando noi stessi o gli altri è molto meglio lasciare perdere. A volte gli obiettivi non sono alla nostra portata, a volte le circostanze cambiano, a volte può essere necessario rinunciare.


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Con questo non voglio dire che porsi degli obiettivi sia sbagliato o dannoso. Io stessa fisso degli obiettivi da raggiungere, perché mi aiuta a dare un ritmo, una direzione, un senso a quello che sto facendo. Trovo però che quando si affronta questo tema manchino dei pezzi importanti.

Perché questo obiettivo e non un altro? Cosa aggiunge veramente alla mia vita questo obiettivo? Perchè, pur avendo fissato un obiettivo con tutte le caratteristiche giuste, poi non riesco a motivarmi? Perché, pur avendo lavorato tanto per raggiungere il mio obiettivo, ora che l'ho raggiunto invece di sentirmi soddisfatto mi sento solo svuotato?

Obiettivi e scienza della felicità

Nelle scorse settimane ho letto un libro che riassume i risultati di anni di ricerca scientifica sul tema della felicità. Il libro, che non è stato tradotto in italiano, si chiama The How of Happiness: A New Approach to Getting the Life You Want, scritto da Sonja Lyubomirsky, psicologa ricercatrice all'Università californiana Riverside.

Questo libro smonta alcuni tra i miti più comuni sulla felicità, primo fra tutti l'idea che la felicità sia qualcosa che si trova (come se fosse là fuori da qualche parte). È invece molto più appropriato parlare di costruzione della felicità, visto che, almeno in parte, dipende da noi.

The How of Happiness presenta dodici attività intenzionali, dodici pratiche a cui possiamo dedicarci volontariamente e che, secondo gli studi, possono farci sentire più felici. Sarebbe molto interessante vederle tutte e dodici, ma nello spazio di un articolo si riuscirebbe a fare poco più di un elenco, e forse non sarebbe molto utile.

Una di queste attività intenzionali è proprio fissare degli obiettivi e perseguirli.

Il modo in cui Sonja Lyubomirsky parla di obiettivi è molto lontano da quell'approccio aziendalese al quale siamo abituati. Per questo mi è piaciuto, e voglio riproporre qui le cose più importanti.

Perché dovresti avere degli obiettivi nella vita

Cominciamo dall'inizio: perché dovrei fissare degli obiettivi? Non posso semplicemente andare avanti con il mio tran tran, lavoro, casa, famiglia, vacanze, una birra con gli amici, così come viene?

Sì, certo che puoi. Però, dice Sonja Lyubomirsky, le ricerche dimostrano che le persone che hanno obiettivi da raggiungere di solito sono più felici e soddisfatte di quelle che non ne hanno.

Trova una persona felice e avrai trovato un progetto.

Tutto questo tra l'altro corrisponde anche alla mia esperienza personale: il periodo peggiore della mia vita è stato anche quello in cui non avevo obiettivi. Non so se ero infelice perché non avevo più progetti, o se non riuscivo a fare progetti perché ero troppo infelice, fatto sta che quando invece ho trovato un progetto a cui lavorare, ha cominciato, piano piano, ad andare meglio.

I motivi per cui avere qualche obiettivo rende migliore la nostra vita li possiamo riassumere così.

  1. Avere obiettivi ci aiuta a dare un senso e una direzione alla nostra vita e aumenta la sensazione di avere la situazione sotto controllo.

  2. Ogni volta che un obiettivo (o anche un sotto-obiettivo) viene raggiunto, migliorano la fiducia in noi stessi, l'autoefficacia, l'autostima.

  3. Lavorare per raggiungere un obiettivo dà ritmo e struttura alla nostra giornata: crea scadenze, responsabilità, opportunità di imparare cose nuove e di rapportarci con altre persone.

  4. Ci aiuta inoltre a gestire meglio il tempo a nostra disposizione.

  5. Avere obiettivi può essere di aiuto nelle situazioni di crisi personale: magari rallentiamo - o per un po' ci fermiamo - ma poi, avere qualcosa di importante di cui occuparci, ci aiuta ad affrontare meglio la situazione di crisi.

  6. Molti obiettivi inoltre comportano relazioni con altre persone, e si sa che il senso di appartenenza e i legami sociali sono aspetti collegati alla felicità.

Ok, ma quali obiettivi?

La parte forse più interessante del capitolo dedicato agli obiettivi è quella in cui Sonja Lyubomirsky spiega quali caratteristiche deve avere un obiettivo per aiutarci a vivere meglio.

Di solito, quando nell'ambito della crescita personale si parla di obiettivi, ci si concentra su due aspetti: come definire un obiettivo in modo efficace, e come perseguirlo, con tutte le relative esortazioni a essere costanti, disciplinati, a non mollare mai, ecc. ecc.

Il problema di questo approccio è che non dice niente su cosa succede prima: come lo scelgo un obiettivo? Come decido su cosa concentrarmi?

Di questo ho già parlato nell'articolo sui valori e anche nel Quaderno Esercizi per passare all'azione.

Nel libro di Sonja Lyubomirsky ci sono ulteriori riflessioni che mi sembrano davvero utili per chiunque in questo momento si stia domandando in quali progetti di vita investire le proprie energie.

Ecco quindi quali sono le indicazioni per scegliere bene i tuoi obiettivi.

1. Scegli obiettivi che siano autentici e significativi

Ci sono due errori principali che si possono fare nello stabilire degli obiettivi: lasciare che siano le aspettative degli altri a indirizzarci, e scegliere i nostri traguardi in base alle convenzioni sociali. Sono due aspetti che si assomigliano.

Può capitare che ci sentiamo spinti in una certa direzione perché, per esempio, la nostra famiglia o il nostro partner si aspetta questo da noi. Oppure può capitare che stabiliamo i nostri obiettivi in modo superficiale.

Uhm, vediamo... cos'è che tutti sembrano desiderare? Fama, successo, soldi, bellezza, potere, approvazione... ok mi sembrano buoni obiettivi.

Non è che fama, soldi, ecc. ecc. facciano schifo, il problema è che sono obiettivi superficiali, riflettono desideri molto popolari, ma se li inseguiamo in modo acritico, senza capire cosa veramente ci muove e ci motiva, difficilmente la nostra strada sarà facile. La scommessa è quella di trovare le nostre motivazioni intrinseche, quello che davvero tocca le nostre corde, il nostro ikigai se volete. Si trovano qui gli obiettivi che possono rendere la nostra vita migliore.

Sonja Lyubomirsky afferma che ci vuole una certa dose di auto-consapevolezza e di intelligenza emotiva per capire quali obiettivi sono giusti per noi. D'altra parte, se gli antichi insistevano con il gnosce te ipsum (conosci te stesso) avevano i loro buoni motivi.

Quindi, se per esempio siamo persone molto estroverse ci troveremo meglio con obiettivi che coinvolgono l'interazione con altre persone. Se tendiamo ad avere una personalità dominante, per noi saranno meglio obiettivi in cui possiamo esercitare la nostra leadership. Se siamo persone con una forte tendenza a occuparci degli altri, troveremo obiettivi in linea con questo bisogno. Se siamo molto competitivi e orientati al risultato potrebbe essere adatto a noi fissare obiettivi di tipo atletico, o di carriera.

Sono solo degli esempi, ma il concetto è chiaro: scegli obiettivi che siano in linea con la tua personalità e con i tuoi valori.

2. Scegli obiettivi di avvicinamento (e non di evitamento)

Non ho trovato un modo migliore per tradurlo questo, comunque il succo del discorso sta qui: definisci i tuoi obiettivi in modo positivo, come qualche cosa che vuoi raggiungere, e non in modo negativo come qualcosa che vuoi evitare.

Se ci pensi, molti obiettivi possono essere definiti in entrambi i modi. Per esempio posso dire: voglio migliorare il rapporto con il mio partner, oppure, voglio evitare di litigare. Voglio risparmiare una certa cifra per essere al sicuro dagli imprevisti, oppure, voglio evitare di diventare povera. Voglio recuperare la mia forma fisica, oppure, voglio evitare di ingrassare.

Ecco, secondo gli studi di Sonja Lyubomirsky se ci focalizziamo sull'evitamento tendiamo ad assumere una prospettiva negativa e ci mettiamo sulla difensiva, alimentando paure e insicurezze. Quindi è importante che pensiamo al nostro obiettivo come qualche cosa da realizzare e non come qualcosa da evitare.

3. Scegli obiettivi armonici, appropriati e flessibili

Può capitare, e capita sovente, che i nostri obiettivi entrino in contrasto tra loro. L'esempio più ovvio sono gli obiettivi di lavoro o di carriera che entrano in conflitto con la sfera familiare. Oppure, l'obiettivo di mangiare sano potrebbe entrare in conflitto con l'obiettivo di avere una vita sociale più vivace (che non di rado comporta andare fuori a mangiare e bere in compagnia). Bisogna essere consapevoli di questi possibili contrasti e, se del caso, è meglio rinunciare a un obiettivo, piuttosto che rischiare di mancarli entrambi.


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È importante poi scegliere obiettivi che siano appropriati alla fase della vita in cui siamo. Le età della vita, dice Sonja Lyubomirsky, sono diverse, e gli obiettivi che ha senso perseguire quando abbiamo vent'anni sono diversi da quelli dei nostri quaranta o sessanta.

Devo dire che su questo io personalmente sono d'accordo solo in parte. Certo, è vero che certi obiettivi escono fuori dalla nostra portata con il passare del tempo. Per esempio, non posso decidere a quarant'anni di diventare campionessa di pattinaggio. Ma se pattinare mi piace, nessuno mi impedisce di iscrivermi comunque a un corso e imparare.

Certo è però che è bene essere elastici: non ha senso fissarsi sugli stessi obiettivi se la vita che facciamo si è trasformata.

4. Attività e non circostanze

Questo è l'ultimo punto, e per capirlo dobbiamo fare riferimento a una cosa che si chiama adattamento edonistico.

Numerose ricerche hanno messo in luce un fenomeno che riguarda praticamente tutti: ci adattiamo alle circostanze, positive o negative che siano. Pensa a quando hai comprato la macchina nuova, a quando hai cambiato il telefono o ti sei trasferito in un appartamento più grande. Probabilmente hai provato gioia e soddisfazione... ma dopo qualche tempo, settimane o mesi, quel senso di appagamento si è affievolito fino a scomparire. Semplicemente, ci abituiamo a quello che abbiamo e difficilmente un cambiamento nelle nostre circostanze di vita è in grado di regalarci felicità duratura.

Ora, se i nostri obiettivi riguardano un cambiamento nelle nostre circostanze di vita - ottenere una promozione, avere un aumento di stipendio, una casa più grande, cambiare la televisione, trasferirsi in un'altra città - rischiamo di finire in quello che si chiama anche tapis roulant edonico. Dopo un po' ci adattiamo alla nuova situazione e per tornare a provare lo stesso senso di soddisfazione e di appagamento dobbiamo puntare a un altro obiettivo, poi ancora a un altro, e a un altro... e la nostra vita si trasforma in una corsa che ci fa venire il fiatone ma di fatto siamo fermi: dobbiamo solo correre di più per ottenere lo stesso livello di soddisfazione di prima. Un po' triste, no?

Come si può fare a stabilire obiettivi che non ci facciano cascare in questa trappola? Sonja Lyubomirsky dice che dobbiamo definire i nostri obiettivi in termini di attività da svolgere, e non come stati da raggiungere. Funzionano bene obiettivi del tipo: fare volontariato, dedicarsi al trekking, imparare nuove cose su un argomento che mi interessa... insomma obiettivi che riguardino il fare e non ottenere qualcosa. I progetti che ci consentono di sperimentare continuamente nuove sfide e fare nuove esperienze non sono sottoposti al fenomeno dell'adattamento.

Poi - ma questo lo sto aggiungendo io - forse la cosa che funziona meglio è una combinazione dei due aspetti: fissare obiettivi di risultato e obiettivi di processo assieme. I risultati possono essere molto appaganti, ma per evitare l'effetto di adattamento, molto meglio che i nostri progetti riguardino anche (e soprattutto) lo svolgere attività che siano per noi ricche di significato e coinvolgenti. Non tutto deve essere per forza declinato in termini di risultato.

In conclusione

Bene, cosa possiamo dire di avere imparato da questo approccio al tema degli obiettivi?

Io mi porto a casa questi punti fermi.

  1. Per stare meglio è importante avere dei progetti, qualcosa che ci aiuti a dare un senso alle nostre giornate, e che orienti le nostre azioni. Obiettivi, progetti, scopi (chiamali come vuoi) che possono essere i più disparati e quindi non necessariamente legati all'ambito professionale e della produttività. Gli obiettivi possono riguardare l'educazione dei figli, la partecipazione attiva alla comunità, la cultura, lo sport...

  2. Nel fissare un obiettivo dobbiamo conoscere bene noi stessi e scegliere attività che siano in sintonia con il nostro carattere. Inutile inseguire obiettivi superficiali dettati solo dal bisogno di conformarsi, o di accontentare gli altri. Conoscere se stessi ed essere autentici può essere il lavoro di una vita, ma vale sempre la pena farlo.

  3. Non ragioniamo sempre in termini di circostanze da cambiare. Non è vero - e questo gli studi lo dimostrano - che saremo davvero felici quando riusciremo a cambiare casa, cambiare lavoro, avere un figlio, guadagnare più soldi, diventare magri. Tutte queste cose ci possono dare una soddisfazione momentanea - certo importante e appagante - ma costruire una felicità duratura significa soprattutto condurre una vita autentica dedicandoci ad attività che siano per noi ricche di significato.

Bene, con questa nuova prospettiva sugli obiettivi mi sono tolta qualche sassolino dalla scarpa ;)

Fammi sapere come la vedi tu, e raccontami, se vuoi, quali sono i tuoi progetti di vita più importanti, quelli che ti fanno battere il cuore.


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